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Dieci motivi per leggere Guerra e pace (Lev Tolstoj)

Guerra e pace - Lev Tolstoj - Einaudi
Dieci motivi per leggere Guerra e pace (Lev Tolstoj)

Guerra e pace

Autore:
Traduttore:
Pubblicato da:
Data uscita:
04/12/2018

Pagine:
1560
Genere:
ISBN:
9788806241216
ASIN:
B07KZ9N84V
Acquista:

La trama

«'Guerra' è il mondo storico, 'pace' il mondo umano. Il mondo umano interessa ed attrae particolarmente Tolstoj soprattutto perché egli è convinto che ogni uomo - di ieri, di oggi, di domani - valga un altro uomo...» (Leone Ginzburg). La più autentica epopea narrativa della letteratura moderna. Sullo sfondo della crisi europea degli inizi dell'Ottocento, si intrecciano le vicende dei membri di due famiglie dell'alta nobiltà russa, i Bolkonskij e i Rostov, fra i quali emergono le figure di Natasa Rostova, Andrej Bolkonskij e Pierre Bezuchov. Tolstoj accompagna i tre protagonisti, simboli dell'armonia del mondo, attraverso balli, battaglie, matrimoni, morti, partecipando direttamente alle loro inquietudini e dando voce ai moti interiori del cuore.

 -Teatro – 

Guerra e pace di Lev Tolstoj (Einaudi)  è un libro che non ho il coraggio di “recensire”. E’ stata un’esperienza troppo intensa e questo articolo somiglierà poco agli altri. Se leggi un libro straordinario devi anche trovare le parole giuste e forse quelle non le avrò mai. Per questo motivo mi limiterò a raccontarvi (ma quello lo faccio sempre) le impressioni e le sensazioni provate durante la lettura, a costo di lasciare indietro dettagli su trama e personaggi.

Guerra e pace - Lev Tolstoj - EinaudiAppena terminato ho scritto di getto queste parole:

“Oggi avevo bisogno di leggere come chi ha bisogno di respirare dopo una lunga apnea. Oggi sono arrivata alla fine di un viaggio lungo 1500 pagine. Oggi ho salutato un libro di storia, un romanzo d’amore, una confessione, un racconto corale. Oggi vorrei non averlo finito, per poterlo leggere per la prima volta. Forse dopo Guerra e pace non si è più gli stessi”

Guerra e Pace non è un libro difficile per via della mole. Lo so, pensare di buttarsi in un’avventura lunga millecinquecento pagine fa paura, ma non è un reale ostacolo. Ho fatto davvero fatica all’inizio, le prime cento (ma diciamolo anche duecento pagine) sono state lunghe. Ho faticato a calarmi nella storia, a ricordare i personaggi e soprattutto a leggere il maledetto francese! Nell’edizione che ho affrontato io alla fine del libro sono riportate tutte le traduzioni dei dialoghi. Lo so, sembra un’ovvietà, ma per me che non conosco neanche una parola di francese è stata un po’ una sofferenza ribaltare il libro e andare a cercare le frasi!

A metà del primo libro però, qualcosa è cambiato. Improvvisamente, per me, si è fatta interessante la figura di Nataša Rostov, la sua storia d’amore con il coraggioso Andrej non è priva di insidie.  Ed è lì, il giorno in cui mi sono presa due ore intere per leggere che ho capito di aver ritrovato il mio Tolstoj, quello di Anna Karenina. Ecco perché ho deciso di darvi dieci motivi per intraprendere questo viaggio che tanto mi ha ricordato il teatro, con i personaggi che si affacciano su una scena in costante cambiamento.

Di Tolstoj mi ha colpito la chiarezza, che  parli di una pianta (ho adorato la descrizione di una quercia) o che parli dell’indecisione di un amore (il dubbio di Nataša è stato anche il mio), o che descriva la battaglia di Pierre (quella che quotidianamente affrontiamo) riesce sempre ad arrivare dritto al cuore.

Ecco qui i miei dieci motivi per leggere Guerra e pace, volutamente non mi sono dilungata, non voglio rovinare la sorpresa a nessuno.

