Sport, natura, letteratura e giornalismo. Sono alcuni dei temi che ho toccato durante l’intervista con Franco Faggiani, autore de La manutenzione dei sensi e de Il guardiano della collina dei ciliegi (Fazi editore). Ed è proprio sull’ultimo romanzo che mi concentro. La storia è originale e soprattutto ispirata a vicende realmente accadute.
- Il protagonista è Shizo Kanakuri è un maratoneta giapponese che partecipa alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912. Di lui si perdono le tracce, non porterà a termine quella maratona, lo farà solamente 54 anni dopo. Alla fine del libro racconti che l’idea ti è venuta leggendo un articolo e da lì è nata l’ispirazione per la storia. Come si è svolto il tuo lavoro di “indagine” giornalistica?
Un giornale sportivo mi aveva chiesto di scrivere un articolo sulle maratone olimpiche di cui non conoscevo praticamente nulla. Da bravo giornalista mi sono documentato: mi sono letto tutte le classifiche delle maratone e quando sono arrivato alla classifica di Shizo ho trovato un punto di domanda. Ho cercato altre fonti e accanto al suo nome ho trovato il tempo di 54,8,6… ho pensato: “Ci ha messo 54 ore per fare 40 chilometri?”. Poi in realtà guardando con maggiore attenzione ho scoperto che si parlava di anni. La storia non quadrava e allora ho fatto altre ricerche, finché non mi sono imbattuto in un vecchio articolo di giornale e mi sono fatto mandare da Stoccolma i Pdf dei giornali di allora. Allora le Olimpiadi duravano mesi e mesi perché erano scuse per far riunire i Paesi e anche la vita degli atleti era diversa, le gare erano diluite nel tempo.
Alla fine della ricerca ho trovato l’inizio della storia di Shizo e la sua fine, tutto quello che c’è nel mezzo è frutto della mia fantasia. Nella realtà tornò in patria a fare il maestro elementare nella sua isola, ha partecipato ad altre due maratone 8 anni e 12 anni dopo. Aveva perso la sua verve agonistica.
- I tuoi due romanzi usciti per Fazi editore sono molto diversi tra loro ma qualcosa li accomuna: la natura. Una natura che non rimane sullo sfondo ma diventa protagonista.
Il nesso tra i due libri è sicuramente la natura che plasma le persone che la vivono. Non è una quinta teatrale ma una vera e propria protagonista. I romanzi sono ambientanti in due tempi diversi, il primo è autobiografico e il secondo evidentemente no. Però… Ho quasi l’età di Shizo e anche io corro in mezzo ai boschi. Senza cronometri o scarpe ipertecniche.
- Tornando alla storia di Shizo, la sua è una storia sportiva ma soprattutto umana e di riscatto. Quando Fazi mi ha proposto di leggere il libro ero dubbiosa. Avevo paura di trovarmi di fronte a un libro sullo sport e suoi valori e invece mi si è aperto un mondo completamente diverso…
La parte sportiva è quella che mi ha dato la scusa per parlare di tutto il resto. Lo sport non è protagonista come invece la natura che come uno scultore plasma i suoi personaggi. Shizo si reinventa, cambia vita si integra con l’ambiente circostante.
- A proposito di integrazione c’è un altro personaggio chiave nel libro, la moglie del nostro protagonista. Anche lei vive la natura ma lo fa in un modo diverso da Shizo.
Lei vive in questo piccolo borgo in cui l’attività principale era la raccolta di alghe. Quando si sposano la prima cosa che fa è andare nell’orto. Lui riceve un sacco di insegnamenti: quando lui strappa le erbe è lei a spiegargli che ogni erba ha una sua utilità.
Quando sono andato a presentare La manutenzione dei sensi, ambientato in val di Susa, sono andato a presentare il libro a Biella e il giornalista che mi ha presentato mi ha chiesto se volevo andare a trovare un amico che coltiva quaranta tipi di patate. Ad ascoltarlo quel giorno c’erano più di duecento persone. Lui mi ha raccontato come è arrivato in possesso di tutti quei tipi. Contattando le vecchie signore delle borgate alpine. In dote si portavano i semi perché durante le carestie con i gioielli non si mangia, con i semi sì. Io ormai avevo già chiuso il libro ma quell’episodio mi è rimasto in testa e l’ho traslato ne Il guardiano della collina dei ciliegi.
- Hai detto che tu la natura la vivi. Quanto c’è di te nei tuoi libri?
Dico sempre alle persone: se vuoi conoscermi siamo qui a parlare ma se vuoi sapere tutto di me, leggi i miei libri. Scoprirai un sacco di cose. Questo secondo me vale per tutti gli autori. Io abito a Milano ma ho questa casa in Val di Susa e appena posso cerco di scappare lì. A volte vado lì anche da solo e alterno la scrittura a queste lunghe escursioni che durano tre o quattro giorni. Cerco sempre di andare in posti diversi. Durante queste camminate in montagna che faccio, e che fa anche Shizo, incontro sempre qualcuno con cui parlare. Paragono queste camminate alla scrittura, so da dove parto e so dove arriverò, mi prefiggo una meta ma non so cosa succederà durante. Quando scrivo ho già in mente un incipit e magari anche una conclusione ma quello che succede in mezzo è una sorpresa. Anche nel libro i personaggi si intrecciano e danno vita a nuove strade… è il bello della diretta.
- Tu sei un giornalista, da collega ti chiedo di parlarmi un po’ della nostra professione, come e quando hai cominciato? Ora il mondo del giornalismo è radicalmente cambiato.
