Il periodo del silenzio
La trama
Cristina Martino ha ventotto anni, è laureata in Archeologia e lavora, precaria, in una biblioteca di dipartimento all’università di Torino. Ha una vita piuttosto monotona, una famiglia ordinaria, nessun trauma. Ha avuto qualche relazione di breve durata – una, in particolare, che le è rimasta dentro con una forma di dolenza irrisolta – ha un flirt con Daniele, conosciuto da poco, e un’amica, Silvia, che sembra il suo opposto; ogni cosa in lei tende all’evasione dalla norma, al rumore, all’eccesso di vita. Una sera, presa da un impulso, Cristina decide di eliminare i suoi profili social. Un gesto senza motivazione apparente, non insolito, di certo non rivoluzionario: eppure, questa sarà la prima tappa del suo percorso verso il silenzio, perché, gradualmente, Cristina smette di comunicare. Pur continuando la sua vita quotidiana, smette di parlare alle persone in biblioteca, a sua sorella, ai suoi genitori, smette di parlare a Silvia, persino a Daniele. Mantiene dapprima un contatto minimo, attraverso biglietti e messaggi essenziali e, infine, elimina anche quello. Cristina scivola sempre più in una forma di rarefazione, di invisibilità fisica, in cui il silenzio diventa la scelta di una sparizione dal mondo. Quando un articolo sulla sua storia diventa virale, in tanti cominciano a emularla, attribuendo al suo silenzio significati universali e necessari, mentre nessuno sembra più sapere dove Cristina si trovi davvero, e se tornerà. Con una scrittura nitida e puntuale, che segue come una pelle l’evoluzione di Cristina e il suo rapporto con il silenzio, Francesca Manfredi scrive un romanzo teso e potente, che riflette sulla solitudine oppressa dal caos, sul vuoto comunicativo dei nostri rapporti, sulla forza che ancora può avere la parola, quando rinasce vergine e vera.
– Originale –
Il periodo del silenzio di Francesca Manfredi (La Nave di Teseo) è un romanzo originale che racconta il disagio di chi si sente sempre fuori posto, in famiglia, con gli amici e forse anche con sé stesso.
La protagonista di questo romanzo, Cristina decide di cancellare tutti gli account social. Un gesto rivoluzionario quanto insolito. Comincia così appunto la rivoluzione di Cristina che progressivamente deciderà di abbandonare i vecchi modi di comunicare fino ad abbracciare il silenzio totale.
Le parole hanno perso il loro significato e per ritrovarlo la protagonista sente il bisogno di non pronunciarle più. Uno spunto originale, condito da una scrittura precisa, senza picchi. La premessa mi ha fatto pensare a La conferenza di Lydie Salvayre, un testo uscito nel ’98 che anticipa temi attualissimi. Che cos’è l’uomo senza la conversazione? Smettendo di parlare si smette anche di vivere?
Non è quello che succede a Cristina, o almeno, non è questo il punto de Il periodo del silenzio.
L’essere umano non è capace di adattarsi al silenzio, non come gli altri animali: la sua imperiosità è dimostrata anche dal desiderio di ammansire il silenzio per farne qualcosa di proprio.
Cristina è una precaria di quasi trent’anni, ha studiato per tutta la vita e guadagna pochissimo lavorando in biblioteca. Schiva, silenziosa è abituata ad ascoltare gli altri. Mai aveva tentato un piano così folle e ambizioso: non aprire più bocca.
L’inizio del silenzio fu anzitutto un piano elaborato. Non è qualcosa che si improvvisa, così come non si improvvisa una fuga o un atto di distruzione. C’è sempre un punto di partenza – un modello di riferimento, una ricerca web, un libro, una canzone. Un impulso che su alcuni ha un effetto e su certi un altro, specialmente se il significato del messaggio è: non fatelo. Prendete un gruppo di mille persone e portate avanti tutte le campagne informative che volete: a parità di stimoli, qualcuno di loro svilupperà l’effetto opposto a quello sperato. Un po’come i farmaci.
Cristina comincia così a non dire più una parola, né all’amica Silvia, né alla famiglia. Quello che all’inizio sembra un esperimento divertente e particolare, si trasforma presto in qualcosa d’altro. Una rivendicazione, una dimostrazione… fino al punto in cui Cristina non riuscirà più, nonostante la volontà a parlare.
Il paradosso è evidente, in un mondo in cui si condivide tutto, l’unico gesto di resistenza diventa smetterla di comunicare. Ci illudiamo di sapere cosa mangiano le persone, cosa pensano, dove vanno e non ci rendiamo più conto che la realtà è molto più complessa di come la vediamo.
Andando avanti nella lettura de Il periodo del silenzio si tocca ovviamente il tema del mutismo selettivo e Cristina si mette a frequentare un gruppo di aiuto per chi soffre di questo disturbo. Il rovescio della medaglia è che la scelta di Cristina diventa virale. Centinaia, migliaia di persone vogliono imitarla smettendo di comunicare… cosa succederà?
Nella seconda parte del libro la parola passa alla sorella Elena, sarà lei a guidarci verso il finale. Davvero il silenzio è l’unica arma di difesa che abbiamo?
Il periodo del silenzio è…
Originale. Mi è piaciuta l’idea e ho apprezzato molti passi ma mi sarei aspettata un finale più forte. La scrittura di Manfredi è asciutta, senza giri di parole e forse io sono rimasta in attesa di un’esplosione che poi non c’è stata (almeno per me).
Sono stata molto sintetica ma è difficile raccontare un libro così in cui la trama svela già tutto. Sicuramente Il periodo del silenzio ha il merito di spingerci alla riflessione, a volte sarebbe il caso di soffermarsi e ricordare il peso che hanno le parole, sia quelle dette sia quelle trattenute. Il tema mi ha ricordato anche Il mio anno di sonno e oblio (LEGGI QUI la recensione) perché anche in quel caso il desiderio della protagonista è sparire per ritrovarsi.
Consigliato per chi è in cerca di una storia particolare, d’attualità e che oscilla tra malinconia e angoscia. (ACQUISTA QUI il libro)
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