I nomi epiceni
La trama
Può una vendetta realizzarsi nell’arco di un’intera esistenza? Amélie Nothomb torna con una storia d’amore nero in cui tocca le corde più intime del desiderio, là dove è difficile distinguere l’amore dal suo riflesso malato, e dove vincere o perdere diventano l’unica ragione per cui vale la pena vivere. Il 12 settembre 1970 Dominique conosce Claude sulla terrazza di un caffè a Brest, e non sa ancora che la sua vita sta per cambiare per sempre. Il destino ha fatto incontrare due persone dai nomi epiceni, maschili e femminili insieme. Lui la seduce con una coppa di champagne, un flacone di Chanel n° 5 e la promessa di trasferirsi a Parigi…
– Specchi –
I nomi epiceni di Amélie Nothomb (Voland) è un libro che lascia decine di domande in testa e qualche risposta timorosa. Ogni volta che intraprendo un viaggio nel mondo Nothomb mi sento spaesata. Riesco perfettamente a calarmi nella storia e… non importa se è assurda, surreale o grottesca, lei riesce sempre a catturarmi però alla fine continuo a chiedermi: “Mi è sfuggito qualcosa?”. Le ipotesi e a volte persino le certezze raccolte durante la lettura si sciolgono come neve al sole e io metto in discussione tutto. Ancora. Ancora e ancora.
L’ultima volta che si fa l’amore, l’addio, la collera e la vendetta. Tutto contenuto in un paio di pagine. I nomi epiceni si apre così e la curiosità già ci travolge e ci spiazza (Ma come fa?)
Non gli passa. È difficile che la collera passi. Esiste il verbo incollerirsi, far montare dentro di se la collera, ma non il suo contrario. Perché? Perché la collera e preziosa, protegge dalla disperazione. Tre ore prima, nessun uomo al mondo era più felice di lui
Dominique e Claude si incontreranno casualmente (o forse grazie al destino) in un caffè. Ad unirli soltanto quella strana coincidenza: i loro nomi epiceni. Nomi che non specificano il sesso della persona. Così assistiamo alla nascita di una relazione. Dominique è una ragazza molto riservata, timida e l’inquietudine si impossessa di lei subito: chi è quell’uomo? Perché la vuole sposare?
Ma le difese e i dubbi della ragazza capitolano di fronte all’esagerata confezione regalo di Chanel 5. I mesi passano, così come gli anni. Claude è un uomo di successo ma è praticamente impenetrabile agli occhi della moglie prima, e della figlia poi. Sì perché il desiderio di Claude è avere un figlio, anche più di uno. Noi continuiamo a leggere pagina dopo pagina, vi renderete conto che sarà impossibile staccarsi, con il cuore che batte sempre un po’ più forte. Il quadretto che ci presenta Nothomb è inquietante e noi abbiamo la certezza che accadrà qualcosa di brutto, solo che non sappiamo cosa o quando.
Nulla è lasciato al caso nel breve I nomi epiceni. La figlia della coppia si chiamerà Épicène, in onore non solo dei nomi dei genitori, ma anche della commedia del 1600 di Ben Jonson che non conoscevo e che rovescia di fatto la prospettiva, oltre ad influenzare gli studi di Épicène, ma ora stiamo correndo troppo.
L’infanzia di Épicène non è come quelle delle altre bambine, lei ha la certezza di odiare quel padre distaccato e cinico che, dopo averla desiderata così tanto, non la degna di considerazione, per lei solo sguardi di disprezzo.
A metà del libro, senza anticipare troppo, succede qualcosa: Épicène decide di morire, di spegnere il proprio interruttore.
“Ho undici anni. Devo passare gli altri sette in questa prigione. Come farò a resistere?”
Per tutta risposta un grande freddo si impossessò di lei. Esiste un pesce chiamato celacanto che ha il potere di spegnersi per anni se il suo biotopo diventa troppo ostile: si lascia vincere dalla morte aspettando le condizioni per la risurrezione. Senza saperlo, Épicène ricorse allo stesso stratagemma del celacanto. Compì quel suicidio simbolico che consiste nel mettersi tra parentesi. Un assassinio invisibile molto più frequente di quanto non si creda. Dal momento che non viene riconosciuto per quello che è, lo si etichetta generalmente come un sintomo precursore dell’adolescenza.
Claude sta portando avanti la sua vendetta ma non ha fatto i conti con una massima che mi ha inseguito per tutto il libro:
Chi ama è sempre il più forte.
Sempre correndo a perdifiato tra colpi di scena, coincidenze vere e false, sentimenti e cambiamenti arriviamo a un finale geniale e raggelante. Costantemente ossessionati dal verbo to crave: letteralmente avere un bisogno disperato di arriviamo troppo rapidamente alla conclusione. Ogni personaggio incarna questo bisogno. Dominique vuole amare ed essere amata, la figlia desidera apparire, esistere, di fronte agli occhi del padre e Claude, beh, Claude vuole vendetta… quanto è sottile il confine di amore e odio?
I nomi epiceni è…
Un gioco di specchi in un eterno paradosso. All’inizio pensavo che Nothomb volesse mostrarmi la forza dell’amore, poi ho pensato che volesse farmi vedere fino a che punto può spingersi la crudeltà umana… e ancora una volta esco sconvolta da una lettura che mi ha inevitabilmente ferito. Nothomb colpisce ancora e ancora. Non ha paura di farci e farsi male: sorridiamo perché pensiamo a questa storia come a una grottesca messa in scena ma poi…ma poi il sorriso si spegne perché non ci sono buoni o cattivi in questa storia. Non ci sono innocenti o colpevoli, c’è solo un’indagine insolita che mostra la complessità della mente e dei sentimenti umani.
Fino a che punto possiamo spingerci per soddisfare un bisogno?
Consigliato per chi ha voglia di mettersi in gioco con una lettura paradossale, magnetica e profonda. I nomi epiceni è un libro che si legge in un paio d’ore ma per capirlo del tutto, in tutta la sua profondità forse non mi basterà una settimana. Anche per questo sono molto contenta di poter approfondire la lettura con l’evento sul gruppo facebook Billy il vizio di leggere.
La scrittura della Nothomb (tradotta da Isabella Mattazzi) è inconfondibile: ammaliante e feroce ci trascina negli angoli più bui e in quelli pieni di luce dell’essere umano.
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