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RECENSIONE: Autoritratto con pianoforte russo (Wolf Wondratschek)

Autoritratto con pianoforte russo - Wolf Wondratchek - Voland
RECENSIONE: Autoritratto con pianoforte russo (Wolf Wondratschek)

Autoritratto con pianoforte russo

Valutazione:
four-stars
Autore:
Traduttore:
Pubblicato da:
Data uscita:
18/03/2021

Pagine:
176
Genere:
ISBN:
8862434189
ASIN:
B08ZNRFMV9
Acquista:

La trama

Vienna, due uomini si incontrano in un caffè: Suvorin, anziano pianista russo in esilio che ha rinunciato alla carriera perché infastidito dal suono degli applausi, racconta la sua vita a un anonimo scrittore austriaco. Un monologo sulla nostalgia in cui si mescolano un passato fatto di bellezza, sogni e amore - ma anche del progressivo imbarbarimento della patria abbandonata - e un presente in cui non restano che fantasmi e note perdute. Wolf Wondratschek cerca di rispondere, con uno stile in bilico tra musica e letteratura, alla domanda atavica su cosa sia la perfezione e quale il prezzo da pagare per raggiungerla.

 – Poesia –

Autoritratto con pianoforte russo di Wolf Wondratschek (Voland) è un libro che ipnotizza. Ero indecisa tra un bel po’ di titoli e quando ho letto l’incipit di questo non mi sono più fermata.

Autoritratto con pianoforte russo - Wolf Wondratchek - VolandPrimo romanzo che leggo di  Wondratschek sono rimasta incantata. Merito sicuramente della traduzione di Cristina Vezzaro che come musica ci accompagna in ogni pagina: scorrevole e dolcemente incalzante.

Insomma Autoritratto con pianoforte russo non si può smettere di leggere, per farlo si può solo finirlo.

Protagonista l’amore per la musica e la libertà. Siamo a Vienna e in un caffè uno scrittore incontra, ma soprattutto ascolta Suvorin, pianista russo che ha interrotto bruscamente la sua carriera.

La morte della moglie, avvenuta in un incidente, ha cambiato la vita di Suvorin che ricorda i tempi andati con malinconia e nostalgia.

Concerti, applausi e le sue mani in grado di muoversi su quei tasti danno vita a una prosa bellissima e carica di significato.

In Autoritratto con pianista russo non succede quasi nulla. Le pagine si susseguono però con una velocità inaspettata: i capitoli sono suddivisi in continue domande a cui forse non c’è risposta.

Quale prezzo bisogna pagare per inseguire la perfezione? Lo sa molto bene Suvorin che in nome di questa chimera sembra aver perso tutto. Il suo glorioso passato stride con un presente fatto di disordine in una casa lasciata a se stessa… eppure cosa ci spinge a continuare a leggere? Sappiamo che non troveremo domande o certezze. Anzi, in più di un passaggio non capiamo più chi stia parlando.

Mi chiede se riesco ancora a suonare il pianoforte? Non riesco, le dirò, non riesco più, già da molti anni, e non solo a suonare. La vita non è semplice… Le mani si annoiano, il cuore fischia, per non parlare della sensibilità alle gambe. Quando vado in cucina per farmi un caffè, mi dimentico di essere andato in cucina per farmi un caffè. A quel punto, però, sono già in cucina, dove da tempo ormai c’è un odore piuttosto sgradevole. Alla mia età tutto ormai è un odore piuttosto sgradevole.

Autoritratto con pianoforte russo - Wolf Wondratchek - VolandDi chi è questa autobiografia? Di un musicista? Del pianista? Dello scrittore?

Non c’è una risposta giusta o sbagliata.

Attenzione, questo libro è bellissimo e trascina via il lettore che però non può abbandonarsi del tutto. La punteggiatura, il continuo mescolare i soggetti che raccontano, fa sì che l’attenzione debba sempre rimanere altissima.

Basta perdersi una parola per non capire più dove si è. Nel Capitolo cinque è evidente. Nessuna risposta è coerente con la domanda e si passa, mi si conceda il modo di dire, di palo in frasca.

Ed è questo gioco di rimescolamento continuo delle carte che mi ha incantato più di tutto.

L’errore più grande che potete fare leggendo Autoritratto con pianoforte russo è credere di trovare le risposte giuste alla fine, non sarà così. Sorgeranno invece nuove domande.

Si parla tanto anche di Russia qui, e di come diventare un artista “sponsorizzato” dallo stato non sia una posizione comoda… e potrei andare avanti ancora e ancora. Ma spero di avervi già convinti.

 


Autoritratto di un pianoforte russo è…

Poesia. Non ho trovato nessun’altra parola per descrivere la musicalità di questo romanzo che assomiglia a una confessione.

Vede , disse, la lettura di una poesia, la lettura di un racconto di un romanzo, non sono eventi sociali. Uno si siede, da solo, da solo con se stesso e un libro, e legge. E a volte, non è forse vero, si ferma a riflettere, accantona il libro aperto, per ripensare a una frase, un punto preciso, una certa formulazione che gli rivela la bellezza della lingua.Da ogni cosa si può associare tutto con tutto. Pensa a un bambino, a una donna, a un amico, pensa a una giornata nella sua vita, alla vita di un altro che è morto, in prigione, in esilio da qualche parte lontano. Ricorda la luce di un pomeriggio, una nuvola nel cielo, magari ha la forma di un seno di donna, o di un sedere, una passeggiata, cavalli in un recinto, al freddo, nella pioggia. Ha tempo. C’è molto a cui pensare, nelle poesie.

E anche in questo libro.

Consigliato per chi ha voglia di una lettura “sperimentale”, in grado di catturare e portare lontano. Vorrete leggere altro di Wolf Wondratschek.

 

 

four-stars

Alcune note su Wolf Wondratschek

Wolf Wondratschek

Wolf Wondratschek scrittore, poeta, sceneggiatore, nato a Rudolstadt nel 1943, cavalca dagli anni ’60 la scena letteraria internazionale, in cui è noto come esponente della Beat Generation tedesca. Dal primo romanzo del 1969 si è affermato come figura innovativa per la sua tecnica letteraria ispirata al cinema in cui combina prosa corrosiva e laconica ironia. Vicino ai movimenti di protesta degli anni ’70, famoso per le raccolte di poesie dove i toni della musica rock si legano ai temi della cultura pop, la sua produzione cinquantennale ‒ che comprende anche racconti, reportage e radiodrammi ‒ alterna critica sociale, intimismo e ritratti di artisti. Attualmente vive a Vienna.

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