Bizzarra, ironica, acuta. Non pensavo che avrei mai potuto apprezzare una scrittrice come Amélie Nothomb, con le sue sfumature noir, il suo umorismo e la brevità delle sue storie, troppo brevi per i miei gusti, ma sicuramente d’impatto. Eppure sono bastate poche pagine perché mi conquistasse.
Ed è proprio per questo che mi ha fatto molto piacere scoprire che il nuovo romanzo di Amélie, Soif (edito a settembre in Francia da Albin Michel) era entrato tra i finalisti del Prix Goncourt 2019. Un prestigioso riconoscimento che tuttavia ha solo sfiorato. Il premio è stato infatti assegnato nei giorni scorsi a Jean-Paul Dubois, per ‘Tous les hommes n’habitent pas le monde de la meme facon’, romanzo nostalgico sulla felicità perduta.
Non ce l’ha fatta invece l’autrice best-seller belga, Amélie Nothomb, in corsa con ‘Soif’, già grande successo di libreria a tre mesi dalla sua uscita. Un romanzo che sarà pubblicato come sempre dalla mia amata Voland Edizioni a febbraio 2020. Per me è già cominciato il conto alla rovescia.
Ho “Sete” di Amélie: cosa mi ha colpita di Soif
Per provare la sete bisogna essere vivo. Ho vissuto così intensamente che sono morto assetato. Forse è questa, la vita eterna
In Soif (trad. “sete”), Amélie si cala nientemeno che nei panni di Gesù Cristo e – dalle piccole anticipazioni che ho potuto cogliere in rete – ne narra la Passione in pieno stile Nothomb. Sicuramente le Sacre scritture non hanno spaventato Amélie Nothomb che sin da ragazzina – come riportato da Michel Robert in La bocca delle carpe – si è cimentata con lo studio della Bibbia fino al punto di sostenere che…
Provavo un certo erotismo nel leggere quei testi.
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