L'altra Grace
La trama
L'altra Grace ora è anche una serie originale Netflix
Nel 1843 il Canada è sconvolto da un atroce fatto di cronaca nera: l’omicidio del ricco possidente Thomas Kinnear e della sua amante, la governante Nancy Montgomery. Imputata insieme a un altro servo, la sedicenne Grace Marks viene spedita in carcere e, sospettata di insanità mentale, in manicomio. A lungo oggetto dei giudizi contrastanti dell’opinione pubblica – propensa a vedere in lei ora una santa, ora una carnefice – la protagonista del romanzo può finalmente raccontare la propria vita al giovane dottore Simon Jordan. Convinto di mettere le proprie conoscenze al servizio della verità sul caso, e al tempo stesso contribuire al progresso della scienza psicologica, Jordan non potrà fare a meno di restare ammaliato da questa personalità complessa e inafferrabile.Nelle mani di Margaret Atwood, il dialogo che si instaura tra i due si trasforma nel ritratto psicologico di una persona due volte vittima del sistema sociale – in quanto povera e in quanto donna – e assurge a denuncia delle enormi contraddizioni di una società maschilista e tormentata da conflitti interni perché incapace di accettare l’«altro».
– Prigionia –
L’altra Grace di Margaret Atwood (Ponte alle Grazie) è un romanzo tratto da un’oscura vicenda realmente accaduta. Ho rimandato per parecchio tempo la lettura di questo volume perché non ho ancora un’opinione chiara sulla scrittura della Atwood (Ho letto solamente Il racconto dell’ancella trovate qui la mia recensione), ma L’altra Grace mi è piaciuto davvero tanto.
Grace Marks e James McDermott non sono nomi di fantasia, è il 1843 quando i due vengono accusati di aver ucciso Thomas Kinneare la sua amante Nancy Thomas Kinnear. James è lo stalliere di Kinnear e Grace la cameriera sedicenne che si occupa delle faccende domestiche. Mentre James verrà impiccato (dopo aver dato due diverse versioni del crimine), Grace verrà condannata alla prigione a vita e verrà impiegata come domestica a casa del Direttore del carcere.
E con questi fatti si apre L’altra Grace, mostrandoci un donna schiva, remissiva, quasi distaccata. La domanda che sorge spontanea già dalle prima pagine è: Grace ha ucciso davvero Kinnear e Nancy? Ma… ve lo dico subito, questa è la domanda sbagliata.
Sì, Atwood fa un enorme lavoro di ricerca negli archivi canadesi e mentre guardiamo i volti degli imputati immaginiamo il processo, le versioni, gli interrogatori, la gogna mediatica (esiteva già all’epoca), il dubbio, l’orrore nel constatare che Grace indossa i vestiti di Nancy come se niente fosse ma, a poco poco ci rendiamo conto che non è la verità ad interessarci ma il meccanismo della mente di Grace.
Perfettamente calati nei panni del dottor Simon Jordan, tutti gli orpelli spariscono, persino lo sfondo ottocentesco che tanto amo, smette di attirare l’attenzione. Ogni nostro sforzo è concentrato su Grace, cosa le passa per la testa?
Jordan è un giovane psichiatra che ha deciso di far parlare Grace con metodo insolito: libere associazioni. Ogni volta le porta un oggetto in cella, che sia una mela, o una rapa e la lascia parlare liberamente della propria vita, senza quasi interromperla e soprattutto senza incalzarla.
Non è difficile immaginarsi Grace con la sua cuffia in testa e i capelli biondi che sfuggono da essa, intenta nel cucire, rammendare, mentre racconta della propria infanzia difficile, della perdita della madre e della presenza di un padre violento.
Jordan ascolta silenziosamente e anche noi ci troviamo in attesa, stiamo aspettando la nuova versione di Grace, quella che forse potrebbe tirarla fuori di lì grazie anche alla nuova petizione per aiutarla.
Ne L’altra Grace non bisogna avere fretta, ve l’ho già detto, se partirete con l’idea di scoprire la verità divorando le pagine, non è il libro per voi. Perché tutto viene passato al setaccio di Jordan (o meglio della Atwood) e quello che sembra marginale diventerà fondamentale.
Seduti in quella stanza, apprenderemo tutti i dolori subiti da Grace e il legame particolare con la sua unica amica, scomparsa troppo presto.
Grace ha la possibilità davvero di denudarsi di fronte al suo dottore che talvolta la guarderà come una spietata assassina, talvolta come una santa che accetta la sua condizione senza proferir parola. Sottilissimo il confine tra follia e malvagità così tanto da sbriciolare anche quello tra colpevolezza e innocenza.
Comunque, assassina è una parola pesante da portarsi dietro. Ha un odore, quella parola, un odore muschiato e opprimente, come fiori morti in vaso. Qualche volta, di notte, me lo ripeto a bassa voce: Assassina, assassina.
Arrivati alla fine cosa resterà se non un appiccicoso dubbio incollato alla pelle?
Cosa sta facendo il Dottor Jordan, e quando tornerà? Ma credo di sapere cosa sta facendo. Sta parlando con qualcuno a Toronto, cercando di scoprire se sono colpevole; ma non lo scoprirà mai, in questo modo. Non ha ancora capito che la colpevolezza non deriva da quello che hai fatto, ma da quello che gli altri hanno fatto a te.
E soprattutto la verità ha più di una faccia e sono sicura che i lettori, pur essendosi imbattuti nello stesso libro, abbiano dato risposte diverse, immaginato un finale diametralmente opposto a quello di qualcun altro.
Una storia, quando ci sei in mezzo non è una storia, è solo confusione; un fragore indistinto, un andare alla cieca, tra vetri rotti e schegge di legno; è come una casa che vortica in una tromba d’aria, una nave che si schianta contro gli iceberg o precipita giù per le rapide, e nessuno a bordo può fermarla. E soltanto dopo che diventa una storia, prende una forma. È quando la racconti, a te stessa o a qualcun altro.
L’altra Grace è…
Un racconto di prigionia. La serratura della porta della cella, il manicomio, la chiusura di Grace. L’ex cameriera è paradossalmente una vittima senza ombra di dubbio. Povera, in una famiglia numerosa, deve tirare su le sue sorelle e guadagnarsi da vivere per mantenere i vizi del padre. Una vittima in famiglia, nella società – come tutte le donne dell’epoca – e anche sul posto di lavoro. Maltrattata da Nancy, è quasi un oggetto nelle mani degli uomini, o dei potenti, o di una giuria. Costantemente giudicata diventa prigioniera di se stessa. Grace è come anestetizzata in quella prigione, nemmeno i pensieri sono più liberi.
La storia da sola sarebbe bastata a destare la mia attenzione, rimaneggiata e colorata dalla Atwood, è diventata indimenticabile.
Su Netflix c’è anche una serie intitolata proprio L’altra Grace, io non l’ho ancora vista quindi mi limito a segnalarvela.
Consigliato per gli amanti delle storie vere, per chi si vuole perdere in un racconto introspettivo, per chi cerca il brivido del mistero. Cinquecento pagine voleranno ma vi resteranno attaccati tanti, forse troppi, dubbi.
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