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Cinque motivi per leggere 24 volte la verità (Raphaël Meltz)

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Cinque motivi per leggere 24 volte la verità (Raphaël Meltz)

24 volte la verità

Valutazione:
four-stars
Autore:
Traduttore:
Pubblicato da:
Data uscita:
27/09/2024

Pagine:
260
Genere:
ISBN:
8831234269

La trama

C'è Gabriel, un cineoperatore che ha percorso tutto il Novecento con l'occhio incollato dietro la sua macchina da presa: dal funerale di Sarah Bernhardt all'11 settembre 2001 passando per la Pace di Parigi, nel 1919, sarà stato il testimone muto di un mondo caotico e vertiginoso. C'è Adrien, suo nipote, un giornalista specializzato in quelle cose digitali che ormai invadono le nostre vite. E c'è il romanzo che Adien ha deciso di scrivere attorno alla figura del nonno. In ventiquattro capitoli, raccontare una vita. Ventiquattro capitoli come le ventiquattro immagini che costituiscono ogni secondo di un film. Ventiquattro capitoli per tentare di cogliere la verità. Cosa resta di chi non è più tra noi? Cosa si può dire di conoscere di ciò che si è visto ma non vissuto? Cosa fare, al giorno d'oggi, di tutte queste immagini?

Cinque motivi per leggere 24 volte la verità di Raphaël Meltz (Prehistorica editore). Ebbene sì, questa non sarà una recensione tradizionale. Come spesso mi capita di fare con i Prehistorica che leggo, preferisco consigliarvi i motivi per cui fareste bene a leggere il libro piuttosto che una recensione “tradizionale” e questo libro si presta parecchio a questo formato perché è un romanzo solo all’apparenza come tanti altri. Vi basterà scavare un pochino al di là della trama per scoprire che al centro di 24 volte la verità  c’è qualcosa di più di una storia costruita da nonno e nipote.

Originalità

24 volte la verità di Raphaël Meltz prehistorica editore24 volte la verità è originale anche se si nasconde dietro un’apparenza tradizionale. Al centro della storia ci sono Gabriel e Adrien. Il primo è un cineoperatore che ha immortalato e vissuto sulla pelle la storia del Novecento, il secondo è un giornalista dei nostri giorni. Adrien è pronto a ricostruire la storia del nonno partendo dagli oggetti che possedeva. Sì perché Adrien scrive di oggetti e lo fa senza passione, senza amore. Ma per gli oggetti del nonno è diverso. Ed è qui che Meltz ci prende in contropiede: la narrazione è alternata ma non in maniera così tradizionale. Ci sono capitoli in cui viviamo le sensazioni e la vita di Gabriel, mentre in altri siamo Adrien immersi tra frustrazione e il desiderio di fare quel salto, quello che lo porterà a scrivere il grande romanzo. Gli episodi però partono da scintille, proprio se stessimo usando una vecchia cinepresa, non riusciamo a capire subito cosa stiamo per mettere a fuoco. I contorni sfocati di un bambino che cammina rappresentato quello che sarà un grande dolore per Gabriel, una conversazione apparentemente sconclusionata diventerà il nucleo del romanzo “Quando è morto il cinema?”, e la letteratura?

Perfetto per gli amanti del cinema ma anche per i neofiti

Quando ho cominciato 24 volte la verità credevo mi sarei trovata di fronte a un testo non dico per gli addetti ai lavori, ma sicuramente un romanzo con parecchi riferimenti cinematografici che mi intimorivano. La mia ignoranza in fatto di film è spaventosa (ed è una cosa di cui mi vergono parecchio, perché sì incarno il classico stereotipo della lettrice che usa la TV come soprammobile) eppure mi sono trovata subito a mio agio in questo romanzo. Certo, non ho mai visto un film di Godard e forse se non avessi cercato qualcosa su internet mi sarei sentita ancora più spaesata, ma la verità che questo testo è godibilissimo anche senza preparazione. 24 sono le ore del giorno, 24 le immagini proiettate, 24 le immagini per descrivere le nostre vite e la nostra vita in un secondo. È impossibile non rimanere affascinati da questa premessa: “In ventiquattro capitoli, raccontare una vita. Ventiquattro capitoli come le ventiquattro immagini che costituiscono ogni secondo di un film. Ventiquattro capitoli per tentare di cogliere la verità.Cosa resta di chi non è più tra noi? Cosa si può dire di conoscere di ciò che si è visto ma non vissuto? Cosa fare, al giorno d’oggi, di tutte queste immagini?”. 

Ed è questa la domanda che risuona nelle menti di appassionati e non: cosa resta di tutte queste immagini?

