Il mio cuore umano
La trama
L’indimenticabile storia di una famiglia molto particolare e della nascita inaspettata di una bambina speciale nella Toscana degli anni Cinquanta: a più di dieci anni dalla prima pubblicazione, torna il sorprendente romanzo di esordio di Nada Malanima.
Lirico, misterioso, toccante, e un po’ magico, basato sulla storia personale dell’autrice e della sua famiglia, Il mio cuore umano è il libro che ha rivelato il talento di narratrice di una delle artiste più amate degli ultimi cinquanta anni.
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– Diario –
Siamo nella Toscana degli anni Cinquanta e la piccola Nada ci racconta la storia della sua famiglia. Quando è nata, la mamma secondo il medico non avrebbe più potuto avere figli, e come è cresciuta.
L’atmosfera è intima, Malanima sussurra la sua storia. All’inizio non capisci dove voglia andare a parare, i personaggi descritti hanno tutti delle caratteristiche strane: chi si veste sempre di nero, chi nasconde i soldi nel materasso e si veste di velluto estate inverno, gli esaurimenti, le manie… ma poi mi sono resa conto che stava semplicemente descrivendo la vita di famiglia, una vita vissuta in paese. E diciamolo, in paese sembrano tutti strani. Però la vita lontano dalla città, e io lo so molto bene, ha tante scomodità e una grandissima forza: non si è mai da soli. Il dramma del vicino di casa è il nostro, la nonna che cade dalle scale in piena notte non sveglia soltanto gli abitanti di quella casa ma anche i vicini che si alzano e guardano l’ambulanza passare.
Era la fine di febbraio, esattamente il periodo di carnevale, da tutte le parti si festeggiava. Quella sera mio padre e mia madre erano andati a ballare in un paese vicino, mia madre ballò così tanto che le si consumarono i tacchi, continuò a ballare a piedi nudi, sembrava felice, tornata in sé, e la notte tardi tornando a casa mio padre fermò la vespa in una stradina di campagna e fecero l’amore sotto la luna piena. La mattina dopo quando mia madre si svegliò disse: «Gino, sono incinta». Mio padre pensò che era sicuramente l’effetto della bella serata che le faceva dire così perché i medici l’avevano detto chiaramente, non avrebbe mai potuto più avere figli…
Mi sono calata subito nell’atmosfera di Il mio cuore umano. Ci sono cose che ho vissuto e altre che ho sentito raccontare: ritrovarsi all’Arci per guardare la televisione tutti insieme, la presenza costante delle suore quasi parte della famiglia, il mancato riconoscimento di malattie come esaurimento e depressione. E ancora la semplicità di una vita che facciamo fatica a riconoscere, i bambini che girano per strada da soli, i pomeriggi immersi nella natura, la porta di casa che non viene chiusa e tutta una serie di azioni e di atti di fiducia che i nostri figli non conosceranno mai.
Le cose stavano cambiando aspetto, improvvisamente nascevano delle piccole costruzioni in alto attaccate ai muri: al mio paese il gabinetto in casa tanto desiderato fu la più grande conquista degli anni Sessanta che stavano per iniziare. Intanto i miei zii si compravano l’automobile, al circolo misero la televisione, il frigorifero, Wanda dell’emporio si prese la lavatrice la vita cambiò, soprattutto per le donne che con questi nuovi elettrodomestici faticavano di meno, ma non per mia madre, che continuò per molto tempo a farne senza.
Quella di Nada è una storia complicata, come tutte quelle vere, autobiografiche. Mamma rischia la vita pur di metterla al mondo e sceglie di chiamarla così dopo l’incontro con una zingara. Nada descrive i suoi primi ricordi di infanzia e tratteggia così il papà, schivo e silenzioso, la sorella amata e un po’ distratta, la nonna premurosa e forte, lo zio, burbero e taccagno e infine la mamma: vittima di un esaurimento piuttosto serio.
Nada colma come può quel vuoto che sente dentro. Si inventa un’altra mamma con cui parlare e a cui voler bene (sono righe che strappano le lacrime), trascorre più tempo con le suore. E’ così fragile…
La nostra protagonista è una bambina che non vuole mangiare, non ha fame. Ha bisogno di attenzioni ma è una bambina invisibile, lei nota tutto, ogni dettaglio, ma nessuno si accorge di lei.
Avevo l’abitudine di girare per le strade senza una meta e fantasticavo: immaginavo la vita dentro le case. Una grande stanza al centro con un camino sempre acceso e di fianco una scala di legno che conduceva nell’unica camera da letto spoglia come la mia. La prima ad alzarsi dalla donna che accendeva il fuoco, preparava la colazione e il cestino con il pranzo al marito che non tornava mai a casa mezzogiorno. Era ancora buio quando abbiamo uscita per andare a lavorare, allora lei svegliava i figli, preparava la colazione anche a loro, i vestiti, i libri e, una volta usciti per andare a scuola, cominciamo a pulire la casa e fra una faccenda dell’altra faceva da mangiare. Sulla stufa vicino alla finestra una grossa pentola d’acqua bolliva, bolliva per tutto il giorno. Era lei che la riempiva ogni volta che gli altri prendevano l’acqua calda per lavarsi. A metà mattina infilava nella cesta i panni sporchi, con uno straccio faceva un cerchio di stoffa che metteva sulla testa e sopra ci poggiava la grossa cesta e usciva. Andava a lavare al lavatoio comune che stava fuori dal paese: camminava con un passo svelto e sicuro nonostante il peso che portava. Sembrava incredibile che muovesse la testa, si girasse per guardarsi intorno e la cesta non cadesse.
Gli anni passano, la sorella sta per sposarsi e nella vita di Nada arriva la svolta. No, non sarà una piccola malformazione al cuore (il cosiddetto soffio) a cambiarle la vita, ma sarà qualcosa d’altro. Il canto. Le lezioni di canto, prese controvoglia – ancora una volta il suo parere non conterà nulla – le apriranno una porta in grado di cambiarle la vita: è il 1968 e quella che diventerà una grande artista, parte alla volta di Roma. Dove inizia la vita di Nada adulta finisce Il mio cuore umano.
Il mio cuore umano è…
Un diario. Il racconto malinconico di una ragazzina che ha dovuto fare i conti con difficoltà e privazioni. Una voce che non riusciva ad emergere, una vita che sembrava non poter controllare. Leggendo queste pagine si ha l’impressione di leggere davvero la confessione di una donna che alla fine, dopo anni e cambiamenti fa pace con il suo passato e anzi, rimpiange la sua vita in paese.
Il mio cuore umano è tutto un sussurro che arriva chiaramente alle nostre orecchie e ai nostri occhi. Alla fine del libro sono presenti anche alcune fotografie e l’ho trovato bellissimo. Malanima si denuda di fronte a noi: niente segreti, nessun artificio letterario, come se dicesse: “Vi racconto chi ero, chi sono e chi c’era con me”.
Avrei voluto che il libro durasse di più, volevo più dettagli su Fiorenzo, su Tito… sulle lezioni di canto, e così secondo me, si arriva troppo in fretta alla fine.
Consigliato per chi ha voglia di una storia intima, dal sapore antico e nostalgico. Leggete questa confessione, sarà un viaggio piacevolissimo.
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