Lourdes
La trama
Infagottata nella sua uniforme da viaggio, la giovane Maria Angulema si accinge, incongrua dama di carità avventizia, a compiere il pellegrinaggio di Lourdes con uno scopo segreto e bruciante: rendere al mittente il pesante fardello di dolore che si porta dietro da quando suo padre è morto in un incidente automobilistico – e «chiedere formale spiegazione e magari soddisfazione di tanta sofferenza al Padreterno». Ferma nel suo proposito, armata soltanto della sua «anima sbiadita e pesta», l’avventizia si trova subito sommersa, fin dalla stazione di partenza, da «una folla rumorosa composta da pellegrini, parenti dei pellegrini, malati veri, parenti e familiari dei malati veri, malati finti, parenti e familiari dei malati finti, curiosi, sfaccendati, militari in libera uscita, puttane nigeriane, dame o sorelle di carità – riconoscibili, queste ultime, dalla divisa uguale a quella di Maria –, barellieri o fratelli». Incompresa e appariscente, scaraventata suo malgrado sul palcoscenico delle celebrazioni religiose, Maria si accanisce con goffe manovre nel tentativo di espugnare la grotta di Massabielle, da cui viene costantemente respinta, mentre sempre più incombenti si fanno alcune comparse demoniache – come la Micchelina e la Nazzarena, cugine diabetiche di Montecastrilli, la stridula Samantha col tiacca, la terrifica Liona, «mangiatrice di viscere alla brace» armata di roncola – o angeliche, come il bellissimo Gonzalo Gómez y Morena, barelliere della Vergine della Macarena di Siviglia, che ha occhi «simili a due laghi profondi» e di cui Maria si crede innamorata prima che tutto venga travolto, dentro e fuori di lei, dall’incontro sublime con il Padre che, avvolgendola «in un abbraccio d’Amore», la consola infine di ogni afflizione. Il reiterato strazio, che la comicità rendeva ancor più tormentoso, sbocca allora come un maestoso estuario nell’illuminazione – e nasce così il sospetto che solo attraverso quella sinistra e beffarda sequenza di eventi essa potesse o dovesse essere raggiunta. Si dice che un nuovo scrittore si riconosca innanzitutto da una certa inflessione della voce. È il caso del primo romanzo di Rosa Matteucci, che ci prende di sorpresa con l’insolenza, la drasticità, la vocazione alla comicità della voce narrante, l’audacia dell’impasto linguistico – ma anche con la sua superba capacità di nominare la dolorante sostanza del mondo.
– Ironia –
Lourdes di Rosa Matteucci (Adelphi) è stato per me un libro rivelazione. Ho rimandato a lungo la scoperta di questa autrice (chissà poi perché) e mi sono pentita di averla conosciuta solamente ora. Meglio tardi che mai…no?
Lourdes è un libro breve ma denso. Feroce ma malinconico. Lourdes contiene molte contraddizioni e forse per questo l’ho amato così tanto.
L’incipit del romanzo mi ha totalmente catturato e senza nemmeno accorgermene sono arrivata alla fine. La parte della vestizione della protagonista vale (quasi) tutto il libro, o comunque è quella che mi ha fatto innamorare:
(…)La vestaglia somiglia a un trapezio da cui pendono alcuni strategici lacci di grogrè bianco. L’apparato si abbottona, adattandosi alla persona secondo arcaiche complicanze verginali, dapprima sul fianco destro attraverso un sistema binario di automatici, bottoncini e indispensabili spille da balia; quindi su quello sinistro mediante una complessa sovrapposizione di teli.
Una volta indossata quella sopravveste Maria si sente soffocare, strizzata com’è in una morsa di invisibili abbottonature, e tuttavia non esita a provarsi anche un collettino bianco di tela plastificata dai bordi taglienti. A preservazione della vestaglia a trapezio vestirà una grembialetta bianca da cameriera rifinita di lieve batista, con pettina ideata per la mortificazione dei seni (che comunque sono piccini, ma hanno i capezzoli grossi, turgidi e scuri, che si indovinano anche sotto gli abiti civili), provvista di due fusciacche da incrociarsi sulla schiena.
All’altezza dei rognoni, dove i due teli posteriori della grembialetta da cameriera rifinita si sovrappongono, un tripudio di asole, bottoni e bottoncini completa l’abito. Sulla capoccia, infine, Maria dovrà calcare durante il viaggio un’atra scuffia vedovile di canapone grezzo con visiera rigida, ritta come una cresta.
Quando Maria si prova la scuffia la nipote della moglie del gestore del lottomatic si sbellica dalle risate, e in un sussulto inghiotte la gomma americana.
Le orecchie di Maria, che sono naturalmente a ventola, dovranno, come da regolamento dell’Opera pellegrinaggi, art. 7, comma 3, fuoriuscire dalla berretta. Non sono ammesse domande di esonero, né si concedono dispense.
La protagonista è Maria, una ragazza bruttina e senza vocazione che decide di partire per Lourdes. A differenza di quello che potremmo pensare, Maria è in partenza per restituire alla Madonna il dolore subito.
La morte del padre descritta senza filtri e con dolorosa freddezza (ve l’ho detto che è un libro ricco di contrasti) è il motore di Maria che si ritrova immersa in una realtà grottesca, spaventosa e anche divertente.
Costretta a badare ad alcune vecchie bisbetiche, malefiche e insopportabili, affronta questo viaggio come chi vive un calvario.
Non sono mai stata a Lourdes eppure dopo il libro di Matteucci credo che saprei orientarmi. Maria osserva, riflette e soffre. Regalandoci così una fotografia inquietante e al tempo stesso in grado di strapparci un sorriso amaro.
Come tutte le esagerazioni nasconde sicuramente un fondo di verità o forse no. E? davvero così importante scoprirlo?
Io non la conosco, non so niente di lei, non so chi siano i suoi referenti letterari. Così a fiuto mi vengono in mente tre nomi, Céline, Beckett e Thomas Bernhard, inclini a una visione della vita così disperata da sconfinare nella più grandiosa comicità.
Ed è così che ho avvicinato questo libro, senza conoscere nulla. Affidandomi alle parole di Carlo Fruttero che non possono non instillare la curiosità.
Capisco anche che un libro come Lourdes possa dividere. Matteucci mette in scena uno squallore fin troppo nitido per non essere reale.
Tra persone che vogliono saltare la fila, finti invalidi, anziane che godono nel prendere in giro Maria macchiata della colpa più grave che possa aver commesso: essere una nobile caduta in disgrazia, Matteucci ci trascina in un’atmosfera fantozziana fatta di caricature, angherie e insofferenza fino a scaraventarci in un finale inaspettato e all’apparenza stridente con il resto del racconto.
Lourdes è…
Feroce, ironico, ricco. Per Matteucci ho avuto un colpo di fulmine. Sono bastate due pagine per farmi capire che avrei amato tutto il libro. Ora sono pronta a partire verso il prossimo libro con meno timore e tanta voglia di perdermi.
Lourdes è un esordio, Matteucci trae ispirazione da vicende autobiografiche. Cosa sia vero e cosa frutto di finzione non lo so e forse non ha importanza.
Nonostante le caricature fantozziane tutto è credibile in Lourdes: la parlata dialettale del centro Italia, il timore delle acque piene di sangue, peli e pelle, l’arroganza di chi si sente superiore, le ripetizioni volute… insomma, fatevi un regalo. Leggete Lourdes.
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