Yoga
La trama
La vita che Emmanuel Carrère racconta, questa volta, è proprio la sua: trascorsa, in gran parte, a combattere contro quella che gli antichi chiamavano melanconia. C’è stato un momento in cui lo scrittore credeva di aver sconfitto i suoi demoni, di aver raggiunto «uno stato di meraviglia e serenità»; allora ha deciso di buttare giù un libretto «arguto e accattivante» sulle discipline che pratica da anni: lo yoga, la meditazione, il tai chi. Solo che quei demoni erano ancora in agguato, e quando meno se l’aspettava gli sono piombati addosso: e non sono bastati i farmaci, ci sono volute quattordici sedute di elettroshock per farlo uscire da quello che era stato diagnosticato come «disturbo bipolare di tipo II». Questo non è dunque il libretto «arguto e accattivante» sullo yoga che Carrère intendeva offrirci: è molto di più. Vi si parla, certo, di che cos’è lo yoga e di come lo si pratica, e di un seminario di meditazione Vipassana che non era consentito abbandonare, e che lui abbandona senza esitazioni dopo aver appreso la morte di un amico nell’attentato a «Charlie Hebdo»; ma anche di una relazione erotica intensissima e dei mesi terribili trascorsi al Sainte-Anne, l’ospedale psichiatrico di Parigi; del sorriso di Martha Argerich mentre suona la polacca Eroica di Chopin e di un soggiorno a Leros insieme ad alcuni ragazzi fuggiti dall’Afghanistan; di un’americana la cui sorella schizofrenica è scomparsa nel nulla e di come lui abbia smesso di battere a macchina con un solo dito – per finire, del suo lento ritorno alla vita, alla scrittura, all’amore. Ancora una volta Emmanuel Carrère riesce ad ammaliarci, con la «favolosa fluidità» della sua prosa («Le Monde») e con quel tono amichevole, quasi fraterno, che è soltanto suo, di raccontarsi quasi che si rivolgesse, personalmente, a ciascuno dei suoi lettori.
– Confessione –
Yoga di Emmanuel Carrère (Adelphi edizioni) è stato il libro giusto che mi ha fatto tornare a respirare. Avevo una pila di libri in attesa che per la prima volta in vita mia non provocava felicità ma ansia. Ho scelto così di non acquistare libri per un mese e a pochi giorni dal traguardo ho capito che no, non avrei resistito fino alla fine perché avevo bisogno di Yoga, avevo bisogno di Carrère.
Yoga è un libro molto difficile da raccontare. Come al solito ci troviamo di fronte a un romanzo che si mescola alla vita di questo scrittore che per la prima volta mi ha fatto una grande tenerezza. Sì, anche qui lo scrittore ha un ego particolarmente ingombrante, sì anche qui il soggetto del libro è sempre lui ma qui Emmanuel si è denudato mostrandosi solo e sopraffatto. Gli ho voluto bene come si vuole bene a una persona problematica che fa parte della famiglia.
Yoga doveva essere in origine un libro sullo yoga appunto, e la prima parte in un certo senso lo è. Ma la vita scombina sempre i piani di Carrère e i nostri. Così questo libricino che prova a definire la disciplina si trasforma in una lunga confessione, un grido, una richiesta di aiuto.
Quando Emmanuel (e concedetemi di chiamarlo per nome) è immerso nel seminario Vipassana viene richiamato nel mondo reale per via dell’attentato a Charlie Hebdo. Da lì il libro cambia radicalmente forma e registro.
Se adesso mi ostino a scrivere questo libro, ovvero la mia personale versione di quei libri di autoaiuto che si vendono così bene, è per ricordare ciò che i libri di autoaiuto raramente dicono: che i praticanti di arti marziali, i seguaci dello zen, dello yoga, della meditazione, di tutte queste discipline sublimi, fulgide e benefiche a cui da sempre faccio la corte, non sono necessariamente né saggi né tranquilli, né tantomeno sereni e in pace con se stessi; ma a volte, anzi spesso, sono come me drammaticamente nevrotici, e che però non importa, perché, come diceva Lenin, bisogna “lavorare con il materiale a disposizione”, e allora, anche se non ci conduce da nessuna parte, facciamo bene a ostinarci, nonostante tutto, a percorrere questo cammino.
Carrère lega le nozioni dello Yoga al dolore per la perdita dell’editore, le mescola a una relazione sessuale intensa e indimenticabile, fino ad arrivare alla depressione e alla malinconia. Dando vita a un libro variegato, in alcune parti un po’ alienanti e ricco di interrogativi. Difficile credere che questo Carrère sia lo stesso de L’avversario o de La settimana bianca.
Noi siamo puro caos, confusione, siamo una poltiglia di ricordi e paure e fantasie e vane aspettative ma dentro di noi c’è qualcuno di più tranquillo, che vigila e riferisce.
