Lontano da casa
La trama
"Lontano da casa" narra il dolore dell'esilio involontario e, al di là, la speranza e il coraggio di una donna libera che fa sue le parole di Virginia Woolf: "Come donna, non ho paese. Come donna il mio paese è il mondo intero". Pinar Selek si è esercitata sin dall'infanzia a respingere le pareti degli spazi, reali o immaginari, nei quali ha vissuto. Tinto da mille sfumature poetiche il suo racconto esplora le tensioni tra la nostalgia per il passato e l'attrazione per l'altrove. Evoca la familiarità rassicurante della lingua e delle cose con le quali si è cresciuti, l'audacia che spinge ad avventurarsi sempre più lontano, e lo sgomento di fronte all'ignoto, dopo lo strappo brutale dagli esseri e dai luoghi. La bellezza degli incontri, anche, e il piacere di tessere legami nei margini immensi che si prendono gioco delle frontiere. "Se mi domandano come sto, rispondo che resisto, che ho imparato a giocare con questi venti che all'inizio mi hanno depistata. Ma che non posso avviarmi verso il luogo di cui parlo, il paese che mi manca." Vittima di un processo senza fine, che è in sé una forma di tortura, ancora oggi Pinar Selek rischia una condanna all'ergastolo.
– Libertà –
Lontano da casa di Pinar Selek (Fandango) è un libro difficile da raccontare. Non si tratta né di un romanzo né di un’autobiografia. Lontano da casa raccoglie le impressioni, le emozioni, le battaglie di Pinar Selek che ci racconta l’esilio, la sofferenza, l’orgoglio e il dolore per un’appartenenza.
Non conoscevo la storia di Selek, l’ho scoperta solamente quando Fandango mi ha proposto la lettura del libro. Non potevo non accettare perché in queste pagine c’è la ribellione, il cambiamento, la libertà.
Agli inizi di ottobre Selek ha vinto il premio della cultura Mediterranea 2019. La scrittrice, giornalista e attivista per la difesa dei diritti umani turca ha dedicato il premio a tutte le donne esiliate come lei, e in particolare a tutte coloro che non godono di visibilità. Allo stesso tempo lo ha dedicato a tutte le lucciole che sfidano le frontiere, le fortezze, i fascismi, le violenze e che trasformano il mondo attraverso azioni di solidarietà concrete, poesie e filosofie di emancipazione.
Il racconto di Lontano da casa è in prima persona:
Come donna non ho paese. Come donna, il mio paese è il mondo intero.
E il libro non potrebbe cominciare meglio, il riferimento a Le tre ghinee di Virignia Woolf mi fa sentire subito a casa e al tempo stesso regala un nuovo significato alla parola esilio.
Pinar Selek è una delle tante persone che ha pagato a caro prezzo la volontà di raccontare gli oppressi, di opporsi a un sistema. Vittima della repressione dello Stato che la vorrebbe condannare all’ergastolo, è lontana dalla Turchia dal 2009. Vive in Francia, viaggia, lotta e soprattutto non si arrende.
Già la prefazione, a cura del Collettivo di solidarietà con Pinar Selek, Roma, oltre a tracciare un ritratto dell’autrice, fa venire i brividi:
I suoi libri, i suoi saggi, anche i suoi racconti per bambine e bambini sono il megafono dei suoi ideali e della sua tenace lotta per cambiare l’esistente. Ma non basta veicolare un’idea, nè impegnarsi in estenuanti giri di presentazioni e interviste, è il corpo che non può sottrarsi alla battaglia politica; sono i corpi che si frappongono all’avanzata di vecchi e nuovi fascismi e modelli patriarcali e reazionari. Per questo Pinar Selek non ha mai smesso, nonostante le persecuzioni e le torture, di militare in prima persona nei movimenti politici delle città dove si ferma.
Il suo incubo giudiziario comincia nel 1998, accusata di aver piazzato una bomba al mercato delle spezie. Resiste e in prigione viene a sapere di essere accusata di terrorismo. Malgrado l’annullamento della condanna e le quattro assoluzioni, l’accanimento politico e giudiziario continua. Ma la sua forza non si esaurisce.
Lontano da casa si apre con i ricordi di infanzia e le riflessioni su Istanbul, una città che va avanti, nonostante tutto, senza di lei. E poi la consapevolezza che tutto sommato quella lontananza involontaria è anche una conquista:
Io non volevo restare intrappolata nella nostalgia di un passato che si faceva di giorno in giorno sempre più sfasato rispetto alla mia nuova realtà.
E ancora la repressione, la paura, le intimidazioni:
Non c’è più libertà. C’è solo la paura. Ma la paura è lì da tanto tempo. Il mio processo testimonia la continuità storica del sistema repressivo. Io sono diventata il simbolo di una lotta tanto simbolica quanto storica.
Ad avermi colpito di più è sicuramente quest’ultima parte, in cui si avverte sì la difficoltà di Pinar, ma soprattutto la sua forza. La sua lettera scritta dopo la richiesta di ergastolo non fa trasparire la disperazione ma la voglia di rialzarsi ancora.
Lontano da casa è…
Un libro sulla libertà. Una parola di cui spesso ci riempiamo la bocca senza riflettere sul reale significato. Abituata a fare i conti con la repressione, suo padre venne arrestato a seguito dell’attentano del 1980, Selek ci lascia un messaggio bellissimo, quello di non arrenderci e soprattutto di non voltarci mai dall’altra parte. Selek parla di minoranze, conduce una battaglia faticosa e onerosa e il nostro modo di prenderne parte non può che essere parlare. Parlare di queste situazioni, accendere i riflettori, non abbandonare chi le vive.
Non sono andata oltre alle tre stelle non perché il libro meriti poco anzi. Ma non avendo mai letto nulla di Selek faccio fatica a giudicare i suoi brevi scritti (parliamo di poco più di cinquanta pagine) senza conoscere la sua storia o i suoi romanzi.
Consigliato per chi ha voglia di leggere qualcosa di breve ma intenso, per chi vuole saperne di più su questa figura: come me, vorrete recuperare i suoi romanzi usciti per Fandango.
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