Veronica e il diavolo
La trama
È il 23 dicembre 1834 quando due gesuiti bussano a una porta di via di Sant'Anna. Sono stati chiamati al capezzale di una giovane donna «ritenuta ossessa», Veronica Hamerani, per liberarla dagli assalti del demonio. Inizia cosí questa vicenda inquietante, di cui la storica Fernanda Alfieri compie un'accuratissima ricostruzione partendo dal ritrovamento di un manoscritto nell'Archivio generale della Compagnia di Gesú. È il diario che gli esorcisti hanno tenuto durante i mesi in cui si è protratto il rito: non solo è un racconto disturbante, in cui "il diavolo", tra violenti improperi e battute in romanesco, prende direttamente la parola, ma è anche la testimonianza straordinariamente viva delle tensioni di un'epoca. Da una parte lo sguardo della Chiesa, la convinzione che il Maligno abbia preso possesso del corpo della ragazza e la volontà di riportarlo, quel corpo, sotto il proprio controllo; dall'altra quello della medicina che vede le convulsioni di Veronica come una malattia curabile, l'isteria. Dall'anziano padre Kohlmann, che aveva attraversato i continenti, fuggendo dalla Francia in Rivoluzione e approdando, attraverso l'Impero russo, negli Stati Uniti, e ogni volta vedendo il mondo, il suo mondo di antico regime, distrutto da un tempo presente ingovernabile; al giovane malinconico padre Manera, il piú colto e dubbioso (e se la ragazza stesse solo fingendo?) E poi i medici, la famiglia, il Vaticano, la Roma papalina, tesa tra la superstizione e la modernità, fra la chiusura e il cosmopolitismo. Tutti sguardi e volontà di controllo che si stringono intorno al corpo di Veronica. Lo scrutano, lo misurano, lo interpretano. Lo zittiscono. A questo corpo conteso, a questo nome cancellato, a questa parola sottratta, Fernanda Alfieri restituisce la dignità di una storia. Veronica e il diavolo è uno spaccato affascinante e perturbante della nostra storia, del nostro rapporto con la scienza e col soprannaturale, dell'intreccio violento fra saperi e poteri.
– Ricerca –
Veronica e il diavolo di Fernanda Alfieri (Einaudi) è una lettura che mi ha lasciato parzialmente insoddisfatta.
Appena mi sono imbattuta nella trama di Veronica e il diavolo ho pensato: “Devo averlo” e così il giorno dopo l’uscita era già nelle mani.
Alfieri parte dal giorno in cui si è imbattuta nelle carte che raccontano di questa ragazza, all’inizio senza nome, che sembra essere posseduta dal demonio. Alfieri comincia così un viaggio in una Roma buia, oscura e carica di superstizioni. Non solo, quella del 1834 è anche una città in procinto di cambiare e Alfieri snocciola avvenimenti storici e personali di tutti i personaggi, in realtà sono persone, che si affacciano sulla scena. Questo bellissimo quadro storico mi ha conquistato ma ha fatto scivolare in secondo piano la storia dell’esorcismo.
La regola diceva che con le donne bisognava essere particolarmente severi. Non indugiare in colloquio, essere spediti nel confessarle e, nel caso, andare sempre in coppia. Uno la confessi, l’altro osservi i due, badando però di non ascoltare. E di non posare a lungo gli occhi su di lei. C’era, in quell’invito continuo a non guardare con tutti gli occhi, a non ascoltare con tutte le orecchie, una dolorosa, implicita convinzione: che la fragilità alberga in primis negli occhi di chi guarda e nelle orecchie di chi ascolta”.
Giovanni Hamerani ha chiesto aiuto: Veronica è posseduta e bisogna liberarla dalla presenza del demonio. Due gesuiti busseranno a casa di questa famiglia, una volta prestigiosa, e non saranno gli unici. a dialogare con la ragazza.
Intorno a quel letto si affannano uomini di chiesa e di scienza. Veronica è posseduta o è vittima di qualche altra malattia mentale?
Alfieri restituisce dignità alla storia di una ragazza che altrimenti sarebbe rimasta “l’ossessa”. Ricostrusice anche la storia di una famiglia caduta in disgrazia e funestata dai lutti.
(…) Da qui, si direbbe che i volti degli Hamerani siano sempre stati chini intorno un letto di malattia. Sul guanciale, sempre la testa di una figlia, sotto le coperte un corpo di ragazza che si contorce, stretto da mani invisibili cui si cerca di dare un nome che, sempre da qui, si direbbe non essere mai quello definitivo. Convulsioni, febbri terzani, o demonio, viene il sospetto che questi nomi siano serviti agli Hamerani quantomeno a credere di sapere cosa stavano assistendo, a chiamare per nome l’estraneo nelle loro figlie, per farlo entrare nel mondo del noto e qui tentare di domarlo.
Pur riconoscendo il grande lavoro di Alfieri, basta lanciare un’occhiata alle note per rendersi conto della precisione della ricerca, non sono riuscita ad appassionarmi così tanto. “Si legge come una favola gotica”, era questa la promessa di Einaudi che per me però è stata disattesa.
Una volta ricostruito il quadro cittadino, la vita dei gesuiti, la vita degli Hamerani mi sarei aspettata di entrare nella tecnica degli esorcismi, di leggere decine di pagine sugli incontri a casa di Veronica e invece questa parte è decisamente sproporzionata rispetto al resto.
Veronica e il diavolo è…
Una ricerca interessantissima. Si mescolano superstizioni, religione e scienza. Partendo dall’episodio di Veronica possiamo capire a che punto fosse la conoscenza della scienza sule malattie mentali. Possiamo calarci perfettamente nell’atmosfera dell’epoca e immaginare odori, suoni e luci di quei giorni.
Veronica e il diavolo è comunque un testo godibilissimo per chi è un appassionato di romanzi storici. Non aspettatevi però un racconto incalzante o particolarmente gotico. Forse se fossi partita da questo presupposto lo avrei apprezzato di più.
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