Al Book Pride di Genova ho partecipato all’incontro con l’autore Valerio Aiolli, il suo Nero Ananas (Voland) è arrivato nella dozzina finalista del Premio Strega di quest’anno.
Sono sempre stata affascinata dai cosiddetti Anni di piombo. La storia di un’Italia che io non ho vissuto ma che mi è stata raccontata da genitori e nonni.
Quello di Aiolli è un romanzo che mescola finzione e fatti realmente accaduti dal 1069 a 1973. Lo scrittore presentato da Andrea Plebe, giornalista del Il secolo XIX, ci ha raccontato le scelte stilistiche del romanzo, tra ricerche da effettuare, voci da inventare e storia da rispettare.
L’autore ha vissuto da ragazzino il periodo delle stragi, proprio come il protagonista di Nero Ananas. Sono anni complessi: il boom economico, la violenza tra bande, gli attentati. E’ difficile muoversi su uno scenario simile, ricco di avvenimenti intensissimi. Aiolli sceglie di partire dall’attentato in questura a Milano nel 1973.
Aiolli non ha voluto scrivere un saggio: «Questa pagina di storia aveva il diritto, e in qualche senso anche il dovere, di essere raccontata attraverso un romanzo che non si ponesse all’interno di un genere preciso. Io volevo rendere la tensione di quegl’anni. Volevo prendesse il lettore ma utilizzando gli strumenti della narrazione. E per questo ho inserito anche una parte estremamente immaginaria come quella del ragazzino».
Quest’anno c’è la ricorrenza dell’attentato di Piazza Fontana ma il libro è frutto di un lungo lavoro partito negli anni Duemila con le prime notizie dei processi, con la luce che piano piano si faceva strada tra i crimini commessi.
Aiolli durante la stesura di Nero Ananas ha avuto bisogno di momenti di sospensione e questo ha “ritardato” la pubblicazione del romanzo: “Nel frattempo uscivano altri miei libri e poi tornavo a Nero Ananas, durante la prima parte di stesura ho anche pensato che non uscisse mai… ma alla fine sono arrivato in fondo».
Ma anche la difficoltà che riguarda la documentazione ha avuto un ruolo decisivo per i tempi di scrittura: «Non tutto era lì a mia disposizione. Io iniziai quando uscirono i primi articoli sui collaboratori di giustizia e cominciai a cercare maggiori notizie possibili. Internet da questo punto di vista è stato preziosissimo ma ancora non era pieno di informazioni come adesso. C’è stata la necessità di andarsi a trovare le cose altrove come nelle biblioteche. E’ chiaro che su un argomento del genere però non si arriva mai al fondo del barile.
È stato scritto tantissimo ed era impossibile trovare tutto e poi la difficoltà “in corso d’opera”. Escono libri, saggi… un pozzo senza fondo. Ma a un certo punto mi è stato chiaro quello che dicevamo all’inizio: io non volevo scrivere un saggio quindi non avevo la necessità che le mie fonti storiche fossero pienamente complete, dovevano essere il più possibile verosimile. Al lettore doveva sembrare plausibile la storia ma poi doveva giocarsi su un altro piano, quello dell’immaginazione».
Nero Ananas è un romanzo complesso, a spiegarci la struttura, curata nei minimi dettagli, è proprio Aiolli, una volta deciso di riportare l’attentato meno conosciuto del ’73,quello che dopo Piazza Fontana ha dato l’idea che ci fosse una strategia, è partito con una scrematura, non poteva bombardare il lettore con miriadi di informazioni: «Non volevo fare una cosa estremamente didascalica e quindi ho scelto una struttura fatta di un’alternanza di capitoli verticali, dove si sviluppa l’interiorità dei personaggi, altri orizzontali con cui va avanti la storia. E ancora punti di vista diversi che si alternano in prima, terza persona e una serie di accorgimenti letterari che hanno avuto bisogno di tempo». E poi il tempo della scrittura: «Questo è un romanzo corale. C’è un ragazzo che va dai dieci ai quattordici anni, c’è un anarchico che è un cane sciolto, ci sono agenti, terroristi… La scrittura doveva in qualche modo trovare la sua voce ed evitare di far esplodere il romanzo in cinquanta direzioni diverse». Un’armonia che alla fine Aiolli ha trovato tra tutte le voci presenti, compresa quella del narratore.
Aiolli durante la scrittura di Nero Ananas ha dovuto fermarsi spesso: «Dovevo riprendere fiato magari ero stato un mese a scrivere un capitolo in cui il personaggio principale era un terrorista e il capitolo dopo prevedeva un altro personaggio, cambiare voce e mentalità non è stato così immediato quindi mi fermavo per periodi molto lunghi».
In Nero Ananas ci sono personaggi identificabili, personaggi pubblici della storia italiana ma Aiolli non gli ha dato un nome: il primo ministro per esempio viene chiamato Pio, in fondo c’è un ritratto dei personaggi citati ma non viene svelata la loro reale identità.
Così il lettore può comportarsi in due modi secondo l’autore: o cercare durante la lettura i riferimenti «Leggere con Wikipedia in mano», oppure abbandonarsi alla lettura e soltanto alla fine cercare i riscontri. Una scelta in parte stilistica: «Cerco sempre di nominare il meno possibile i personaggi. Mi piace raccontare le persone da dentro».
Ma in questo caso c’è anche un’altra ragione: «Realistica. Leggendo tutti i faldoni, gli atti giudiziari, i personaggi tra loro, riferendosi agli altri non utilizzavano mai i nomi e cognomi, sempre dei soprannomi». E’ una questione di gergo e non solo. Aiolli voleva che il romanzo «stesse in piedi da solo. Volevo che da qui uscisse un immaginario che andasse ad aprire le finestre del lettore sulle proprie gambe», lasciando fuori suggestioni ed idee su quel determinato personaggio che non potrà mai essere quello del libro.
Perché il libro si chiama Nero Ananas? Ecco, questo lo scopriremo soltanto leggendolo.
Nero Ananas
La trama
Tutto comincia un secondo dopo il botto. Il botto che ha cambiato l’Italia, che ha chiuso l’età dell’innocenza e aperto la strategia della tensione. Il botto del 12 dicembre 1969, Piazza Fontana. Gli estremisti di destra, invisibili, si incontrano, commentano, ricordano, tramano. Un anarchico si trascina di città in città, di nazione in nazione, di sconfitta in sconfitta, in attesa del momento del riscatto. Un politico, così devoto da essere soprannominato il Pio, comincia la sua lenta ma inesorabile scalata al potere. Poi ci sono i servizi segreti che provano a capire, sapere, influenzare. E c’è un ragazzino, che quel giorno ha visto sparire sua sorella e farà di tutto per riuscire a ritrovarla. Quattro anni di destini intrecciati, di fughe, ritorni, di amore e di odio. Quattro anni incandescenti della storia d’Italia, dal 1969 al 1973, raccontati con precisione e sorprendente capacità evocativa.
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