La descrizione dei personaggi

Guerra e pace - Lev Tolstoj - Einaudi

I personaggi di Tolstoj non vengono descritti, ma prendono vita tra le pagine. Non li conosciamo subito, proprio come succede con le persone reali.  Protagoniste due famiglie:  Rostov e Bolkonskij e ovviamente la guerra.  All’inizio credevo che il mio protagonista preferito sarebbe stato il coraggioso Andrej, quanto mi sbagliavo. Perché alla fine sono rimasta conquistata da Pierre, alterego dello stesso Tolstoj, costantemente dilaniato dai dubbi.

Nataša  all’inizio non riuscivo a sopportarla. Solamente dopo diverse pagine, anche e soprattutto quando si comportava male e si sentiva confusa e stranita,  ha suscitato in me una grande tenerezza e perché no, mi ha ricordato me stessa.

Arrivati alla fine del viaggio si ha come l’impressione di essere stati via qualche settimana in compagnia della propria famiglia. Alla fine del libro, le sensazioni sono opposte: da una parte non vedevi l’ora di respirare per conto tuo e quando lo fai ti senti sollevata, dall’altra non si può non avvertire il senso di mancanza.

Non è un romanzo troppo lungo

E’ vero, all’inizio è faticosissimo e portarselo in giro sostituisce l’abbonamento alla palestra ma, ma arrivati verso la fine vi accorgerete che le pagine erano appena sufficienti. Dentro Guerra e pace c’è un mondo: sì c’è una grande storia d’amore, c’è la guerra e l’esperienza di Andrej, ma ci sono anche i dilemmi morali, la religione, le leggi del mondo, la storia… Guerra e pace è letteratura, Guerra e pace è vita e nessuno può condensare la vita in trecento pagine.

È meglio di un libro di storia

Sono un’amante della storia e devo dire che in Guerra e Pace non solo ci sono personaggi realmente esistiti (che si mescolano a quelli inventati) ma potrebbe essere un ottimo libro per ripassare battaglie e avvenimenti storici. Perchè? Perché se sui nostri manuali si trovassero passaggi come quello di Andrej che viene ferito in battaglia… passeremmo le nostre giornate a studiare, ad interrogarci:

«Che cos’è? Sto cadendo? Mi cedono le gambe», pensò e cade sul dorso. Aprì gli occhi, sperando di vedere com’era finita la lotta dei francesi con gli artiglieri e desideroso di sapere se l’artigliere rosso era stato ucciso oppure no, se i cannoni erano stati presi ho salvati. Ma non vedeva nulla. Sopra di lui non c’era più nient’altro che il cielo- un cielo alto , non limpido, e tuttavia incommensurabilmente alto, con nuvole grigie che vi scorrevano piano. «Com’è tutto silenzioso, quieto e solenne, non come quando correvo, – pensò  il principe Andrej, – non come quando correvamo, gridavamo e ci battevamo; non come quando il francese e l’artigliere si contendevano lo scovolo, con le facce furiose e spaventate: le nuvole scorrono in modo completamente diverso in questo cielo alto e infinito.  Ma come ho fatto a non vederlo prima, questo cielo alto, e come sono felice di averlo finalmente conosciuto. Sì! Tutto è vano, tutto inganno, tranne questo cielo infinito. Non c’è niente, niente all’infuori di questo. Ma non c’è neppure questo, non c’è nient’altro che silenzio, pace ritrovata. E grazie a Dio!… »

Dimostra l’insensatezza della guerra

Tolstoj ha scritto un romanzo ma ciò non significa che dentro non ci siano opinioni o prese di posizione.  Il disappunto nei confronti di Napoleone, un guerrafondaio assetato di potere è chiara:

Alla fine del diciottesimo secolo si riunirono a Parigi una ventina di persone che presero a dichiarare che  tutti gli uomini sono liberi e uguali. Per questo movimento in tutta  la Francia gli uomini cominciarono ad uccidersi e ad affogarsi a vicenda; mandarono a morte il re e molti altri personaggi. Proprio in  questo periodo si trovava in Francia un uomo di genio: Napoleone. Egli  vinse tutti dovunque, ossia uccise molta gente, perché era molto
geniale. E andò anche a uccidere, chissà mai perché, gli africani; e li uccise così bene, dimostrando tanta astuzia e tanta intelligenza  che, rientrato in Francia, ordinò a tutti di sottomettersi a lui. E tutti gli si sottomisero. Divenuto imperatore, andò di nuovo a uccidere altra gente in Italia, in Austria e in Russia.

