Il capofamiglia
La trama
Il patriarcato trova la sua più fedele espressione nella figura di Duncan Edgeworth: padre tirannico, anaffettivo e lunatico, è il capofamiglia per antonomasia. Attorno a lui si muovono, atterriti o solleticati dal desiderio di sfida, i membri della sua famiglia: la moglie Ellen, naturalmente dimessa e timorosa, le due figlie ventenni Nance e Sybil, tanto egocentrica e sarcastica l’una quanto affettuosa e remissiva l’altra, e infine il nipote Grant, giovane donnaiolo dotato di grande spirito, costantemente in competizione con lo zio, di cui è il perfetto contraltare. Nella sala da pranzo degli Edgeworth va in scena quotidianamente una battaglia su più fronti: sotto il velo di una conversazione educata, si intuiscono tensioni sotterranee e si consumano battibecchi, giochi di potere, veri e propri duelli a suon di battute glaciali: «non stiamo semplicemente facendo colazione». Fino a quando la famiglia viene colpita da un lutto improvviso, che mescola le carte in tavola innescando una reazione a catena; strato dopo strato, ognuno dei personaggi svelerà la sua vera natura, in un crescendo di trasgressioni che comincia con l’adulterio e culmina con l’efferatezza.Acume, sagacia, drammi familiari e dialoghi al vetriolo: il meglio di Ivy Compton-Burnett concentrato in un romanzo finora inedito in Italia, che lei stessa considerava il suo preferito. Un tassello importante nella produzione di un’autrice fondamentale del Novecento inglese, amata dai più grandi scrittori: nei suoi diari, Virginia Woolf definiva la propria scrittura «di gran lunga inferiore alla verità amara e alla grande originalità di Miss Compton-Burnett».
«Ivy Compton-Burnett è l’amore della mia vita. Se non riesco a scrivere, bastano un paio d’ore con Ivy e mi rimetto in pista... non c’è nessuna come lei».Hilary Mantel
«Cercai tutti i suoi romanzi... a un tratto capii che li amavo in modo furioso; che ne avevo gioia e consolazione; vi regnava una chiarezza allucinante, nuda e inesorabile».Natalia Ginzburg
«Trascorsi molte notti felici leggendo i romanzi di Ivy Compton-Burnett. Era impossibile non accorgersi che aveva qualcosa di unico».Rebecca west
«Un’autrice cruciale. Una scrittrice acuta quanto Oscar Wilde e Dorothy Parker, capace di creare personaggi alla Harold Pinter».Gaia Manzini, «Robinson – la Repubblica»
– Teatrale –
Il capofamiglia di Ivy Compton-Burnett (Fazi editore) è la storia della famiglia Edgewort guidata appunto dal capofamiglia Duncan, un uomo dispotico e indecifrabile. Questo è il primo libro che leggo di Compton-Butnett e non mi aspettavo una scrittura così teatrale e così particolare.
La trama all’apparenza è semplicissima: la storia di una famiglia alle prese con la quotidianità e un grave lutto. Il capofamiglia si apre con la colazione della mattina di Natale. Marito e moglie aspettano che i figli scendano per scartare i regali. Dovrebbe essere una scena rilassante eppure qualcosa stride con quel quadretto familiare: la voce del capofamiglia. Ironia e sarcasmo sono gli ingredienti principali delle battute di Duncan, un uomo dai capelli e dagli occhi grigi. Diversissima la moglie, bassa, smunta e… sottomessa. Ci sono poi le figlie Nance e Sibyl, anche loro diversissime l’una dall’altra. Con loro vive anche Grant, il figlio del fratello di Ducan. I battibecchi tra i due sono spiritosi e irritanti allo stesso tempo, la loro competizione vivacizza il racconto e così che si tratti di una cena o una passeggiata, le battaglie tra i membri della famiglia si svolgono tutte sotto forma di conversazioni condite da uno spirito molto british.
