La trama
L’amicizia, l’invidia, l’amore, lo smarrimento, il sesso, la paura, l’ambizione, i figli, gli uomini, le risate, il coraggio. E la libertà: conquistarla, gettarla via, riprendersela in un istante di grazia. Raccontare le donne significa raccontare una forza che all’improvviso squarcia tutto, oppure si nasconde, o cammina piano e prepara la strada a chi verrà dopo.
Che cosa pensano le donne, a che cosa credono, quante vittorie, sconfitte, speranze e segreti hanno dentro di sé? Quanta rabbia e quanto divertimento? Fuori dal solito affresco di eroine affrante, abbandonate, sottomesse, oppure impossibili e ribelli, c’è un mondo vivissimo, sorprendente e complesso che chiede di essere raccontato, e c’è il movimento mai stanco della scrittura e dell’esistenza. È la festa della società sovversiva delle ragazze. Annalena Benini è andata a cercare, fra i racconti più belli della narrativa mondiale, i luoghi in cui le donne dicono chi sono davvero, dentro il semplice e inesauribile groviglio dell’essere vive. Dal valzer con un imbranato di Dorothy Parker all’invidia di Kathryn Chetkovich per il fidanzato Jonathan Franzen, dal ricordo del tradimento in Alice Munro al pozzo in cui a volte cadono le donne nella visione di Natalia Ginzburg, fino alla vertigine del suicidio di Saffo secondo Marguerite Yourcenar. È un patto con la verità: non nasconderemo niente, ma è anche la scoperta di un’idea concreta, intima e spietata della realtà e della letteratura.
– Pregiudizi –
È stato un vero piacere scoprire Marguerite Yourcenar e Dorothy Parker, ma è stato altrettanto bello ritrovare Virginia Woolf e Clarice Lispector. Ed è stata una sorpresa scoprire che le protagoniste di queste storie non sono le scrittrici, ma le donne di ogni giorno. Alla fine di ogni racconto scelto da Benini, c’è il ritratto di queste donne. Un disegno appena accennato di quello che erano, che volevano essere o che sono diventate, partendo proprio dal loro racconto. Pagine che durano troppo poco ma che arricchiscono senza dubbio la raccolta.
Ma torniamo alle nostre protagoniste: sono donne frustrate, felici, infelici, stanche ma comunque persone che si mostrano senza veli di fronte al lettore e lasciano intravedere quel mistero che… solo le altre donne riusciranno a comprendere fino in fondo.
Ne I racconti delle donne c’è voglia di libertà, c’è la ricerca dell’identità, ci sono ostacoli da affrontare, paure di cui liberarsi, etichette che vanno strette. C’è chi si ribella ballando un valzer e chi, come Elsa Morante, ha le spalle curve per la vergogna perché è stanca di essere “quella che primeggia”.
Ero la prima della classe. Le altre bambine mi mettevano in tasca, di nascosto, dei torroncini o dei «coccetti», e cioè delle piccolissime pentole o padelle di coccio. Ma io sapevo che esse non mi amavano e facevano tutto per interesse, affinché io suggerissi e lasciassi copiare i compiti. Nessuna meraviglia, del resto, perché io stessa non mi amavo.
Dall’imbarazzo di una ragazza passiamo alla vita di una donna adulta. Una donna divorziata che deve fare i conti non solo con un’unione fallita ma anche con se stessa e con quello che la gente pensa di lei. Qui l’atmosfera ha una punta di malinconia appena accennata, Nora Ephron la nasconde dietro all’ironia dando vita a un racconto frizzante:
(…) La giornalista che doveva scrivere il pezzo era furiosa. Non l’avevo avvertita, e sicuramente era arrabbiata perché avevo accettato l’intervista e il servizio sulla nostra cucina coniugale, pur sapendo che stavo per divorziare. Ma la verità è che a volte proprio non lo sai. Sei sposata da anni e poi un giorno l’idea del divorzio si insinua nella tua mente. Se ne sta lì un po’. Ti ci avvicini e ti allontani. Fai una lista. Calcoli quanto ti costerà. Soppesi i torti subiti, i pro e i contro. Vai a letto con un altro, vai dallo psicanalista. E poi metti la parola fine al matrimonio, non perché sia successo chissà cosa, ma semplicemente perché c’è un posto dove puoi stare per un po’ mentre cerchi un appartamento, oppure perché tuo padre ti ha regalato tremila dollari.
Abbandoniamo anche questo scenario per buttarci a capofitto nelle pagine di Invidia, lo scritto che ho amato di più. Kathryn Chetkovich ci butta in una relazione classica, normale almeno all’apparenza. La coppia è composta da due scrittori: il compagno ha successo, lei no. Lei no. E’ questo a scatenare una serie di riflessioni nella nostra protagonista che nella sua mente è libera dalle maschere.
L’11 settembre il suo libro era uscito da circa una settimana. In quella giornata traumatica io e lui continuavamo a fare la spola tra l’appartamento e il televisore dell’agenzia immobiliare dell’atrio. Io provavo la sensazione del disastro, lo strano gelo della paura soffusa dal senso di ebbrezza all’idea che il mondo e tutte le sue consuetudini note potessero cambiare in un solo giorno.
Mentre cercavamo insieme a tutti gli altri di pensare a quello che era successo e a che cosa sarebbe successo dopo, c’era un’altra domanda che non facevamo: che cosa avrebbe significato per il suo romanzo? Ero certa che se lo stesse chiedendo, come me del resto, ma lasciai passare l’intera giornata senza parlarne. In quelle strane ora in cui tutto sembrava possibile non sembrava del tutto improbabile che il libro sul quale l’uomo che amavo aveva lavorato dieci anni scomparisse sotto i nostri occhi, eppure non dissi nulla.
Potrei raccontarveli tutti, potrei prendere tutti e venti questi racconti e dirvi cosa mi ha colpito. Da alcuni sono , rimasta folgorata, Yasmina Reza con pochissime parole mi ha stupito, da altri sono rimasti turbata: Claire Dederer mi ha instillato un dubbio impossibile da sciogliere, Maragaret Atwood mi ha strappato un sorriso con il suo sarcasmo e ognuna mi ha lasciato qualcosa. Ma non entrerò in ulteriori dettagli. Perché è un libro troppo bello per essere raccontato minuziosamente. Ricchissimo di diversità I racconti delle donne riesce alla fine a creare un’armonia unica, imprevista ma bellissima. Tutte queste donne -e ricordiamo che il libro si apre con l’immensa Woolf – scrivono in maniera differente, raccontano esperienze diverse e vivono tutte (anche fuori dalle pagine) un periodo particolare. Eppure queste venti donne raccontano di noi.
I racconti delle donne è…
Un libro che abbatte ogni pregiudizio. Le donne non scrivono solo letteratura rosa. Questo è un pregiudizio duro a morire e questa raccolta sfata un falso mito. Sono tutti racconti di altissima qualità e colpiscono per motivi diversi perché ogni penna, come abbiamo già ripetuto, è radicalmente differente. E’ un libro consigliato per gli amanti dei racconti e non solo, è una raccolta da regalare e da far conoscere.
L’approfondimento, sempre a cura di Benini, alla fine di ogni capitolo è molto interessante ma purtroppo troppo breve. Avrei apprezzato qualche pagina in più per poter scendere nei dettagli e conoscere meglio le autrici. Io non ho letto I racconti delle donne senza spezzarlo, mi ha fatto compagnia per diverse sere e quando sono arrivata all’ultimo brano… ecco lì sono rimasta sconvolta. Le donne hanno avuto una stanza tutta per sé ma… sono riuscite a riempirla?
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