Universale

Il racconto di Tolstoj è universale. D’accordo, parla di uno stato diverso dal nostro, di un’altra epoca ma in realtà sta parlando di noi. Tutti ci siamo trovati di fronte al dilemma morale di Pierre, tutti abbiamo perso qualcuno che amavamo, abbiamo desiderato fuggire, dimenticarci di una parte di noi. Abbiamo assistito a conflitti, abbiamo sospirato, guardato chi amiamo invecchiare, ricominciare, vivere.

Per essere felici bisogna credere anzitutto nella possibilità di esserlo: io adesso ci credo.

Chi ama la letteratura non può non averlo letto

Guerra e pace - Lev Tolstoj - EinaudiArriva per tutti il momento in cui bisogna fare i conti con i classici non letti. Dieci anni fa mi ero buttata (con più incoscienza) su Anna Karenina e avevo amato tutte le pagine, comprese quelle che non potevo capire. Quando mi sono avvicinata a Guerra e pace avevo paura di non riuscire ad apprezzarlo, di non arrivare in fondo… e invece ho trovato un libro che non vale cinque stelle, ma cinquemila. Chi ama la letteratura e non solo quella russa, deve avventurarsi in un romanzo così. Ho scritto “non si è più gli stessi dopo Guerra e pace” ed è così. Si arriva alla fine esausti perché il lettore ha avuto la possibilità di vivere decine di vite, oltre alla propria.

«Temo la morte di Tolstoj. Se lui morisse, nella mia vita resterebbe un grande vuoto. Primo, non amo nessuno quanto lui: non sono credente, ma fra tutte le fedi è proprio la sua che ritengo più vicina e adatta a me. Secondo, finché nella letteratura c’è Tolstoj, è facile e piacevole essere un letterato; perfino essere cosciente di non aver fatto e di non fare nulla non è così spaventoso, perché c’è Tolstoj che fa per tutti. La sua attività giustifica tutte le aspettative e le speranze che si ripongono nella letteratura. Terzo, Tolstoj sta saldo, la sua autorità è enorme, e finché lui è vivo il cattivo gusto in letteratura, ogni cosa volgare, sfrontata e lacrimosa, ogni ruvida e astiosa suscettibilità resterà lontana, nell’ombra profonda. Solo la sua autorità morale è in grado di mantenere a una certa altezza i cosiddetti umori letterari e le correnti. Senza di lui sarebbero solo un gregge senza pastore o un guazzabuglio in cui sarebbe difficile orientarsi».
Anton Čechov

La semplicità dello stile

Guerra e pace andrebbe letto anche solo per la semplicità dello stile e per questo bisogna anche ringraziare la traduzione di Emanuela Guercetti . Non ci sono paroloni, frasi arzigogolate per descrivere situazioni o persone: oggi diremmo noi che Tolstoj scrive anche per la casalinga di Voghera. C’ è solo da imparare.

Fa conoscere la Russia

Quando ero ragazzina la Russia mi affascinava, mi sembrava lontanissima e distantissima da noi. Complici i film americani che facevano vedere  russi come nemici, mi è sempre rimasto il pallino di voler visitare questo Paese. Crescendo, la curiosità non è scomparsa ma mi sono imbattuta in pochi autori russi, fino a quest’anno. Ecco, Guerra e pace è un ottimo modo per conoscere la Russia, anche se stiamo parlando del 1800.

E’ un’iniezione di ottimismo

La vita è dura, durissima, eppure c’è sempre un motivo per sorridere, per viverla. Chiuso il libro, a parte lo smarrimento iniziale, si ha voglia di gridare al mondo che la vita è bella, nonostante tutti i nonostante!

Per essere felici bisogna credere anzitutto nella possibilità di esserlo: io adesso ci credo.

Anche nelle disgrazie è possibile trovare un motivo per sorridere.

