Le streghe di Manningtree
La trama
Inghilterra, 1643. Il Parlamento combatte contro il re, la guerra civile infuria, il fervore puritano attanaglia il Paese e il terrore della dannazione brucia dietro ogni ombra. A Manningtree, una cittadina della contea dell’Essex privata dei suoi uomini fin dall’inizio della guerra, le donne sono abbandonate a se stesse; soprattutto alcune di loro, che vivono ai margini della comunità: le anziane, le povere, le non sposate, quelle dalla lingua affilata. In una casupola sulle colline abita la giovane Rebecca West, figlia della vedova Beldam West, «donnaccia, compagna di bevute, madre»; tra un espediente e l’altro Rebecca trascina faticosamente i suoi giorni, oscurati dallo spettro incombente della miseria e ravvivati soltanto dall’infatuazione per lo scrivano John Edes. Finché, a scombussolare una quotidianità scandita da malelingue e battibecchi, in città non arriva un uomo: Matthew Hopkins, il nuovo locandiere, che si mostra fin dal principio molto curioso. Il suo sguardo indagatore si concentra sulle donne più umili e disgraziate, alle quali comincia a porre strane domande. E quando un bambino viene colto da una misteriosa febbre e inizia a farneticare di congreghe e patti, le domande assumono un tono sempre più incalzante… Le streghe di Manningtree è la storia di una piccola comunità lacerata dalla lenta esplosione del sospetto, in cui il potere degli uomini è sempre più illimitato e la sicurezza delle donne sempre più minata.
– Spaventoso –
Le streghe di Manningtree di A.K. Blakemore (Fazi editore) è una storia molto particolare. Ho letto questo libro in un momento difficile per la lettura. Come sapete leggo poco e molto lentamente ma questo sono riuscita a terminarlo in tempi brevi. Mi sono sentita come ai vecchi tempi… forse perché avevo bisogno di una storia che mi portasse lontano dalla quotidianità, immersa in una realtà cupa e avvincente.
L’inizio de Le streghe di Manningtree non è immediato. Ci ho messo una cinquantina di pagine per entrare in sintonia con l’autrice ma poi, complice il ritmo della storia che aumenta, le pagine sono volate via velocemente. Blakemore rievoca un momento particolarmente buio per Londra e dintorni: la caccia alle streghe. La premessa è doverosa, i personaggi sono realmente esistiti e realmente duecento persone sono state denunciate per stregoneria: una quarantina le impiccagioni.
La poetessa Blakemore parte da queste (atroci) premesse e ci conduce a Manningtree nel 1643. Tutto comincia con la misteriosa ed inspiegabile malattia di un bambino e l’arrivo di un inquisitore al paese. Basta così poco per accusare una donna di stregoneria… è quello che succede alla protagonista, Rebecca West e a sua madre. Le streghe di Manningtree è il racconto di un processo, ma anche la fotografia della condizione della donna, un amaro ritratto composto da povertà, ingiustizia e violenza.
Rebecca è colpevole di essere la figlia della vedova Beldam, una donna abituata a bere, una donna rude e senza peli sulla lingua. Una colpa gravissima per una donna del 1600.
Penso a mia madre e alle sue stranezze. L’amore spericolato per la sopravvivenza che la fa somigliare a un animale, selvatico e inconoscibile. L’orgoglio, che non le fa difetto, e che intende trasmettermi, così come altre donne tramandano alle figlie un bel corredo e un paio di orecchini di perla. Vuole donarmi l’orgoglio, ma io non intendo accettarlo, perché ho visto quanto ha dovuto lottare per mantenerlo. Lo spirito di sopravvivenza, invece, questa sì che è una dote più interessante. E se siamo destinate a sopravvivere, sopravvivremo solo insieme.
Il villaggio è svuotato, la guerra civile infuria e gli uomini rimasti sono i pericoli più grandi per le nostre protagoniste. Rebecca si è invaghita dello scrivano Edes, ma la sua timidezza le impedisce persino di ricambiare gli sguardi. Presto, il problema più grande per lei diventerà un altro: sopravvivere.
Quando l’inquisitore, Hopkins, arriva in paese, la quotidianità viene turbata. Il grande esperto del maligno può scovarlo ovunque, anche nella malattia di un bambino.
Quando Rebecca viene catturata insieme alle altre donne (le conoscerete leggendo) comincia il vero inferno:
Il colletto di una strega vale di più della placenta di un parto gemellare, a patto di trovare il giusto compratore, per la fabbricazione di incantesimi.
La prigionia lenta e snervante, la violenza, le confessioni inventate.
Non sono superstiziosa, sono pratica. Ho insegnato a me stessa a osservare e ascoltare. Ho visto abbastanza sofferenza in vita mia da sapere che una mente malata è incline a inventarsi ogni genere di spettro. Meglio incolpare un folletto o uno spiritello maligno per il latte andato a male o per i nodi nella criniera di un cavallo anziché ammettere che la propria sbadataggine possa aver contribuito al problema.
Ne Le streghe di Manningtree non troverete nessun elemento di magia, questa è una storia dell’orrore in cui ci sono soltanto elementi reali. Quanto può resistere una donna senza luce, acqua, cibo e libertà prima di confessare?
Le streghe di Manningtree è…
Spaventoso. Il fatto che siano reali i personaggi e le vicende narrate fa si che il libro si legga con un’inquietudine costante e addirittura crescente.
L’autrice mescola stili diversi: la narrazione a volte è affidata a Rebecca ed è quindi in prima persona, altre volte no. Il narratore sa sempre cosa accadrà. Sono mescolati termini ricercati ad altri decisamente volgari. Nasce così una storia spaventosa e tristemente reale. Le pagine che mi sono piaciute più sono quelle della prigionia. Quando le donne erano rinchiuse solo con la luci delle candele e provavano a tenere il conto dei giorni, anche litigando, mi hanno impressionato. Ho apprezzato un po’ meno le pagine finali e per questo non ho dato quattro stelle, avrei preferito che l’autrice si fermasse leggermente prima.
Consigliato per chi è in cerca di una lettura cruda, straziante e amara. Non aspettatevi elementi paranormali o leggerezza, qui a differenza di Weyward (LEGGI QUI la mia recensione) il lieto fine è un miraggio, o comunque si paga a caro prezzo.
1 COMMENTO
Fra
1 anno faQuesto libro mi incuriosisce molto. È terrificante sapere che i personaggi e le vicende narrate sono reali. L’ho acquisto in versione ebook e spero di poterlo leggere il prima possibile.
Un saluto