I baffi
La trama
È quasi un capriccio, uno scherzo, quello di tagliarsi i baffi, da parte del protagonista di questo inquietante romanzo. Ma ci sono scherzi (Milan Kundera insegna) che possono avere conseguenze anche molto gravi. Il nostro non più baffuto eroe si troverà infatti proiettato di colpo - lui che voleva solo fare una sorpresa alla moglie - in un universo da incubo: perché tutti quelli che lo conoscono da anni, e la moglie per prima, affermano di non averli mai visti, quei baffi, e che dunque nella sua faccia niente è cambiato. Il mondo comincia allora ad apparirgli «fuor di squadra», e il confine tra la realtà e la sua immaginazione sempre più sfumato. Delle due l'una: o è pazzo, o è vittima di un mostruoso complotto, ordito dalla moglie con la complicità di amici e colleghi, per convincerlo che è pazzo. Non gli resta che fuggire, il più lontano possibile. Ma servirà? O non è altro, la fuga stessa, che il punto di non ritorno? Per nessun lettore sarà facile ripensare a questo libro - in cui ritroviamo le atmosfere visionarie e paranoiche di quel Philip K. Dick sul quale Emmanuel Carrère ha scritto - senza un brivido di turbamento.
– Identità –
I baffi di Emmanuel Carrère (Adelphi) è stata una piacevole, seppur inquietante, scoperta. Con Carrère ho avuto solamente un incontro, brevissimo e che mi aveva lasciato un po’ di amaro in bocca. Dopo aver letto A Calais non ero convinta che la penna dello scrittore facesse per me. Qui invece è stato amore alla prima riga.
«Che ne diresti se mi tagliassi i baffi?».
Agnès, che sfogliava una rivista sul divano, diede in una risata leggera, poi rispose: «Sarebbe una buona idea ».Lui sorrise. Sulla superficie dell’acqua, nella vasca dove indugiava, galleggiavano isolotti di schiuma disseminati di peletti neri. La barba gli cresceva ispida, costringendolo, se non voleva, la sera, ritrovarsi con il mento blu, a radersi due volte al giorno. Al risveglio sbrigava l’incombenza davanti allo specchio del lavandino, prima di farsi la doccia, ed era una semplice sequenza di gesti meccanici, priva di qualunque solennità. La sera, invece, quella corvée diventava un momento di relax che organizzava con cura, premurandosi di riempire la vasca incassata con il telefono della doccia perché il vapore non appannasse gli specchi che la circondavano, posando un bicchiere a portata di mano, quindi spalmandosi lungamente la schiuma sul mento, passando e ripassando il rasoio, attento a non toccare i bafFI che dopo pareggiava le forbici. Che dovesse o meno uscire e fare bella impressione, quel rito vespertino aveva il suo posto nell’equilibro della giornata, così come l’unica sigaretta che, da quando aveva smesso di fumare, si conce-deva dopo pranzo. Il tranquillo piacere che ne ricavava era rimasto invariato dalla fine della sua adolescenza, la vita professionale l’aveva persino accresciuto e quando Agnès canzonava affettuosamente la sacralità di quelle sedute di rasatura lui ribatteva che in effetti era il suo esercizio zen, l’unico spazio di meditazione destinato alla conoscenza di sé e del mondo spirituale che gli lasciavano le sue futili ma impegnative attività di giovane quadro dinamico. Performante, lo correggeva Agnès, con ironica tenerezza.
Così ha inizio questo viaggio allucinante e allucinato del nostro protagonista, l’uomo senza baffi. Sì, perché nel momento in cui decide di radersi completamente qualcosa nel suo equilibrio familiare e sociale cambia per sempre. Al rientro dalla spesa Agnes trova il compagno seduto ad aspettarla, inquieto e senza baffi ma non c’è nessuna reazione in lei. Agnes è una donna eccentrica, abituata a scherzare… forse lo sta prendendo in giro. La prova dello scherzo l’ex uomo baffuto ce l’ha quando si trova a cena dagli amici: anche loro non fanno nessun accenno a quella zona insolitamente bianca sotto al naso. Ovviamente Agnes deve averli avvisati e ora stanno tutti reggendo il gioco. Con il passare delle ore però, l’irritazione si trasforma in angoscia perché Agnes, Jerome e chiunque incontri il protagonista non fa altro che confermare che quei baffi lui, non li ha mai avuti.
Nasce così un nuovo sé. I confini della realtà per il nostro protagonista si sgretolano mentre il confine tra ossessione e ricerca della verità si sbriciola. Lo scherzo fatto alla moglie, e a se stesso, si trasforma in un incubo senza soluzione. Lettori e protagonista non riescono a trovare una via di uscita dal labirinto perché cessano di avere punti di riferimento.
I baffi è stato scritto nel 1986 e a me sembrava parlasse di oggi. Della condizione di smarrimento che abbiamo vissuto durante la quarantena. L’isolamento e l’angoscia di questo personaggio senza nome mi ha ricordato quanto ci si possa sentire soli quando gli altri non ti riconosco. Ed è qui, che si gioca tutto il romanzo che potrebbe essere riassunto con una parola: identità.
Un uomo mediocre, senza nome, con un impiego qualsiasi ad un certo punto si smarrisce perché non riesce più a specchiarsi negli altri. Gli altri non si accorgono della differenza e dunque comincia a dubitare anche lui su questa differenza, che forse non c’è mai stata. Quanto potere hanno le persone intorno a noi? Quanto spazio lasciamo loro… quanto ci definiscono?
Comincia così una fuga angosciante e a tratti divertente. Dopo un’indimenticabile notte con Agnes (in cui i due si ritrovano senza riconoscersi) è tempo di fuggire lontano fino a…
I baffi è…
Un racconto sull’identità , perduta, ritrovata, messa in discussione, definita dalla società circostante anche da chi amiamo. I baffi è un racconto di centocinquanta pagine che si divorano: talvolta ci si abbandona, ci si rilassa anche, godiamo di ogni parola snocciolata da Carrere ma non possiamo certo illuderci che questa sia una fiaba.
Ad Hong Kong ci trasciniamo stancamente su un traghetto all’infinito e ci culliamo nell’incapacità di prendere una decisione. Restare o tornare indietro? Lasciarsi crescere o tagliarsi i baffi? Chi siamo davvero di fronte a quello specchio? C’è realmente una scelta, ed è davvero nostra?
Sono rimasta colpitissima da questo romanzo, ci ho pensato a lungo e ho cercato anche finali diversi. Un’avventura che non si dimentica, una storia adatta per chi ha voglia di smarrirsi e non ha paura di non ritrovare la via.
3 COMMENTI
andrea
2 anni faAd esaltare l’angoscia inquietante dell’argomento, il film è commentato dalla colonna sonora di Philip Glass, col suo Concerto per violino e orchestra n.1,
Maurizio
4 anni faMa da questo romanzo hanno tratto un film con Vincent Lindon (la moustache)?
Alessandra - La lettrice controcorrente
4 anni fa AUTHORSì hanno tratto un film diretto dallo stesso Carrère, ma non l’ho mai visto!