Il finale

Tutta la fatica delle prime pagine viene ripagata dall’ultima parte, dalle considerazioni finali che vanno al di là delle singole vicende dei personaggi. L’analisi di Tolstoj è tutt’altro che superficiale e investe il campo umano, storico, universale… insomma per arrivare al finale dovete mettervi di impegno, ma non rimarrete delusi.

Potevo sbilanciarmi di più? Forse… ma è stato uno scritto di getto e ho pensato a cosa avrei voluto sapere io se non l’avessi letto. Poco della storia, tanto su ciò che lascia.  Se lo avete letto ditemi i vostri motivi e insieme potremo approfondire. Non l’avete fatto? Ditemi cosa vi spaventa o non vi convince.

Alcune note su Lev Tolstoj

Nato in una famiglia di antica nobiltà, rimasto orfano della madre a due anni e del padre a nove, Lev Tolstoj fu allevato da alcune zie molto religiose; trascorse l’infanzia e l’adolescenza tra Mosca, la grande tenuta familiare di Jasnaja Poljana e Kazan’, dove nel 1844 si iscrisse all’università, frequentando prima la facoltà di studi orientali, poi quella di giurisprudenza, che concluse nel 1850. In questi anni, disordinati e tempestosi ma anche nutriti da intense letture (J.-J. Rousseau, A. Puskin, N. Gogol’, L. Sterne), cominciò a tenere un diario, che continuò poi per quasi tutta la vita. Nel 1851-53 partecipò alla guerra contro il Caucaso, prima come volontario, poi come ufficiale di artiglieria. Il suo debutto letterario (Infanzia, 1852, prima parte di una trilogia autobiografica completata da Adolescenza, 1854, e Giovinezza, 1857) rivelò subito in lui uno scrittore di grande talento. Seguirono alcuni racconti sempre a sfondo autobiografico come L’incursione (1853), storia dell’autentico assalto di un battaglione russo a un villaggio caucasico. Nel 1853, scoppiata la guerra russo-turca, T. chiese di essere trasferito a Sebastopoli, dove in combattimenti cruenti si decideva la sorte della guerra. La guerra di Crimea, violenta e disastrosa per l’esercito russo, diede a T. argomento per alcuni racconti: Il taglio del bosco (1855), La tempesta di neve (1856), I due ussari (1856) e soprattutto il ciclo dei tre Racconti di Sebastopoli (1855-56), la cui pubblicazione, autorizzata con grandi difficoltà dalla censura, suscitò enormi polemiche per la spietata descrizione della guerra, dell’eroico comportamento dei soldati semplici, del molto meno irreprensibile comportamento degli ufficiali. Congedatosi dall’esercito, T. compì un lungo viaggio in Europa (Francia, Svizzera, Germania, Inghilterra), dove conobbe P.-J. Proudhon, A. Herzen, Ch. Dickens e assisté con disperato dolore alla morte del fratello Nikolaj, ammalato di tubercolosi. Nei nove anni che vanno dai Racconti di Sebastopoli alla prima parte di Guerra e pace (1865), T. pubblicò qualche racconto, fra cui I cosacchi (1863), ispirato ai ricordi del Caucaso e segnato dalla nostalgia per la vita a contatto con la natura, lontano dalla civiltà ipocrita e corruttrice. All’inizio degli anni ’60 decise di rifugiarsi nella sua tenuta di Jasnaja Poljana, dedicandosi alla gestione della proprietà, all’istruzione dei figli dei contadini nella scuola da lui stesso fondata, ed elaborando una serie di principi pedagogici (pubblicati nella rivista «Jasnaja Poljana», il cui primo numero uscì nel 1862, in alcuni saggi come Sull’importanza dell’istruzione popolare, 1862, e in opere letterarie come I quattro libri di lettura, 1873), che costituiscono ancor oggi materia di interesse e di studio. Si sposò nel 1862 con Sof’ja Bers, da cui ebbe tredici figli (di cui cinque morti in giovanissima età).

