La donna da mangiare
La trama
Marian è una ragazza ben educata e istruita, vive negli anni Sessanta a Toronto, ed è fidanzata con Peter, un promettente avvocato. Lavora in un'azienda che si occupa di ricerche di mercato, dove i posti di responsabilità sono tutti ricoperti da uomini. Ambiziosa, ma anche desiderosa di essere normale, Marian decide di assecondare le richieste del suo fidanzato e della società e attende fiduciosa il matrimonio, che pensa le conferirà un ruolo. La svolta inattesa giunge quando incontra Duncan, un dottorando in Letteratura inglese che ignora le regole ed è profondamente determinato, a differenza di Marian, a esprimere la propria individualità. La ribellione parte dal corpo della ragazza, che inizia a rifiutare il cibo: prima la carne, poi le uova, infine le verdure, finché la sua personalità, tenuta così a lungo a freno, esplode in una serie di comportamenti inappropriati e sovversivi, modificando per sempre la sua rassicurante, stabile routine. "La donna da mangiare" è il primo romanzo di Margaret Atwood e contiene già tutti i temi delle sue opere successive, presentandola come un'osservatrice consumata delle ironie e delle assurdità generate dal conformismo. Questo primo libro dell'autrice diventerà anche una serie tv, la cui uscita è prevista per il 2021.
– Maschere –
La donna da mangiare di Margaret Atwood (Ponte alle Grazie) è stata una lettura particolarissima. All’inizio sono rimasta conquistata, come sempre, dalla scorrevolezza della penna dell’autrice poi, dopo aver superato la metà del libro ho cominciato ad arrancare. Il finale mi ha fatto capire dove volesse andare a parare Atwood e mi è piaciuto ma non mi ha lasciato del tutto soddisfatta.
Quando Ponte alle Grazie mi ha proposto la lettura, sono stata bene contenta e ho accettato perché piano piano vorrei recuperare tutto della scrittrice de Il racconto dell’ancella (LEGGI QUI la mia recensione). Ma questo romanzo, il primo in ordine temporale, non mi ha convinto totalmente. E dico con dispiacere, io che amo i mattoni, che avrei preferito un centinaio di pagine in meno.
Marian è una giovane ragazza che condivide l’appartamento con Ainsley, non ci vuole molto per capire che sono due ragazze quasi agli antipodi. Ma al tempo stesso Marian è molto diversa da quello che sembra. Tranquilla ragazza che lavora per una società di pubblicità, si occupa di sondaggi ed è fidanzata con Peter. Ma nasconde una forte inquietudine che si manifesterà in maniera bizzarra.
Marian ed Ainsley si muovono in un mondo che ci sembra quasi strano e tanto lontano: sono gli anni Sessanta, le mogli non lavorano perché stanno a casa a sfornare figli e a occuparsi della casa, e il desiderio di Ainsley di diventare una madre single stride con una società patriarcale e restrittiva.
Non voglio svelarvi troppo sulle intenzioni di quest’ultima ma le pagine sull’invidia dell’utero sono memorabili. Tra ironia e verità Atwood mette in bocca alla ragazza un manifesto di libertà. Sarà lei a sedurre ed usare un uomo per i propri scopi e non il contrario. Rivendicando il desiderio (egoista) di crescere un figlio senza una figura paterna.
Ma torniamo a Marian, il suo rapporto con Peter è di una banalità rassicurante. Lei fa sempre ciò che si aspetta lui. Attenta a misurare parole ed emozioni Marian sembra la fidanzata perfetta, tiepida ma sempre presente, mai invadente mai sguaiata.
Una sera però il loro rapporto si incrina. Il bisogno di fuga della nostra protagonista esplode all’improvviso e apparentemente senza motivo: Marian scappa da Peter e quella lite violenta e improvvisa si conclude con una promessa di matrimonio.
Da qui nasce, anche se lei ancora non lo sa, il malessere di Marian. Che sfocerà nel rifiuto di mangiare prima la carne e poi via via un sacco di altri alimenti.
Guardarlo operare la bistecca in quel modo, inciderne una fetta dritta e suddividerla poi in precisi cubetti le ricordo l’illustrazione della mucca di uno dei suoi ricettari: una mucca piena di line e didascalie che indicavano la provenienza dei vari tagli. Quello che stavano mangiando adesso era una parte del dorso, penso: tagliare lungo la linea tratteggiata. Immagino schiere di macellai in uno stanzone chissà dove, una scuola per macellai, in piedi davanti a un tavolo vestiti di grembiuli immacolati, intenti a ritagliare con un paio di forbicine bistecche, costolette e arrosti da un mucchio di sagome di cartoncino. (…)
Abbassò gli occhi sulla sua bistecca mangiata a metà, e a un tratto la vide come un pezzo di muscolo puntino rosso sangue. Un pezzo di mucca vera, che una volta si muoveva e mangiava ed era stata uccisa, colpita in testa mentre stava in coda come uno che aspetta il tram.
(…)Posò forchetta e coltello. Sentiva di essere impallidita e sperò che Peter non se ne accorgesse. È assurdo si rimproverò. I bovini li mangiano tutti, è naturale. Bisogna pur sopravvivere la carne fa bene, è piena di proteine e di minerali.
Le pagine scorrono e arrivano nuovi personaggi con altrettanti drammi. Penso al tenebroso Duncan che non riesce a trovare un posto nel mondo dell’insegnamento, e all’amica di Marian, Clara che ha rinunciato agli studi per rimanere intrappolata nel ruolo di madre costantemente sfinita.
La donna da mangiare è…
Un libro sulle maschere che cadono. Atwood smaschera il bisogno di perfezione di Marian, la sicurezza di Ainsley e la mitezza di Peter.
Sono tanti i temi che Atwood solleva in questo romanzo: c’è la donna che vuole compiacere tutti e che rischia così di scomparire, c’è quella che sceglie di essere madre e non più donna appunto e chi perpetra gli stessi comportamenti degli uomini che condanna.
Il mondo femminile ancora una volta al centro di questo racconto. Mi è piaciuta anche l’idea di Marian che smette di mangiare per non essere mangiata ma ho avuto come l’impressione, non soltanto che il libro fosse troppo lungo, ma che alla fine non tutti i nodi si sciogliessero. Ci sono personaggi che alla fine svaniscono e basta come comparse, nonostante siano state dedicate pagine e pagine a loro.
Consigliato per chi vuole recuperare tutto di questa autrice, compreso questo romanzo sicuramente un po’ acerbo ma con grandi spunti di riflessione.
3 COMMENTI
Cinzia Vella
4 anni faScusa, Lettrice Contracorrente, ho terribilmente frainteso: ho letto “anni 70” dove tu hai scritto “anni 60”. Dovrei soprattutto scusarmi con la Atwood. La tua recensione, ottima come sempre! Scusate il mio italiano.
Caterina
4 anni faDeludente , incompiuto e troppo lungo .
Cinzia Vella
4 anni faMa non descrive le giovani donne dei ’70!!! Dei ’50 e ”60, forse. Ma dove finisce il “Maggio del 68”?. Chi voleva, “sfornava” figli, ma avevamo anche studiato all’università e fortunatamente a quell’epoca si trovava lavoro subito. E c’era la “pastiglia” per non concepire. Nessuna delle mie compagne di Liceo è stata casalinga, io nemmeno, certo. Ho letto tutti i romanzi della Siri Hustvedt o di suo marito Paul Auster e non ritraggono per niente “tali” anni 70 negli USA. Bo’, dipenderà dal fatto di abitare in una grande città o un paese sperduto, ma ritrae la vita di mia madre (nata nel 1928).