Di macchia e di morte. Ballata degli ultimi briganti
La trama
Questa storia ricorda quei racconti narrati attorno al fuoco, che non sono fatti di principesse e di principi ma di terre riarse, di cieli aperti e di boschi fittissimi, di potere inflitto e subito, di vite che cercano di sopravvivere come possono, quando possono. Sono le storie dei luoghi d'Italia illuminati da una luce violenta e tetra, quelli in cui si muovono i briganti: il biondo Bianciardi, il grande e inafferrabile Tiburzi, e poi il re brigante e numerosi altri figuri le cui storie originano dal vero ma finiscono nella leggenda. Intorno a loro si agitano principi e carabinieri, persone comuni, preti, contadini, carbonai, prostitute, donne e proprietari terrieri. Seguiremo le loro vicende epiche e disperate, li vedremo vivere e morire in un percorso che, in un serrato montaggio da grande epopea western, ci porta dentro la Storia d'Italia e il brigantaggio, e ancora altrove, a conoscere le sorti di personaggi indimenticabili e ad addentrarci in una terra malata che nasconde sotto il suo morbo una bellezza segreta.
– Oscuro –
Di macchia e di morte di Filippo Cerri (Effequ) è stata una bellissima sorpresa. Non è stata una lettura estiva per via di ambientazioni e trama ed è questo contrasto che mi ha fatto innamorare ancora di più.
Di macchia e di morte è un esordio, e anche questo mi ha stupito, bastano pochissime righe per calarsi in questa atmosfera cupa, violenta e malinconica. Briganti e carabinieri si rincorrono nell’eterno gioco di guardie e ladri. Sullo sfondo e nemmeno tanto, i contadini che ospitano i fuggitivi, vino a fiumi, orecchie tese per captare il minimo rumore e tante storie composte da sofferenza e morte.
Quando Effequ mi ha mandato il libro non sapevo nulla ma la copertina mi ha attratto immediatamente. Avevo bisogno e voglia di immergermi nelle atmosfere contadine, di sentire il freddo, la paura e l’aura ottocentesca che avvolge quasi tutto il libro. Siamo nella maremma toscana ostile e spietata. Questa è la cornice in cui avvengono vendette, amori, omicidi.
C’è un luogo che non è ne mare né terra, dove i pascoli rischiano la vita a ogni nuovo sole e contano i passi che li separano dalla zanna del lupo o della mano del ladro.
L’asino raglia in egual misura a fatica e desolazione e le bestie danno latte per quel che possono e non per ciò che devono. l’uccello che si avventura per i suoi larghi spazi di cielo polveroso vede apparire ogni tanto un pugno di casa, lanciate là come si farebbe con un residuo d’ossi. Si sentono canti, porgendo bene l’orecchio che scorrono in parole strette, troncate come se non ci fosse più tempo per dire tutto. Sebbene non siano altro che verbi e nomi di rancore e rimpianto, la speranza si attacca comunque alle poche sillabe dal gusto acido della bestemmia e del vino andato.
E ora ditemi che sentite il bisogno di andare avanti, non vi crederei! I personaggi sono tanti (ma niente paura c’è la mappa all’inizio del libro che riporta nomi e ruoli) e le loro vicende si intrecciano tutte. Non ci sono buoni e cattivi, solo persone che non hanno scelta. Con Arturo Bianciardi accompagniamo il re, l’unico dopo Carlomagno: Luciano Bastiani detto il Re delle Selve o Il Re della Selva. Bastiani è una leggenda. Non tutti sanno che volto abbia ma tutti sognano di incontralo. Le sue imprese si raccontano di bocca in bocca e quando ci si trova soli nel bosco il pensiero vola a Bastiani l’imprevedibile, l’imprendibile.
Ovviamente ci sono tanti altri briganti, tra cui Ettore Manfredi che scatenerà una guerra sanguinaria e altrettanto leggendaria. Ci sono anche preti, dottori, ostaggi e donne che ascoltano promesse che non verranno mai mantenute. Parole mai dette e lacrime mai espresse.
(…) Biancardi non ha tempo di domandarsi se quel suo fuggire sia un qualche tipo di tradimento. Lo è, in fondo? Dovrebbe rimanere a combattere fianco a fianco del suo compagno d’armi, respingere le forze nemiche e, nel peggiore dei casi, morire insieme a lui? Quanta vita gli ho dedicato, penserà più tardi Arturo, sarebbe stupido dedicargli anche la morte.
Ma Di macchia e di morte non finisce con la caduta del Re ma con la fine di un mondo che abbiamo solo conosciuto attraverso i film western.
Arturo non ha neanche cinquant’anni ma si sente vecchio come un santo che non sa più fare miracoli.
Quante fughe improvvise, quanti guadi, quanti appostamenti. Quante siepi di marruche volate in un salto per sfuggire agli inseguitori. Quanti appetiti e rappresaglie. C0s’è stata la sua vita? Adesso può dirlo. Un accidente, il sogno di uno scemo.
E lo ammetto, per quel “farabutto” di Arturo mi sono commossa.
Di macchia e di morte è…
Oscuro, avvincente, malinconico. Impossibile stavolta scegliere una parola sola. Miè piaciuto praticamente tutto, ho solo faticato un po’ nella parte centrale. I personaggi erano davvero tanti e più di una volta ho temuto di perdere il filo ma la parte iniziale mi è venuta in soccorso.
Per Bastiani la vita è soprattutto quella che si racconta. Ma per Arturo Bianciardi la vita è sempre stata quella che è, nonostante ciò che si racconta.
Consigliato per chi è in cerca di una lettura incalzante, ipnotica e che faccia completamente dimenticare il mondo esterno. Ho divorato Di macchia e di morte perché dovevo sapere, conoscere… appostarmi, nascondermi, fuggire non è mai stato così appassionante. Da una parte mi sentivo come nei film di Sergio Leone ma dall’altra c’era un clima così adrenalinico a cui non sono abituata e questo mi è piaciuto molto!
Menzione a parte meritano le cartoline e la borsina che vedete in foto. Stupende.
2 COMMENTI
Rocco albertol
2 anni faNon lascia spazio alle divagazioni ; ti avvolge e convolve.
Giuseppe Corsi
2 anni faLetto così mi fa ricordare il brigante di Tacca del Lupo, del Bacchelli. Da trovare, grazie