I GRANDI ROMANZI. In sette anni T. portò a termine il suo più vasto romanzo, Guerra e pace (1863-69): partito dal progetto di narrare la rivolta dei decabristi del 1825, spostò poi il suo interesse sul periodo 1803-13, dove secondo T. si erano condensati i problemi sociali e politici dei decenni successivi. Il romanzo è delimitato da due date: il 1805, anno della prima sfortunata campagna contro Napoleone, chiusa dalla sconfitta di Austerlitz, e il 1812, anno della travolgente guerra patria che vide insorgere tutto il popolo russo in difesa della propria terra. Sullo sfondo delle due campagne si intrecciano le vicende dei membri di due famiglie dell’alta nobiltà, i Bolkonskij e i Rostov, portatori di valori genuini, contrapposti al corrotto clan dei Kuragin, depravati e disonesti. Tre sono i protagonisti: Natasa Rostova, creatura forte e purissima, di una straordinaria, immediata poesia, simbolo di quell’«armonia del mondo» che l’autore andava inseguendo. Accanto a lei, due figure maschili di grande statura morale: il principe Andrej Bolkonskij, che, in polemica con la fatua società pietroburghese, affronta l’esperienza della guerra, della prigionia e dell’infelice amore per Natasa, raggiungendo con la morte una purificazione spirituale nella fede cristiana; e Pierre Bezuchov, attratto inizialmente dai falsi valori impersonati dalla bella e vanitosa Hélène Kuragina, ma in realtà dominato da una profonda, ansiosa ricerca spirituale, che culmina nell’incontro con il soldato-contadino Platon Karataev, l’uomo giusto per eccellenza, simbolo dell’incontaminata purezza del popolo russo. È proprio da lui che Pierre assorbe il messaggio di fede, fatto non di riti o parole, ma di partecipazione profonda e autentica alla sofferenza, all’esistenza collettiva. Nel romanzo T. condensò il suo pensiero sulla storia, fatta secondo lui non dai grandi condottieri, ma dalla volontà delle masse, dal loro slancio e dalle loro segrete convinzioni, di cui i capi sono soltanto interpreti più (Kutuzov) o meno (Napoleone) attenti.
Il romanzo successivo, Anna Karenina (1873-77), nacque come storia di un adulterio, consumato nel¬ l’ambito dell’alta società. Anna, moglie del noioso e rigido avvocato Karenin, si innamora del bell’ufficiale Vronskij: va a vivere con lui, con un gesto ribelle alle convenzioni che crea scandalo. Divorata da una passione senza sollievo, da una gelosia ingiustificata, messa al bando dal proprio ambiente, Anna si suicida, mettendo così sotto accusa soprattutto l’atteggiamento gretto, conformista, puritano della società del suo tempo che troppo facilmente condanna e respinge chi non si adegua ai suoi rigidi canoni. Nel romanzo c’è un altro personaggio significativo, il proprietario Levin, dedito alla conduzione delle proprie terre: egli è alla costante ricerca di una via spirituale su cui costruire la propria vita e la trova nelle parole di un vecchio contadino, che lo spinge, come Pierre in Guerra e pace, a trovare il bene nella comunione di vita e di fatiche con il popolo.

