Atti umani
La trama
Una palestra comunale, decine di cadaveri che saturano l’aria di un «orribile tanfo putrido». Siamo a Gwangju, in Corea del Sud, nel maggio 1980: dopo il colpo di Stato di Chun Doo-hwan, in tutto il paese vige la legge marziale. Quando i militari hanno aperto il fuoco su un corteo di protesta è iniziata l’insurrezione, seguita da brutali rappresaglie. Atti umani è il coro polifonico dei vivi e dei morti di una carneficina mai veramente narrata in Occidente. Conosciamo il quindicenne Dong-ho, alla ricerca di un amico scomparso; Eun-sook, la redattrice che ha assaggiato il «rullo inchiostratore» della censura e i «sette schiaffi» di un interrogatorio; l’anonimo prigioniero che ha avuto la sfortuna di sopravvivere; la giovane operaia calpestata a sangue da un poliziotto in borghese. Dopo il massacro, ancora anni di carcere, sevizie, delazioni, dinieghi; al volgere del millennio stentate aperture, parziali ammissioni, tardive commemorazioni. Han Kang, con il terso, spietato lirismo della sua scrittura, scruta tante vite dilaniate, racconta oggi l’indicibile, le laceranti dissonanze di un passato che si voleva cancellato.
– Viaggio nel dolore-
Atti umani di Han Kang (Adelphi edizioni) è stata una lettura folgorante, impegnativa e sicuramente disturbante. L’ho letto per Librino Express, il gioco a cui sto partecipando su IG e devo dire che nonostante il timore sono contenta. La vegetariana della stessa autrice (leggi qui la mia recensione) non mi aveva convinto più di tanto. Invece qui sono riuscita a partecipare al dolore e anche se ho dovuto leggerlo velocemente, ho come l’impressione che non scorderò nessuno di questi personaggi.
Atti umani è il racconto del colpo di stato in Corea del Sud negli anni Ottanta, precisamente è la storia del massacro di Gwangju ed è fatta di orrore, orrore vero. La protesta pacifica contro il regime di Chun Doo-hwan è costata la vita a ragazzini innocenti e non solo. Han Kang fotografa con una precisione insopportabile il massacro: corpi dilaniati, anime che non trovano pace mentre aleggiano sui cadaveri in decomposizione. E ancora il dolore delle madri che hanno perso i figli, il rimorso dei fratelli, il terrore dei sopravvissuti.
Io non so come potrò raccontarvi questo libro che trasuda ingiustizia. Vomito, lacrime e sangue si mescolano all’odore della putrefazione e a quello della paura. No, non è un libro per stomaci delicati ma la sua crudezza è necessaria.
Sono diverse le voci narranti, ogni capitolo è un passaggio del testimone e alla fine il cerchio si chiude con la voce della madre del primo ragazzino e i dolori si mescolano e urlano più forte.
C’è il trauma delle torture, quello che rende impossibile anche solo parlare con un uomo:
Yoon ti ha chiesto di ricordare. Di «affrontare quei ricordi», di «testimoniare».
Ma come è possibile fare una cosa del genere?
È possibile testimoniare che mi ficcarono ripetutamente nella vagina un righello di legno di trenta centimetri, spingendolo dentro fino alla parete posteriore dell’utero? Che mi lacerarono la cervice uterina con il calcio di un fucile? Che, quando l’emorragia non voleva arrestarsi e collassai, dovettero portarmi all’ospedale per una trasfusione? È possibile affrontare il fatto che dopo continuai a perdere sangue per due anni, che mi si formò un coagulo di sangue nelle tube di Falloppio e rimasi sterile? È possibile testimoniare che sviluppai un’ avversione patologica al contatto fisico, soprattutto con gli uomini? Che il più lieve bacio sulle labbra, una carezza sulla guancia, perfino uno sguardo occasionale che in estate sfiorava le mie gambe mi facevano sentire come marchiata a fuoco? E possibile testimoniare che ho finito per detestare il mio stesso corpo, la materia fisica del mio io? Che ho deliberatamente distrutto ogni calore umano, ogni affetto troppo intenso per poterlo sopportare, e sono scappata ? Verso un posto più gelido, un posto più sicuro.
Solamente per sopravvivere.
Quanto può essere disumano un uomo? Quando Atti umani si apre siamo in una palestra, i corpi da riconoscere sono centinaia. L’odore è terrificante, le candele ormai non servono più, la putrefazione è nell’aria.
Quando una persona viva ne guarda una morta, accanto al corpo non potrebbe esserci anche l’anima del defunto, che scruta la sua faccia dall’altro?
In Atti umani parlano sette personaggi, vivi o morti non fa nessuna differenza: nel dolore non ci sono diversità.
Han Kan ricostruisce la storia di un ragazzino di quindici anni che ha perso la vita. Il suo nome è sussurrato in casa e le foto del massacro accendono qualcosa nella scrittrice: l’orrore deve essere raccontato, altrimenti a cosa serve la scrittura? Atti umani però non è una cronaca, è qualcosa di diverso. L’autrice dà voce davvero a persone davvero esistite e lo fa per dimostrare la brutalità dell’oppressione.
I sopravvissuti qui (e nella vita reale) sono vinti: alcolizzati o incapaci di stabilire relazioni, non riescono a liberarsi del passato, come potrebbero? In questa storia sembrano in realtà tutti morti: le madri, gli amici, i fratelli, le vittime. Non c’è più vita in loro.
I particolari ossessivi che non danno pace al lettore sono quelli che rivivono i personaggi. Perché tanta violenza? Perché eliminare donne, bambini e innocenti? Perché? Il re qui è nudo, all’uomo peggiore è caduta la maschera e sotto non c’è nessun volto, solo la violenza.
Atti umani è…
Un viaggio nel dolore. Alcune parti sono davvero insopportabili per dettagli e dolore. So di non aver raccontato molto, ma il punto qui non è la trama ma il come viene scritto il libro. Ossessivo, claustrofobico, morboso. Han Kan non dà scampo: leggi, se leggi conoscerai. E una volta conosciuto il massacro, sarà un dovere non dimenticarlo.
I racconti sono scritti in seconda, terza e prima persona e ho apprezzato molto questa scelta, rende Atti umani ancora più vero: ancora una volta non possiamo nasconderci da nessuna parte, dobbiamo continuare a leggere. Leggere e parlarne è un modo per rendere omaggio a chi ha provato a ribellarsi a un sistema
1 COMMENTO
Carmela
1 settimana faL’ho letto disordinatamente. L’atmosfera è dolorosamente ovattata. Vivi e morti fanno un racconto corale. Questa è la specie orrenda degli uomini.