Diari
La trama
Quando si comincia a leggere questi diari si ha l'impressione di seguire le febbrili annotazioni di una bella ragazza americana che scopre l'Europa: tutto vibra, tutto sprizza energia, c'è un senso di attesa che si impone su tutto. Ma presto ci accorgiamo che le cose non stanno così. O meglio, non soltanto così. E ci immergiamo in una lettura sempre più appassionante e talvolta angosciosa: il giornale di bordo di una sensibilità acutissima, lacerata e drammatica, quella di una scrittrice che per i suoi versi e per il suo tragico destino è diventata un emblema, un vero culto, per molti lettori.
– Bellezza –
I Diari di Sylvia Plath (Adelphi) è un viaggio intenso e ricco di emozioni. Ho aspettato la bellezza di due settimane prima di scrivere la recensione, che recensione non è. Ho sempre amato Sylvia Plath, forse l’unica poetessa che ho sentito vicina a me. La sua vita, così breve, ha sempre suscitato grande curiosità ma ho rimandato per anni la lettura dei suoi diari e non sapevo che in quelle pagine avrei trovato anche qualcosa di me stessa.
Quando ho cominciato la lettura, pensavo che avrei letto qualche pezzetto qua e là, intervallando con altri romanzi. Ma la verità è che quando cominci a leggere i diari di Sylvia Plath non riesci più a fermarti. Qui la poetessa è se stessa, nessuna maschera, nessun filtro. Dai racconti sulle uscite con i ragazzi ai trattamenti che riguardano l’elettroshock, passando per il matrimonio e il desiderio di un figlio. Infelicità, insoddisfazione per le poesie rifiutate, le ore trascorse di fronte ai fogli bianchi, i buoni propositi andati in fumo, la ricerca disperata di un rigore metodologico, il successo di Ted, la sinusite, l’instabilità…. l’abisso. In questo diario conosciamo Sylvia e vorremmo che non finisse mai, mai.
Letto durante il viaggio per Roma riemergevo soltanto dopo un centinaio di pagine. Lo facevo per respirare, mi sembrava di essere stata in apnea per così tanto… Sylvia in queste pagine scopre l’Europa, noi scopriamo l’amore per lei.
I Diari di Sylvia Plath cominciano nel 1950, ha appena intrapreso un percorso di studi allo Smith College e tenterà il suicidio per la prima volta. Dopo il ricovero in clinica le verrà diagnosticato un disturbo bipolare che l’accompagnerà per il resto della vita. Cinque anni dopo conseguirà la laurea e si trasferirà al College di Cambridge, lì conoscerà il famoso Ted Huges che diventerà suo marito.
Dio, non sono mai stata tanto vicina al suicidio come adesso, mentre il sangue insonne mi scorre stordito nelle vene, l’area grigia pesante di pioggia e qui dannati ometti dall’altra parte della strada battono sul tetto con i picconi e le asce e gli scalpelli nell’acre puzzo infernale del catrame. Questa mattina mi sono ficcata di nuovo sotto le coperte, per elemosinare un po’ di sonno, per sottrarmi all’azione, alla responsabilità, e rifugiarmi nella penombra intima e maleodorante. Non ha giovato.
Sylvia ha una lingua tagliente, a tratti feroce, con se stessa e con gli altri. Sempre allerta, chiama la propria mente “malata” e sa che dal cuore avvelenato il veleno uscirà, la colpirà, lasciandola più vulnerabile di prima. Solo una questione tempo e le crisi rispunteranno, la tormenteranno. Andare dallo psichiatra è quasi un sollievo perché Sylvia ha bisogno di un padre (il suo è morto quando era una bambina) e di una madre (figura chiave in tutto il Diario responsabile – secondo Sylvia – di tutti i malesseri della poetessa). Un punto di riferimento: “Ero morta e sono resuscitata”.
L’amore per la poesia è quasi un’ossessione. Sylvia passa le giornate con una lente d’ingrandimento puntata su se stessa e alimenta i dubbi, trasformandoli in paranoia, continuando a interrogarsi. La sua mente non è mai ferma, mai.
Quello che mi spaventa di più, credo è la morte l’immaginazione. Quando il cielo lassù è solo rosa e i tetti sono solo neri: quella mente fotografica che paradossalmente dice la verità, ma una verità senza valore, sul mondo. Io desidero quello spirito di sintesi, quella forza «plasmante» che germoglia, prolifica e crea mondi suoi con più inentiva di Dio. Se sto seduta ferma e non faccio niente, il mondo continua a battere come un tamburo lento, senza senso. Dobbiamo muoverci, lavorare, fare sogni da realizzare; la povertà della vita senza sogni è troppo orribile da immaginare: è il peggior tipo di pazzia; il tipo con fantasie e allucinazioni sarebbe un sollievo degno di Bosch.
Durante gli anni di Cambridge la Plath incontra l’ex fidanzato e insieme partono alla volta di Italia e Germania: un viaggio da dimenticare, fatto di litigi e disagi continui.