LA CRISI SPIRITUALE. Concluso Anna Karenina, che ebbe un successo clamoroso, T. attraversò un periodo di profonda crisi spirituale, che coinvolse tutta la sua esistenza e i suoi valori: così, nella prima metà degli anni ’80, si dedicò a opere di carattere morale e religioso, volte a chiarire a sé stesso prima che al lettore le radici del proprio tormento (Confessione, 1879-80; In che cosa consiste la mia fede, 1882-84; Saggio di teologia dogmatica, 1879-80; traduzione dei Vangeli, 1880-81). Alcune di queste opere vennero considerate dannose dalla censura ecclesiastica, sempre più in polemica con lo scrittore (fece fra l’altro vietare la rappresentazione del dramma La potenza delle tenebre, che venne presentato solo all’estero); nel 1901 il sinodo della chiesa ortodossa decise di scomunicarlo. Vennero delineandosi in questi anni le teorie della non resistenza al male (che attirò il giovane Gandhi, di cui esiste una corrispondenza sull’argomento con T.), del rifiuto di ogni forma di violenza, dell’aiuto a chi soffre ingiustamente (i contadini oppressi, le vittime di carestie, i seguaci di sette perseguitate come i molokany e i duchoborcy, alla cui emigrazione in Canada egli collaborò offrendo i diritti di autore di Resurrezione). L’inquietudine e la ricerca morale di T. ebbero riflessi mirabili in una serie di racconti di assoluta perfezione stilistica e contenutistica, come La morte di Ivan Il’ic (1887-89), sul senso che l’uomo cerca di dare alla propria vita attraverso l’esperienza della morte imminente; La sonata a Kreutzer (1889-90), contro l’educazione sessuale nella società moderna; i drammi La potenza delle tenebre (1886), I frutti dell’istruzione (1886-89) e l’ultimo romanzo, Resurrezione (1889-99), in cui il protagonista Nechljudov è giurato al processo dove viene condannata la donna da lui un tempo sedotta; divorato dal rimorso, abbandona la sua vita di agiato possidente per seguirla e salvarla dall’ergastolo: respinto da lei, si rifugia nella parola evangelica e nella certezza di una vita morale migliore. L’ultimo decennio vede allinearsi altri capolavori, come Chadzi-Murat (1896-1904, pubblicato nel 1912), La cedola falsa (1902-04, pubblicato nel 1911), Padre Sergio (1890-98, pubblicato nel 1912), Appunti postumi dello starec Fëdor Kuz’mic (1905, pubblicato nel 1912), Dopo il ballo (1903, pubblicato nel 1911), dove gli assilli etici dell’autore si intrecciano con violenti atti d’accusa alla società del suo tempo. Accanto a queste opere di straordinaria forza artistica, negli ultimi anni T. scrisse racconti che rispecchiano le problematiche a lui vicine, come i racconti «popolari», dove nella rassegnata morale dell’uomo dei campi T. indicò un esempio di grandezza e di sublime tolleranza (Padrone e servo, 1894-95; Iljas, 1885; Il cero, 1885; Di che vivono gli uomini, 1881; Alesa Gorsok, 1896; Se trascurerai il fuoco non lo spegnerai, 1897-98); o altri, dove prese coraggiosamente posizione su scottanti problemi politici di attualità (Ha bisogno di molta terra l’uomo?, 1904; Divino e umano, 1905; La schiavitù del nostro tempo, 1900; Perché?, 1906; Chi sono gli assassini, 1908-09; Non posso tacere, 1908, in difesa dei rivoluzionari del 1905).
Nel 1897 portò a termine un saggio, destinato a suscitare polemiche accese, nel quale raccolse le proprie idee sull’arte: Che cos’è l’arte, in cui sostenne che il valore di un artista si misura sulla maggiore o minore rispondenza al sentimento e alla coscienza religiosa del suo tempo e di tutto il suo popolo e non di un ristretto gruppo di privilegiati o eletti. Se l’arte non è accessibile e comprensibile agli uomini più semplici, non è arte ma strumento di corruzione e sintomo di decadenza. In vecchiaia T. venne fatto oggetto di autentica venerazione: Jasnaja Poljana era meta di un pellegrinaggio ininterrotto di scrittori, scienziati, politici, religiosi, uomini comuni, giovani da tutte le parti del mondo, attirati dall’inestinguibile attività intellettuale del grande vecchio. Ma, accanto alla fama, cresceva il doloroso conflitto familiare: la moglie non condivideva il suo desiderio di rompere con un’esistenza che contraddiceva i principi da lui propugnati, il suo desiderio di non trasformare l’arte in professione, di non ricevere vantaggi materiali, di non possedere alcunché, la sua rinuncia ai diritti d’autore per aiutare i contadini di Jasnaja Poljana a riscattare la terra, a rendersi indipendenti. Dopo aver più volte meditato la fuga per sottrarsi ai ricatti e alle minacce della famiglia, il 28 ottobre 1910 T. abbandonò la sua casa, ma, ammalato, il 31 fu costretto a fermarsi alla stazione di Astapovo, dove morì il 7 novembre. I suoi funerali ebbero un’enorme partecipazione popolare, nonostante i tentativi delle autorità di limitarla.