Yoga è in un certo senso puro caos. Per questo non lo consiglierei a chi non ha mai letto nulla di questo scrittore. Bisogna arrivarci pronti, bisogna aver già capito se amate o odiate Carrère. Perché no, non ci sono vie di mezzo.
Non lo so se c’è davvero un lieto fine in Yoga. Penso che Carrère non riuscirà mai a liberarsi dei suo demoni, ma credo anche che non smetterà mai di cercare la luce, l’amore, la rinascita.
So che Yoga, ancora una volta, ha diviso il pubblico. Io personalmente l’ho amato nella sua ripetitività, l’ho immaginato come il frutto della depressione di Carrère, ho creduto fosse una lunga confessione e per questo forse l’ho compreso.
Le pagine in cui Carrère racconta la depressione sono intensissime. Quando il giornalista si reca a casa sua per l’intervista, mi si è stretto il cuore. La stessa cosa evidentemente è successa davvero anche al giornalista che racconta il giro in motorino con una tenerezza inaspettata:
«Sarebbe stato molto più facile se fossimo stati amici.non sarei stato costretto a irrigidirmi per mantenere la distanza tra noi, avrei potuto tenermi a lui, non è certo il comportamento che ci si aspetta da parte di un giornalista nei confronti della persona che è venuto a intervistare, ma mi dico che in fondo è proprio quello che avrei dovuto fare: abbracciare quell’uomo così infelice».
La depressione di Carrère che viene raccontata senza filtri e senza quasi personaggi di spalla è fondamentale in Yoga. Poco importa quali siano gli elementi di finzione e quali quelli reali. Di fatto abbiamo di fronte un uomo che affronta l’eletrroshock nella speranza di guarire, di tornare a sorridere. E che cerca un “padre”, una guida per affrontare un dolore che è lui stesso a procurarsi.
«Quello che sta vivendo è orribile: bene. Lo viva. Vi aderisca. Sia quell’orrore. Se deve morirne, ne morirà. Non cerchi né ragioni né mezzi per uscirne. Non faccia niente, lasci perdere: solo così può verificarsi un cambiamento». In altre parole: mediti, perché la meditazione è questo.
Yoga è…
Confessione. Ma è anche dolore, meditazione, speranza. Yoga è un libro in cui viene contenuto di tutto: realtà, invenzione, pillole di yoga, attualità. Ma la verità è che non so come definirlo, posso solo dire che questo romanzo mi ha fatto tornare la voglia di leggere e di non pensare perché ho fatto come c’è scritto: mi sono abbandonata e ho lasciato che l’angoscia del momento mi attraversasse senza travolgermi.
Forse questo non è il miglior Carrère e capisco chi critica quest’insieme di impressioni a tratti allucinante ma io non posso far a meno di amare anche questo.
Trent’anni a perseguire la calma e la profondità strategica, trent’anni a raccontarmi la mia vita come un progressivo sottrarmi alla confusione e costruire con pazienza uni stato di meraviglia e serenità, trent’anni in cui ci ho creduto davvero, nonostante i cedimenti e i periodi di depressione, è proprio quando ero giunto al traguardo, all’approssimarsi della vecchiaia, quando avevo una casa, una famiglia, tutto per essere saggio e felice, mi ritrovo solo, accoccolato in posizione fetale in un letto a una piazza, nella casa vuota di una donna sola e perduta, partita anche lei senza lasciare un indirizzo per chissà quale posto dell’emisfero meridionale. Non è un granché come bilancio. Non è una buona pubblicità per lo yoga. Ma sbaglio a dire questo: lo yoga non c’entra niente, il problema sono io. Lo yoga tende all’unità, e io sono troppo diviso per raggiungerla.
Consigliato per chi non ha paura di abbandonarsi a una storia strana, imprevedibile, reale.
9 COMMENTI
Jean Paul Schemeil
1 anno faHo pensato ad un commento a questo libro “Yoga”, come mi e’ passato per la Mente con Pasternak e Solzhenitsyn. La Vita in separazione, propone esattamente quello che la parola vuole significare, l’unione Nella separazione.
