Si conoscerà giovedì prossimo, 11 febbraio, nel corso della cerimonia in videoconferenza, prevista alle ore 10,30, la vincitrice della 36^ edizione del Premio letterario per la donna scrittrice Rapallo 2020, che giunge a conclusione in sensibile ritardo a causa della pandemia da Covid-19.
Al premio, promosso dal Comune di Rapallo, erano state ammesse 81 opere di narrativa, pubblicate dal 1° marzo 2019 al 20 maggio 2020, termine per la consegna.
A contendersi il primo premio saranno le autrici della “terna”, selezionata dalla giuria tecnica, presieduta da Elvio Guagnini, nella riunione in remoto del 12 settembre 2020: Silvia Ballestra con “La nuova stagione” (Bompiani), Melania G. Mazzucco con “L’architettrice” (Einaudi) e Simona Vinci con “Mai più sola nel bosco” (Marsilio).
La videoconferenza si svolgerà in collegamento con il salone consiliare del Comune di Rapallo, dove saranno in presenza (uniche eccezioni), nel rispetto delle misure anti contagio, il sindaco Carlo Bagnasco, il presidente del Consiglio Comunale Mentore Campodonico, gli addetti ai lavori e una rappresentanza dei 40 lettori della giuria popolare. Quest’ultima, per la prima volta, al fine di ridurre i pericoli della pandemia, è stata scelta tra gli studenti e i rispettivi insegnanti di due scuole secondarie superiori rapallesi: il liceo classico-linguistico Da Vigo e il liceo scientifico-istituto tecnico Liceti.
Le opere finaliste saranno illustrate dai membri della giuria tecnica, che faranno anche alcune domande alle autrici.
La vincitrice scaturirà dalla votazione congiunta della giuria “tecnica” e della giuria “popolare”, che avverrà nell’imminenza della cerimonia con le dovute garanzie di regolarità. Lo spoglio delle schede si avrà in diretta, nel corso della videoconferenza, sotto la supervisione del segretario e del vice segretario generale del Comune. Alla vincitrice andrà il premio principale. Alle altre due finaliste saranno assegnati i premi selezione.
In videoconferenza interverranno anche le scrittrici già insignite dalla giuria “tecnica” dei premi collaterali: Romana Petri, vincitrice del “premio speciale della giuria”, intitolato ad Anna Maria Ortese, per il romanzo “Figlio del lupo” (Mondadori) e Irene Salvatori, vincitrice del premio “opera prima” per il romanzo “Non è vero che siamo stati felici” (Bollati-Boriinghieri).
I libri delle scrittrici finaliste
La nuova stagione di Silvia Ballestra
Si narra che la Sibilla, adirata contro le fate che ballavano con i pastori, avrebbe scagliato loro le pietre che divennero poi il paese di Arquata: pietre destinate a rotolare drammaticamente di nuovo, durante il terremoto. Le sorelle Nadia e Olga si sentono a casa proprio qui, in questa terra che si muove, e che scendendo dai Sibillini verso il mare si fa campagna. Qui il loro papà ha trascorso la vita lavorando la terra, per questo ancora oggi la famiglia viene trattata con rispetto. Ma adesso tutto è cambiato. L’amore e il lavoro le hanno portate lontano, i figli sono cittadini del mondo. La gente vuole fragole e susine anche a gennaio. È una nuova stagione. E, per loro, è tempo di separarsi dalla terra. Inizia per le sorelle un viaggio a ritroso, nella memoria, e uno reale, attraverso gli incredibili colloqui con i possibili acquirenti del terreno, ex mezzadri arricchiti o emissari di multinazionali della frutta; tutti maschi, tutti ambigui, tutti apparentemente incapaci di capire quanto male facciano le radici, quando bisogna tagliarle. È davvero tutto immutabile nell’avvicendarsi delle generazioni, dei raccolti? Possiamo ancora sperare di lasciare questo pianeta un po’ migliore di come lo abbiamo ricevuto? Silvia Ballestra scrive un romanzo attualissimo e antico, come i luoghi dove è nata, cui dedica pagine di graffiante umorismo ma al tempo stesso piene della nostalgia e dello stupore di chi sente iniziare una nuova stagione.
L’architettrice di Melania G. Mazzucco
Giovanni Briccio è un genio plebeo, osteggiato dai letterati e ignorato dalla corte: materassaio, pittore di poca fama, musicista, popolare commediografo, attore e poeta. Bizzarro cane randagio in un’epoca in cui è necessario avere un padrone, Briccio educa la figlia alla pittura, e la lancia nel mondo dell’arte come fanciulla prodigio, imponendole il destino della verginità. Plautilla però, donna e di umili origini, fatica a emergere nell’ambiente degli artisti romani, dominato da Bernini e Pietro da Cortona. L’incontro con Elpidio Benedetti, aspirante scrittore prescelto dal cardinal Barberini come segretario di Mazzarino, finirà per cambiarle la vita. Con la complicità di questo insolito compagno di viaggio, diventerà molto più di ciò che il padre aveva osato immaginare. Melania Mazzucco torna al romanzo storico, alla passione per l’arte e i suoi interpreti. Mentre racconta fasti, intrighi, violenze e miserie della Roma dei papi, e il fervore di un secolo insieme bigotto e libertino, ci regala il ritratto di una straordinaria donna del Seicento, abilissima a non far parlare di sé e a celare audacia e sogni per poter realizzare l’impresa in grado di riscattare una vita intera: la costruzione di una originale villa di delizie sul colle che domina Roma, disegnata, progettata ed eseguita da lei, Plautilla, la prima architettrice della storia moderna.
Mai più sola nel bosco di Simona Vinci
C’è una fiaba in questo libro, e la fiaba racconta di una bambina e di una creatura misteriosa. La Creatura d’acqua scura che striscia nella soffitta è forse il fantasma di un uomo ucciso durante la Resistenza e il cui corpo è stato occultato nello stagno. La Creatura d’acqua scura somiglia – dal buio nel quale la bambina la incontra – al lupo che attende Cappuccetto Rosso, al ginepro che conserva vita e morte nei suoi rami, al fuso di Rosaspina bella addormentata nel bosco, alla mela avvelenata di Biancaneve. La Creatura d’acqua scura torna, come in una favola nera, ad avvertire, raccontare, raccordare la vita adulta e l’infanzia, le colpe e le assoluzioni, i morti propri e quelli degli altri, gli amici perduti e i luoghi ritrovati. Simona Vinci, raccoglitrice di erbe per l’arrosto, fichi per le conserve e storie per queste pagine, continua a dire della sua paura e della nostra, svelando perché abbiamo tutti vissuto nelle fiabe dei fratelli Grimm e come, qualche volta, torniamo a viverci. Un viaggio dentro e fuori “il gusto della paura” di una scrittrice italiana che, per sua stessa ammissione, talvolta vede ancora l’invisibile.
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