Fonte: Enciclopedia della Letteratura, Garzanti 2007

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9 COMMENTI

  • FABRIZIO RENALDINI

    Buongiorno, spinto dall’ennesima rilettura – la quarta a quasi sessant’anni – ho cercato qualche riflessione sul web imbattendomi nei dieci motivi qui sopra, e trovandoli interessanti.
    Ho apprezzato le osservazioni, non ho critiche da fare e volevo solo confrontarmi aggiungendo qualche osservazione da un punto di vista diverso.

    Un appassionato di letteratura, o di storia, o anche solo una persona che cerca di capire il perché delle proprie scelte, arrivato ad una certa età spero abbia trovato il tempo di entrare in questo romanzo, che vale immensamente di più della propria fama.
    E’ talmente ricco, realistico, affascinante e terribile da sembrare diverso ad ogni rilettura, a patto che sia passato un numero sufficiente di anni da cambiare il tuo punto di vista sulla vita.
    Per capirci: ho trovato Natasha meravigliosa nella mia prima lettura, a diciotto anni; restava una ragazza interessante nella seconda, ma ora che lei ha ormai l’età di una figlia mi sembra una ragazzina intelligente, generosa e sincera ma con dei difettacci da correggere e tante cose ancora da capire, insomma che va aiutata a crescere.
    Al contrario, a sessant’anni mi sembra affascinante, per la sua forza spirituale e la sua capacità d’affetto, la principessina Marja che nella prima lettura a malapena avevo notato.

    Forse, paradossalmente, un grosso problema è la presenza di tutto questo materiale in un’unica opera; è di una ricchezza tale che non si può capirla tutta in un colpo solo, in una sola lettura.

    Ad esempio, bisogna oltrepassare l’ambiente mondano delle prime cento pagine, “eh bien mon prince…” e le conversazioni in francese.
    Ma come faremmo a capire il disprezzo di Andrej, l’imbarazzo che provoca Pierre e lo splendore della piccola Natasha senza quelle pagine ed il vuoto che rappresentano?
    Certo che quelle scene sono noiose, sono lì apposta: servono proprio a preparare l’entrata in scena dei personaggi, il contrasto che crea ognuno di loro è un modo per iniziare a conoscerli, la spinta iniziale del racconto.
    Io credo sia esattamente il piano di Tolstoj, che ricorda una piccola malizia dei libri di Eco (penso ad esempio al Pendolo), una sfida che suona grossomodo così: caro lettore, se superi le prime cento pagine arriverai alla fine del libro capendone il senso; in caso contrario fai bene a lasciar perdere, avresti speso inutilmente il tuo tempo.

    Non ho mai trovato un altro scrittore simile a Tolstoj, e a questo punto penso che non lo troverò (come succede nella musica con i Beatles e Chopin).
    Per tanti motivi diversi: la ricchezza delle descrizioni storiche, l’incredibile realismo dei personaggi e delle scene (alcune delle quali sono completamente femminili, come ad esempio i colloqui di Natasha e sua madre, o i pensieri nascosti di Marja Bolkonskaja; come poteva Tolstoj conoscerli, o immaginarli con quel realismo?).
    Per la capacità di fare succedere ai propri personaggi cose realistiche ma sempre diverse da quelle che vorresti per loro, non con l’intenzione di far star male il lettore (come sembra fare invece Dostojevskji) ma perché il mondo va così, come vuole lui ed un po’ a caso, non come desideriamo noi.
    Un altro aspetto unico, questo più interiore, è la conoscenza dei meccanismi dell’animo umano con tutte le loro contraddizioni: ad esempio Natasha è una ragazza intelligente ed onesta, ma rischia di compromettere per sempre la propria vita con un perfetto idiota come Anatolj Kuraghin (del resto, Pierre è un uomo onesto che ha la disgrazia di sposarne la sorella).

