Fisica della malinconia
La trama
Un ragazzo è affetto da una strana sindrome: soffre di empatia, è capace di immedesimarsi nelle storie degli altri. Inizia così un viaggio nel mondo del possibile, nel labirinto dei sentimenti mai provati, delle cose mai accadute eppure reali più del reale stesso. Questo "io" coraggioso e impertinente va e viene dal passato, fa incursione in un futuro di cui abbiamo già nostalgia, e ritorna con un inventario di storie sull'autunno del mondo, sui Minotauri rinchiusi in ognuno di noi, sulle particelle elementari del rimpianto, sul sublime che può essere ovunque.
– Fisica della malinconia –
Fisica della malinconia di Georgi Gospodinov (Voland) è un libro che non si può descrivere, ma solo vivere.
Fisica della malinconia non è un romanzo, non sono racconti, non sono poesie. Eppure è tutte queste cose messe insieme.
Mi rendo conto di quell’incerta prima persona, che con facilità si ripara nella terza e poi di nuovo torna alla prima. Ma chi può dire con sicurezza che quel bambino di 40 anni fa ero io, e quel corpo lo stesso che ho ora qui.
Vorrei potervi illuminare su questo libro che considero di una bellezza struggente. Vorrei potervi chiarire la struttura di Fisica della malinconia ma facendolo forse tradirei gli intenti dell’autore.
Fisica della malinconia è diverso da E tutto divenne luna (trovate qui la mia recensione) e da Tutti i nostri corpi (trovate qui la mia recensione) eppure un filo conduttore c’è: Gospodinov con pochissime parole riesce a scaraventarci in un mondo che, pensate un po’ è proprio il nostro.
Fisica della malinconia si apre con un bambino che scopre di avere una malattia quasi invalidante: empatia patologica o sindrome ossessiva empatico-somatica.
Il nostro protagonista si immedesima in chi incontra e vive sulla propria pelle le esperienze degli altri. Ecco, riuscite a immaginare una malattia più bella e al tempo stesso più terrificante?
Gospodinov, sempre con paragrafi brevi, ci fa cambiare direzione continuamente. Prima siamo il nonno del protagonista: veniamo abbandonati al mulino perché le bocche da sfamare sono troppe, e l’attimo dopo siamo il Minotauro alla ricerca di una via di uscita dal labirinto.
E ancora, indossiamo i panni del nonno adulto che durante la Guerra si rifugia a casa di una donna e si ricostruisce, almeno per un po’ una vita, diventiamo animali, persone, sensazioni mentre le pagine scorrono velocissime.
Ho amato moltissimo la prima parte in cui Gospodinov ci dà la possibilità di vivere diverse vite. Ma mentre i capitoli si susseguono qualcosa si inceppa: più il nostro protagonista diventa adulto, meno riesce ad immedesimarsi. La malattia sta scomparendo… o meglio, la domanda che ci poniamo è: sta guarendo o si sta ammalando?
Prima mi immedesimavo negli altri, ora mi tocca comprare. Posso presentarmi anche così: sono l’uomo che compra passato. Mercante di storie. Altri commerciano col tè, col coriandolo, azioni, orologi d’oro, terreni… Io cammino e compro grosse partite di passato. Chiamatemi come volete, trovatemi un nome. Chi possiede terreni è un proprietario terriero, io sono un proprietario di tempi, proprietario di tempo altrui, il proprietario di storie e del passato di altri. Sono un compratore onesto, non chiedo mai sconti. Compro solo un passato privato, il passato di persone concrete. Una volta provarono a vendermi il lassato di una nazione intera, lo rifiutai.
E mentre ce lo chiediamo ecco che il nostro protagonista parte alla ricerca di storie, di racconti. Paga chi incontra, si appropria di ricordi, voci e sensazioni. Metafore, digressioni ed emozioni legano un racconto che è composto da decine di racconti.
E il labirinto che è sempre lì in agguato è quello dentro di noi e al tempo stesso quello al di fuori ed entrando nel nostro (e in quello degli altri) potremmo scoprire che il Minotauro non è davvero un mostro, ma siamo noi:
La cosa più angosciosa del labirinto è che ti trovi ininterrottamente in una situazione in cui devi fare una scelta. Ti sconvolge non la mancanza di un’uscita, ma l’abbondanza di uscite.
Il minotauro non è un carnefice ma una vittima, il Minotauro è Gospodinov costretto a rimanere chiuso in casa aspettando i genitori con l’unica fonte di luce del seminterrato: è il nonno che viene accecato dalla luce quando esce dal nascondiglio, siamo noi quando ci sentiamo soli, impotenti, abbandonati, naufraghi nel mare delle nostre emozioni.
Il Minotauro è innocente. È un bambino chiuso in uno scantinato. È spaventato. Lo hanno abbandonato.
Io, il Minotauro.
Come posso raccontarvi un libro che diventa non un’esperienza, ma la MIA esperienza?
Fisica della malinconia è…
Un labirinto in cui tutto viene rovesciato, cambiato, capovolto. La malinconia diventa forza, l’empatia uno strumento contro la violenza, contro le macerie lasciate dalle guerre, balsamo per le ferite che non riescono a guarire.
Lo so, questa non è una recensione. Ho preferito raccogliere qualche impressione, mescolarla alle frase di Gospodinov e sperare così di avervi incuriosito.
Qui si rischia di perdersi, ritrovarsi cambiati o non ritrovarsi affatto.
STAZIONI DI SOSTA
Sostiamo qui per aspettare le anime dei lettori distratti. Qualcuno può essersi smarrito nei corridoi di questi tempi diversi. […] Non sono in grado di proporre un racconto lineare, perché nessun labirinto e nessuna storia è lineare. Ci siamo tutti? Allora andiamo avanti.
Ho letto molti paragoni con Eco, Borges e so di non avere le conoscenze per farne uno ma so, che per me Gospodinov non assomiglia a nessun altro scrittore. Sa dosare ironia, disperazione; carezze e colpi.
Consigliatissimo per chiunque voglia abbandonarsi a un mare in tempesta.
1 COMMENTO
ARIANNA
3 anni faCondivido in pieno. Questo libro è un’esperienza. Una bella esperienza.