La storia prende una piega diversa quando viene a mancare Ellen. Figlie e nipote sono stati duramente colpiti dal lutto, così come l’insensibile Duncan che a un certo punto si trova spaesato e senza certezze.
La scelta più naturale sarebbe quella di sposarsi di nuovo per avere qualcuno da tiranneggiare e sottomettere. Presto fatto, a pochi mesi dalla morte di Ellen, Duncan decide di risposarsi creando scompiglio e malumore in famiglia. Ma anche in questo caso emozioni e contrarietà verranno espressi in maniera tutt’altro che banale.
«Ora ho perso entrambi i genitori. La scomparsa di mia madre non è più definitiva di quella di mio padre. Ora al suo posto c’è un uomo nuovo, un marito affettuoso ai limiti della monotonia. Temo anzi che da un momento all’altro inizi a farsi una colpa di questo…».
Quando Alison fa “irruzione” in famiglia, dialoghi e situazioni diventano grotteschi. Il grande quadro della prima moglie ben fissato alla parete del salotto, la seconda consorte giovane come le figlie a cui dovrà fare da matrigna, le battute sulla vita passata della famiglia diventano quasi fastidiose e non riusciamo a capire dove Ivy Compton-Burnett ha intenzione di portarci.
«Buongiorno a tutti voi!», disse Alison carezzando il marito. «Mi sistemo subito al mio posto, che è il posto di qualcun altro».
«Mi ci sono seduta solo perché non c’eri», disse Nance allontanandosi. «Non alzarti, ti prego. Sono certa che la sua legittima proprietaria preferirebbe così. Dopotutto siete parenti. Ma dov’è? Dov’è finita quella che mi ha preceduta? Tutto suo merito, non trovate, che io senta già la sua mancanza. Almeno in questo condividiamo lo stesso sentimento».
Nessuno parlò per qualche secondo.
«Ho riportato il ritratto dov’era prima», disse Grant. «Eravamo abituati a vederlo lì e inoltre fa una migliore figura».
«Forse non sopportava di vedermi seduta qui», disse Alison prendendo posto. «Ma è un sollievo che la famiglia si sia mobilitata così prontamente per lei. Se dovesse capitarmi la sua stessa sorte, non vorrei starmene tutto il giorno con la donna che mi ha sostituita sotto gli occhi. Spero che terrete conto anche di questa mia prederenza. Quel posto resterà vuoto, Duncan, fino al giorno in cui troverai una moglie disposta a occuparlo».
Duncan concesse una risata divertita.
E così passando da battuta a battuta si arriva alla fine del libro che non è privo di colpi di scena e stranezze. Ammetto che sia faticoso leggere solo dialoghi per oltre duecento pagine, per questo ho definito la scrittura “teatrale”. Immagino i personaggi che si prendono la scena a suon di battute e mezzi sorrisi… difficile però mantenere la concentrazione quando la voce nella propria testa è sempre la stessa e così verso la fine ho fatto un po’ di fatica. Nel complesso è una lettura piacevole e non scontata. Non riusciamo mai a prevedere quello che succederà e come reagiranno i personaggi. Alcuni di loro compieranno una metamoforsi (Penso a Sibyl) “straordinaria” e lo spettro della moglie Ellen si rivelerà addirittura una compagnia piacevole.
Il capofamiglia è…
Teatrale. Immagino che rappresentare con quel linguaggio Il capofamiglia possa rendergli davvero giustizia. Commedia, dramma e l’immancabile sarcasmo si mescolano danto vita a dialoghi divertenti e a volte raccappricianti.
Non mi sono innamorata di Ivy Compton-Burnett, lo stile non fa per me ma è stata comunque una lettura piacevole che in più di un’occasione mi ha strappato un sorriso.
Consigliato per chi è in cerca di un romanzo originale, Ivy Compton-Burnett vi porterà lontano e tra assurdità e verità, vi costringerà a vivere con la famiglia Edgewort e lì, niente è come sembra.
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