Il potere delle immagini

Questa domanda ci porta dritto al punto tre: 24 volte la verità ci costringe a (ri)valutare il potere delle immagini e lasciatemelo dire, anche delle cose. Viviamo nell’epoca dell’immaterialità: non esistono quasi più foto stampate, i telefoni non sono più oggetti che usiamo, ma sono diventati veri e propri ambienti in cui ci rintaniamo. Bombardati da immagini velocissime che scorriamo, assorbiamo quasi senza rendercene conto. Quanto è cambiato il mondo dagli inizi del Novecento ad oggi? 24 volte la verità immortala l’evoluzione dei macchinari, l’evoluzione del cinema, ma non solo. Gabriel è un grande protagonista della storia del Novecento: assiste ad attentati, alla fine dei campi di concentramento… oppure no è un semplice  spettatore chiamato a fermare istanti di gioia e orrore?. Gli eventi a cui assistiamo ci cambiano? Sono realmente vissuti? E in quale misura?  Queste sono le domande che siamo costretti a farci oggi più che mai. Oggi le immagini costellano e riempiono la nostra vita, ma qual è il loro peso reale?

La forza (mancata) della letteratura

E qui veniamo al punto che forse mi sta più a cuore. Sì perché un buon libro deve sollevare domande, non cullarci in mezzo a convinzioni che già possediamo. Ed è qui che entra in gioco Adrien. Quando è morto il cinema? Quando hai letto l’ultimo libro capolavoro? Non sono passati forse trenta, quarant’anni dall’ultimo film degno di questo nome visto al cinema? Se la domanda applicata al grande schermo (non me ne vogliano gli appassionati) non mi ha turbato, declinata ai libri molto. Ci stiamo abituando a leggere libri e a vedere film che non spostano di un millimetro la nostra vita? Dov’è finita la forza della letteratura?  Saremmo ancora in grado di coglierla in questa marea di immagini e di libri che ci sommergono? 

Questo è un tema che sento molto vicino. Quando ho aperto La lettrice controcorrente l’ho fatto in un momento di grande scoraggiamento. Non trovavo libri che mi sconvolgessero e credevo di essere io il problema. No, non ero io. Ma di questo magari parleremo un’altra volta.


La scrittura

Ultimo e non certo per importanza eccolo qui: la scrittura di Meltz. Che cos’è un libro senza uno stile particolare? Non è un buon libro. E fortunatamente questo non è il caso di 24 volte la verità. Ma preferisco che sia Meltz a parlarvi questo passaggio rende più chiari i motivi sfiorati fino a qui e questo è il cuore del libro. il cuore che ha toccato me:

(…)non avevo accesso al passato. Potevo filmare solo il presente. È stato tremendo per me: mi piace così tanto, nelle mie frasi, scivolare dal presente al passato, tutte le volte che voglio, lontano quanto voglio. Lì invece accendevo la videocamera e c’era solo il presente, non voglio dire semplicemente il presente nel senso di contemporaneità ma l’istante presente, solo quell’attimo lì, a cui non posso dare altra sostanza – ovviamente potrei trovare delle immagini d’archivio o filmare durante le quattro stagioni e montare tutto insieme per creare, solo attraverso le immagini, un’evoluzione, ma mi sembra una prigione: un’inquadratura, aspettare, un’altra inquadratura, e finisce lì. So anche che è possibile dividere lo schermo, fare delle sovraimpressioni, ma onestamente mi sembrano solo accessori se paragonati alla forza di un’unica piccola frase gigantesca. Ma c’è stato di peggio. Molto molto di peggio. Quasi subito ho perso fiducia nella verità. No aspetta non mi sono espresso bene. Ho perso fiducia nel legame esistente tra la verità e la mia responsabilità nei suoi confronti. È più chiaro? Quasi subito ho capito che filmare è mentire in continuazione, mentre di solito si pensa che sia il contrario. Accendi la videocamera. Filmi. Vai avanti filmando. Ma è terribile: tutto quello che non entra nell’immagine non esiste. Quindi puoi raccontare quello che ti pare, perché c’è l’illusione del reale. Capisci? Perché ci sono immagini, immagini veritiere, in realtà stai solo mentendo perché lì non c’è niente, nient’altro se non quell’immagine. Tutto quello che c’è intorno lo nascondi, ma non dici di nasconderlo: fai finta di mostrare una cosa, mentre in realtà ne nascondi molte di più.

Fatevi questo regalo e leggetelo, poi provate anche a rispondere a queste domande.

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Alcune note su Raphaël Meltz

Raphaël Meltz

Raphaël Meltz (1975) è uno scrittore raro, estremamente eclettico. È autore di svariati racconti, saggi e romanzi; per un fumetto, è stato recentemente premiato al Festival ’Angoulême. Ha cofondato e codiretto la rivista “R deréel” e il magazine “Le Tigre”. Dal 2013 al 2017 ha prestato servizio come addetto culturale presso l’Ambasciata di Francia in Messico. Significative le parole di Frédéric Martin, il suo editore francese (Le Tripode): “Meltz è un Don Chisciotte, una persona dal bagaglio intellettuale molto vasto, che ora potrebbe trovarsi negli uffici ministeriali o seduto a una cattedra universitaria, ma che ha scelto una forma di resistenza.”

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