E poi i mesi passano, gli anni che “girano come trottole” spingono Sylvia ad avere fame di letteratura. Basta con le poesie, ci vuole un romanzo. Sì ma da che parte cominciare, come? Ha bisogno di trame, personaggi, cittadini che “crescono, si fanno male”… E allora prova a trarre ispirazione dall’eroina Virginia Woolf, scrittrice a cui si sente legatissima. Nel frattempo ha conosciuto Ted, le poesie di Hughes riscuotono un successo dietro l’altro e noi arriviamo velocissimamente alla terza parte dei diari: Boston 1958/59 e infine gli anni dell’Inghilterra dal 1960 al 1962.
Sylvia si incaponisce nella scrittura ma le poesie non hanno il successo che si aspettava. Aveva pianificato tutto della sua vita eppure niente è andato come si aspettava. L’insegnamento è un buco nell’acqua e porta via energie essenziali per la scrittura. La coppia non è ricca e le continue gelosie di Plath non regalano certo serenità a un matrimonio già compromesso. Sylvia cerca di creare ma ottiene solo isterismo e depressione in cambio.
Nessun fatto della mia vita sembrava potesse reggere neanche per un racconto di venti pagine. Sedevo paralizzata, con la sensazione di non avere nessuno al mondo con cui parlare. Tagliata completamente fuori dall’umanità in un vuoto autoimposto. Stavo sempre peggio. Non potevo essere altro che una scrittrice e non riuscivo a esserlo. Non riuscivo neanche a formulare una frase: paralizzata dalla paura da un’isteria fatale.
Paralisi e paura sono la sua prigione. Recriminazioni, tuffi nel passato, Sylvia non fa altro che giudicarsi, punendosi davanti ai fogli bianchi, mentre il marito ottiene, ritira, gode il successo. Sylvia sa di essere depressa e chiamare le cose con il loro nome la aiuta forse ad accettarle e la serenità per un po’ calma il cuore stanco. Fondamentale il lavoro all’ospedale, Sylvia sistemerà le cartelle dei pazienti, traendo persino ispirazione per qualche poema.
Sylvia confondeva spesso la propria vita con quella della madre e le pagine di terapia riportate da pagina trecentodiciotto in poi, sono cariche di dolore. Il materiale che compone queste pagine è quello della terapia, dove la Plath senza remore (ancora di più) si spoglia di fronte a noi dimostrando l’odio per la madre e l’amore dipendente per Ted. Incubi agghiaccianti e paranoie sono all’ordine del giorno ma come implora la madre Aurelia, bisogna essere in grado di andare oltre: passaggi fondamentali per capire la sua opera, immagini agghiaccianti necessari per comprenderla come persona.
Nel ’59 la coppia decise di andare a vivere a Londra e ad aprile dell’anno dopo nacque la figlia. Sylvia dopo un aborto trascorse diverso tempo in ospedale, anche queste pagine sono ricche di riflessioni e spunti. Sylvia aveva firmato da poco un contratto per la pubblicazione della raccolta Il Colosso e nel 1962, il 16 ottobre ha scritto:
Sono una scrittrice geniale; me lo sento. Sto scrivendo le poesie più belle di tutta la mia vita; mi renderanno famosa…
L’11 febbraio del 1963 si ucciderà mettendo la testa nel forno, ma soltanto dopo aver preparato la colazione e aver isolato la camera dei bambini. Nel suo diario dell’ultimo anno, soltanto appunti di lavoro.
I Diari di Sylvia Plath è…
Un libro dalla bellezza sconvolgente. Potrete solo amarlo. Non sono riuscita a raccontare tutto quello che avrei voluto e forse è giusto così. Sono decine le frasi che ho sottolineato, altrettanti i passi in cui mi sono emozionata. Angoscia, sofferenza, sensibilità e talento compongono questo diario e mostrano la grandezza di Sylvia Plath. Non manca nulla a questi diari. L’odio per la madre è dichiarato apertamente, ma non potrà mai essere soltanto quello, l’amore per Ted è qualcosa che commuove e al tempo stesso inquieta. Un’anima divisa in due corpi, non esiste una dichiarazione più bella e al tempo stesso più distruttiva. Sylvia voleva controllare tutto: studi, lavoro, creatività, tappe prestabilite che la vita non permette mai di portare a termine quando scegli tu. Un enorme talento minacciato costantemente dalla depressione, riconosciuta con una lucidità disarmante.
Leggete questo libro se non conoscete la Plath, leggetelo se la amate già, rimarrete stupiti.
In questo articolo ho preferito riportare più citazioni piuttosto che fatti, quelli li scoprirete attraverso le parole di Sylvia Plath e non vorrei mai rovinarvi questo piacere.
3 COMMENTI
Fabio
4 anni faConosciuta in maniera “laterale” tramite le citazioni di una persona con problemi della quale ero perdutamente innamorato, e che con le unghie fece a brandelli il mio cuore, la Plath mi è rimasdentro (come quella Ambra) e con lei il desiderio di conoscerla meglio, quasi espiarla…la tua recensione mi ha accompagnato dolcemente verso l’acquisto del libro. Grazie
Donatella
5 anni faLa foto in fondo all’articolo non rappresenta Sylvia Plath ma Barbara Laage, un’attrice francese. Errore diffuso sul web. La foto è del 1946 e mentre la Laage aveva già 26 anni, SP era una teenager di appena 13-14 anni.
Alessandra - La lettrice controcorrente
5 anni fa AUTHORDonatella, ti ringrazio tantissimo per la segnalazione. La cambierò subito!