Alessandra
3 anni faÈ successo esattamente lo stesso anche a me: diffidenza, poi confidenza e momenti di intensa emozione. E ho ovviamente ascoltato la polacca Eroica della splendida Martha
Tiziana
3 anni faDunque, non avevo mai letto nulla dell’autore ed è stata una piacevolissima sorpresa. Non solo per la sua modalità di scrittura, scorrevole e immediata, ma perché ha dedicato una buona parte del libro (la prima) proprio al suo titolo, yoga appunto. Ma senza manierismi, senza quella supponenza di far capire che si è capito tutto. Penso che noi occidentali, con secoli di atavico cattolicesimo alle spalle e con instillato, goccia dopo goccia, quel senso di “frenesia” del dovere, del dover comunque fare e pure velocemente, non potremmo mai comprendere, convivere con la filosofia e pratica yogica. È un’ altra parte di mondo. Che per fortuna è arrivato sin qui, distorto si, un esempio lampante è stata la new age, ma che l’autore ci fa capire che comunque qualcosa arriva, pur sfilacciata, ma arriva. E ci nutre, quel sottile bandolo ci salva! Per cui grazie carrere; con i suoi racconti autobiografici ci fa capire che quel piccolo bandolo sbrindellato seppur galleggiante in un mare di frenetica solitudine è pronto a farsi acchiappare per salvarci. Grazie. Una praticante yoga. Occidentale ovviamente.
franco
3 anni faLa prima cosa che mi viene da dire sul questo libro è che uno scrittore non racconta mai cose vere. YOGA non è la vita o l’autobiografia della sofferenza di E. Carrere. Ne sono sicuro: anche se è successo tutto nella realtà. la seconda è che la prima parte mi stava facendo il desiderio di abbandonare la lettura. Forse mi annoiava e lo rifiutavo. Finite le lunghe descrizioni sullo yoga ed altre discipline da lui praticate e sul libro che voleva scrivere ( un espediente vecchio ma efficace) su di esse ecco la la vita lo prende per il bavero. I fatti veri del romanzo lo fanno passare per le forche della sofferenza: l’attentato, gli elettroshock, il viaggio, Leros e i ragazzi rifugiati. La vita reale. Un tema che gli ritorna felice alla fine oltre alla sonata di Marta è l’amore con la madre dei gemelli che non lo vede ( o fa finta). Un decollo del romanzo che lo fanno meritare il voto di notevole. E poi lo stile che ha lo scrittore: confidenziale. Da vero amico del cuore con cui condividete tutto i vostri pensieri più segreti e che Carrere, invece ce li racconta. E ci fa stare bene. Alla fine il lettore rimane soddisfatto e con un leggero dubbio. adesso vado a sentire la polacca eroica!
Franco Palmieri
3 anni faTutti i libri hanno una loro bellezza, come la vita. La cosa più bella della vita è avere l’amore. Yoga è un’esercitazione e un tentativo di assentarsi, avendo le comodità da cui distanziarsi. Solo in questo caso puoi permetterti di regredire entro te stesso.Il pragmatismo di Lenin qui è un ricorso compiaciuto, è ovvio che si può agire solo sulla realtà. L’ingenuità di Carrere come persona consiste nel non potersi configurare come un clochard, un barbone, un nullatenente. E’ da questa disperazione, tipica dell’occidentale opulento, che può nascere il racconto della verità dell’essere senza esserci. Perciò la sincerità di quasi tutti i libri è una fiction, un falso autentico che è speculare ad una realtà sconosciuta. Come si può penetrare in sé senza avvertire la presenza del modello cui si aspira. E’ necessario un conflitto, non una nevrosi, e per giunta costruita. La cronaca, la violenza,il sesso, sono accessori,i soliti.
Anna Maria
2 anni faYoga mi ha commosso, ecco la mia “verità” di lettrice. Un libro che mi provochi commozione profonda – il magma di sentimenti e pensieri visivi raggrumati fra stomaco e pancia, il fuoco che resta dopo lettura – è per me un grande, grande libro, di cui alla fine poco mi importa come sia scritto, se sia romanzo, autobiografia, o altro di indefinibile. È come se Carrere, che non conoscevo, me lo avesse detto (detto, non letto) nella sala d’attesa di una stazione nell’attesa di un treno in grave ritardo.
Di tutte le definizioni dello Yoga tentate da Carrere, è quella dell’attenzione che non potrò dimenticare. Di tutte le pagine quelle del Saint ‘Anne continueranno a parlarmi, come mai sono in grado i testi clinici a proposito del vero dolore, della malattia che molti ancora pensano sia condanna divina, o vezzo.
Milena
3 anni faHo trovato questo libro un po’ furbo, un titolo che è fuorviante e riporta Carrere a Carrere.
In alcuni passaggi davvero noioso.
Anche dalla celebrazione del suo dolore si evince quanto sia agito e quanto gli piaccia crogiolarsi in questo.
Una delusione
Jiulia
2 anni faconcordopoi il finale scontato del satiro che esce conlaragazza, banalissimo
Milena
3 anni faHo trovato questo libro un po’ furbo, un titolo che è fuorviante e riporta Carrere a Carrere.
In alcuni passaggi davvero noioso.
Anche dalla celebrazione del suo dolore si evince quanto sia agito e quanto gli piaccia crogiolarsi in questo.
Una delusione