    Sebastiano Vassalli in una sua intervista sostiene che nel corso del 900 il romanzo si è ristretto ed è spesso confinato a quello che accade a poche persone, ad un nucleo familiare, ad una dimensione privata; penso abbia ragione, mi vengono in mente molte letture che confermano questa idea e pochissime che la contraddicono.
    Tolstoj è lontano da questo approccio, se ci chiediamo chi è il vero protagonista di guerra e pace una risposta oggettiva non c’è (o ce n’è una assolutamente ovvia, “la guerra e la pace”).
    E’ un libro collettivo, un coro coi solisti, un tessuto ricco fatto di tanti fili diversi, dove anche personaggi secondari sono a loro modo protagonisti per alcune pagine: penso a Dolochov, alla principessina Marja, allo stesso Anatolj e sua sorella Hélène, alla povera Lisa, tutti a loro modo personaggi veri, presenti e che rubano la scena ogni volta che ci entrano.

    Per concludere, a me sembra ci sia un motivo principale per leggere – e rileggere – questo meraviglioso e terribile romanzo: se sei un lettore a cui piace la verità, se dietro le apparenze vuoi capire per quali motivi le persone si muovono sulla scena del mondo (certo il desiderio, la gloria, il denaro ed i potere ma anche l’affetto, la volontà di capire, il sacrificio di sé e l’accettazione della vita) questo libro ed i suoi personaggi sono una fonte inesauribile di emozioni e riflessioni, sempre valide ed attuali (e proprio per questo non sempre piacevoli): Tolstoj sembra pensare – ed io con lui – che col tempo cambiano le scene ed le parole, ma non quello che c’è dentro gli uomini.

    Ma se cerchi una lettura consolante, o formule facili che spiegano tutte le cose, probabilmente la conversazione sulla “grippe” di Anna Pavlòvna metterà fine alla tua lettura, con buona pace di Lev Nikolaevic: non vi mancherete, a vicenda.

  • Ignorante

    Da tempo ho iniziato la lettura di Guerra e Pace ma non riesco ad andare avanti. Lo trovo noioso e perverso nel tentativo di intrattenere il lettore menzionando una nomenclatura di una oziosa aristocrazia russa che ti vuole intrattenere con discussioni inutili e nel contempo non costruisce alcuna trama interessante. Non parlo poi dei numerosi personaggi che vagano nel racconto i cui nomi è impossibile ricordare. Mi domando: quale lettore è deciso a proseguire la lettura di un romanzo quando le prime 200 pagine sono un polpettone insipido? Fortunatamente esistono i critici letterari che suggerisco al comune lettore che hai in mano un capolavoro che puoi solo elogiare e devi andare avanti.
    Ignorante Anonimo.

    • Ma chi l’ha detto che devi andare avanti? Io ho odiato Cent’anni di solitudine, ho mollato Il conte di Montecristo… il valore letterario di un’opera è una cosa, il gusto un’altra. Molla e goditi la vita 😉

  • Lillina Legnani

    Ho apprezzato moltissimo quello che ha scritto su Guerra e Pace perché e un libro che ho amato infinitamente. Letto la prima volta a sedici anni sull’onda del film con Audrey Hepburn e Nel Ferrer. Riletto a trent’anni con un altro spirito ….

  • Mattia

    Sto iniziando l’audiolibro di Guerra e pace. 75 ore. Un avventura. Mi é venuta voglia di imbattermi in Guerra e pace perche ho appena terminato Vita e Destino. Uno dei libri che piú mi ha colpito. Grazie per questo articolo, prezioso

  • UMBERTO rondi

    GRAZIE

  • Ferruccio Benedetti

    Condivido tutte le considerazioni esposte. Aggiungerei che si tratta di un libro colmo, vorrei dire permeato di spiritualità’: in tutti i personaggi, in tutte le vicende, persino nei capitoli della guerra, salvo rare eccezioni, un velo, una atmosfera sovradimensionale e sovrareale avvolge e sembra “legare” tutti gli avvenimenti (vedi epilogo).
    E’ proprio vero “non si è più gli stessi dopo Guerra e pace”

  • Jacopo Zerbo

    Hai descritto le sensazioni che anch’io ho provato leggendo questo che è molto più di un romanzo. Tutta la vita è in Guerra e pace. È come tornare a casa, una casa che non sapevamo nemmeno di avere, e in cui invece ci riconosciamo a ogni stanza.

    • Vic

      È vero, ma al tempo stesso è una casa che sa d’infanzia, perduta.

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