Né di Eva né di Adamo
La trama
Amélie torna in Giappone ma abbandona i tragicomici panni di impiegata nella multinazionale Yumimoto, vicenda narrata in Stupore e tremori, e si concentra sulle peripezie sentimentali di quel periodo. Rinri è il suo fidanzato giapponese, bello e ricco, li lega un amore bizzarro ma non privo di poesia, raccontato con il solito umorismo, affondando lo sguardo chirurgico che le è proprio nell'incandescente universo dell'amore. Ma l'emozione più grande e la relazione più forte è ancora una volta quella che lega l'autrice al paese in cui è nata, e dove ha trascorso gli anni mitici dell'infanzia
-Divertente –
Né di Eva né di Adamo di Amèlie Nothomb (Voland) è un omaggio al Giappone e alla sua cultura. Come sempre pochissime pagine per tratteggiare un mondo lontano e per me sconosciuto. Questo libro è fortemente legato a Stupore e tremori (LEGGI qui la mia recensione) ma non mi è piaciuto allo stesso modo. Qui la protagonista è sempre la nostra giovane Amèlie che sceglie di tornare in Giappone, ma qui non viviamo l’angosciante esperienza lavorativa in azienda. In Né di Eva né di Adamo il clima è molto più allegro. Con la consueta ironia l’autrice ci concede di vivere la storia d’amore con Rinri, l’uomo perfetto. Ricco, giovane, premuroso, simpatico, trova subito con Amélie una complicità invidiabile. Il loro amore sboccia con tenerezza e naturalezza. Le loro differenze culturali si fondono e si specchiano negli occhi di due ragazzi innamorati. Ma ormai Amèlie ci ha abituato a guardare oltre alla realtà che mostra.
Quello che provavo per lui non aveva un nome in francese moderno, ma in giapponese sì, perché il termine koi gli si addiceva. Koi in francese classico si può tradurre con “diletto”. Mi procurava diletto. Lui era il mio koibito, colui con il quale condividevo il koi: provavo diletto in sua compagnia.
I due si conoscono perché Rinri sta cercando di imparare il francese e lei sta cercando di rispolverare il giapponese. Tra giri di parole e battute i due si incontrano in un bar e subito daranno vita a un gioco tutto loro, un gioco che ci permetteranno di guardare:
Gli chiesi cosa gli piacesse nella vita. Rifletté molto a lungo. Avrei voluto sapere se la sua era una riflessione di natura esistenziale o linguistica. Dopo una ricerca del genere, la risposta mi fece piombare nella perplessità:
– Giocare.
Impossibile determinare se l’ostacolo fosse lessicale o filosofico. Insistetti:
– Giocare a cosa?
Alzò le spalle.
– Giocare.
E così tra usanze bizzarre, cene silenziose, trattati sulla birra e nonni alquanto bizzarri, Amèliè vive in una paradiso. Quel ragazzo diventa il suo paradiso, tra gite fuori porta, giornate chiusi in casa lasciando fuori la realtà e una proposta di matrimonio. Tranquilli, questa non è una canonica storia d’amore. E infatti, secondo me, la parte più bella e più intensa riguarda la manciata di pagine che ritraggono la nostra scrittrice (che ancora non lo è) intenta a perdersi e ritrovarsi tra le montagne giapponesi. Lì Amèlie incrocerà la morte e se la lascerà alle spalle con l’adrenalina, la follia e la forza che la contraddistinguono.
Guardai in aria: era dunque questo, il monte Fuji. Alla fine avevo trovato un posto dal quale non appariva magnifico, per la semplice ragione che non si vedeva: la sua base. Altrimenti, quel vulcano è un’invenzione sublime, ed è visibile quasi ovunque, al punto che talvolta l’ho scambiato per un ologramma.
Rinri è il ragazzo che tutti vorrebbero, spiritoso, premuroso, attento. Anche quando Amèlie comincerà il suo lavoro in azienda, e per questo smetteranno di “giocare”, il suo amore non verrà meno.
Rinri pretendeva solo che lo ascoltassi. Quanto aveva ragione! Ascoltare qualcuno è un regalo enorme. E io ascoltavo con fervore.
Ma sappiamo tutti che Amèlie non è rimasta a vivere in Giappone, che ha scelto la carriera di scrittrice, ma forse non tutti sanno che le fughe non sono tutte uguali.
Né di Eva né di Adamo è…
Divertente. Amèlie traccia un quadro ironico della sua storia, tra differenze linguistiche, comportamentali tra due nazioni. Centocinquanta pagine per raccontare l’amore per un Paese, centocinquanta pagine per raccontare una storia d’amore folle e indelebile. In questo libro c’è tanto, tantissimo eppure non mi ha entusiasmato come Stupore e tremori. Il finale mi ha fatto sorridere e alla fine non è per niente prevedibile. Amèlie assaggia il paradiso ma sceglie la sua strada lontana da ciò che ama:
I peggiori incidenti nella vita sono quelli legati al linguaggio.
Consigliato per chi ama le storie ambientate in Giappone, per chi vuole sapere di più sulle origini di Nothomb e consigliato per chi ha voglia di leggere una storia d’amore fuori dagli schemi.
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