Quando ho cominciato io non c’era internet. Ai miei tempi quando andavi in una redazione il caporedattore ti guardava i tacchi delle scarpe: se erano consumati eri un buon cacciatore di notizie. Ora le notizie che arrivano sono tantissime e vanno verificate, spesso sono in contrasto tra di loro. Sembra più facile ma in realtà non lo è. Io quando dovevo documentarmi avevo fonti sicure, dovevo fare un articolo sul Giappone? Chiamavo l’ambasciatore. Ora digitando su internet bisogna muoversi tra una marea di informazioni, vere o false.
- Leggendo la tua biografia ho visto che durante la tua carriera hai viaggiato molto, di cosa ti sei occupato e di cosa ti occupi ora?
Ho sempre fatto il freelance, mi chiamavano le testate e mi commissionavano gli articoli. Non li facevi? Ti lasciavano a casa. Ho cominciato a fare il giornalista con il botto. A 19 anni sono stato in Nuova Guinea e ho vissuto con una tribù per un mese e mezzo. Erano venuti in contatto con gli occidentali solamente qualche settimana prima. Ho venduto le foto per una cifra che mi sembrava altissima.
Mi hanno poi chiamato altri giornali per fare servizi simili e ho cominciato a girare come una trottola, erano altri tempi. Con i soldi del primo viaggio mi finanziavo il secondo e così via. Tra le altre fortune che ho avuto c’è stata quella della rivista di polo: ho potuto vivere in Argentina per documentarmi.Oggi sarebbe impensabile.
Ho anche frequentato un centro sperimentale italiano di giornalismo che hanno chiuso poco dopo. Ho avuto occasione di far lezione con Oriana Fallaci, Enzo Biagi, Giorgio Bocca. I corsi si tenevano la sera e una volta finiti si andava a casa del giornalista di turno.
E ora un po’ perché non me la cavo con l’informatica, un po’ per lasciare lo spazio ai giovani ho cominciato a fare lavori meno importanti. Ho scritto per dieci anni di enograstronomia, non posso lamentarmi ma era senza dubbio meno avventuroso. Oggi sono caporedattore di una rivista che si chiama Viaggi e Cammini. Ho trovato tre o quattro lavori giornalistici che non mi impegnino troppo, che non mi costringano a stare otto ore in redazione e mi lascino il tempo di scrivere.
- Tra una camminata e l’altra e un articolo e l’altro, hai in programma un nuovo romanzo?
Ho già iniziato a scriverlo. Quando mi metto al computer ho già le idee molto chiare in testa, so già che faccia hanno i personaggi e cosa dicono. Per me scrivere è trascrivere quello che ho in testa. Ieri mi hanno chiesto cosa provo quando finisco un libro, se sento il senso di vuoto. Sinceramente no, e se lo sentissi avrei pronta la ricetta: scriverne un altro. Quando ho scritto Il guardiano della collina dei ciliegi avevo già un’altra storia in testa e quindi l’ho elaborata in parallelo. Questa è ambientata in Italia ma in un periodo diverso, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Protagonista sarà ancora una volta la natura, ha funzionato… perché cambiare?
Durante un concorso che non ho vinto, un membro della giuria si è avvicinato e mi ha detto: “Le anticipo che non hai vinto il premio, ma volevo dirle che vorrei saper scrivere di natura come sa farlo lei”
(Qui la mia recensione)
Il guardiano della collina dei ciliegi
Il guardiano della collina dei ciliegi
La trama
Dall’autore de La manutenzione dei sensi, un romanzo profondo e commovente su un uomo che, dopo aver perso tutto, ritrovò se stesso nel silenzio della natura. Il guardiano della collina dei ciliegi, ispirato a una storia vera, ripercorre le vicende di Shizo Kanakuri, il maratoneta olimpico che, dopo una serie di vicissitudini e incredibili avventure, ottenne il tempo eccezionale di gara di 54 anni, 8 mesi, 6 giorni, 5 ore, 32 minuti e 20 secondi. Nato a Tamana, nel Sud del Giappone, Shizo venne notato giovanissimo per l’estrema abilità nella corsa. Grazie al sostegno dell’Università di Tokyo e agli allenamenti con Jigoro Kano, futuro fondatore del judo, Shizo ebbe modo di partecipare alle Olimpiadi svedesi del 1912 dove l’imperatore alla guida del paese, desideroso di rinforzare i rapporti diplomatici con l’Occidente, inviò per la prima volta una delegazione di atleti. Dopo un movimentato e quasi interminabile viaggio per raggiungere Stoccolma, Shizo, già dato come favorito e in buona posizione nella maratona, a meno di sette chilometri dal traguardo, mancò il suo obiettivo e, per ragioni misteriose anche a se stesso, sparì nel nulla dandosi alla fuga. Da qui ha inizio la storia travagliata di espiazione e conoscenza che porterà il protagonista di questo libro dapprima a nascondersi per la vergogna e il disonore dopo aver deluso le aspettative dell’imperatore, poi a trovare la pace come guardiano di una collina di ciliegi. Intrecciando realtà e fantasia, il romanzo di Franco Faggiani descrive la parabola esistenziale di un uomo che, forte di una rinnovata identità, sarà pronto a ricongiungersi con il proprio destino saldando i conti con il passato. Su La manutenzione dei sensi hanno scritto: «La manutenzione dei sensi si sviluppa seguendo una rotta interiore originale e commossa in cui è necessario cambiare per sopravvivere e dare un senso al tempo». Sergio Pent, «La Stampa» «Il male di vivere, oggi, si cura ad alta quota e la fuga dalla città spesso diventa una salvezza». Zita Dazzi, «Robinson – la Repubblica» «In questo libro, il lutto, la malattia diventano le armi di una salvezza che ha tutta la forza del vento». Jessica Chia, «Corriere della Sera» «La manutenzione dei sensi è un romanzo riuscito, sfaccettato e sentimentale, nel miglior senso possibile». Bianca Garavelli, «Avvenire»
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