Divorzi
La trama
La storia di Sophie Blind comincia dalla fine: camminando per le strade di Parigi, la donna viene investita da un’automobile e perde la vita. Per lei è quasi una liberazione: da questa prospettiva privilegiata può osservare, rielaborare e intrecciare gli episodi della sua esistenza di adulta e di bambina, di ragazza e di intellettuale. Immigrata in America dall’Ungheria, figlia di uno psicanalista ebreo e nipote di un famoso rabbino conservatore, non crede in Dio né nella psicanalisi. Dopo anni di continui viaggi al seguito del marito, decide di porre fine a un matrimonio ormai soffocante; il marito in questione, filosofo donnaiolo, per tutta risposta le suggerisce di parlarne con l’analista. Mentre tenta di ottenere il divorzio, Sophie cerca anche di scrivere un romanzo, ma è costantemente disturbata dalle ingombranti figure maschili che le gravitano attorno. Nel frattempo ci racconta, con ironia, la storia della sua famiglia sullo sfondo delle vicende storiche ungheresi. Quando, dopo molti anni, tornerà nella sua città d’origine, anche le strade che conosceva non saranno più quelle che lei ricorda: saranno un sogno perduto, distrutto dalla guerra. E la sua sensazione di non appartenere ad alcun luogo ne uscirà ancora più rafforzata. Attingendo alla propria esperienza, una vita itinerante sospesa tra Budapest e New York, passando per le fumose stanze d’albergo di Parigi, Susan Taubes compone un raffinato romanzo in cui con un’ironia spiazzante mette a punto un’intelligente disamina del patriarcato, vissuto da donna e da pensatrice.
– Acuto –
Divorzi di Susan Taubes (Fazi editore) è stata una lettura impegnativa. Questa storia comincia dalla fine: la protagonista, quando si apre il libro, è già morta. Questo porterà il lettore a guardare ogni personaggio con una prospettiva decisamente originale. In Divorzi si sorride amaramente e si fatica, non sempre sono riuscita a tenere il filo come avrei voluto, anzi. Eppure alla fine mi è rimasta una bella sensazione anche se nella seconda parte ho faticato tanto.
In Divorzi non c’è nulla di tradizionale, escluso ovviamente il controllo degli uomini sul destino delle donne. La protagonista si chiama Sophie e con tutta probabilità è un alter ego dell’autrice, il suo grido – condito da una sottile ironia – è contro il patriarcato. E cosa c’è di nuovo penserete voi, beh, è interessante pensare che sia stato scritto nel 1969 ed è tutto sommato di una sconvolgente attualità.
Sono morta un martedì pomeriggio investita da un’automobile mentre attraversavo avenue George V. Pioveva forte. È accaduto tutto all’improvviso, e per giunta avevo altro a cui pensare.
E Sophie per la testa aveva tanti pensieri: vuole il divorzio dal marito Ezra e lotta per ottenerlo ma quell’uomo riesce quasi sempre, in un modo o nell’altro a sottrarsi. Quando Sophie muore comincia a mescolare ricordi, sogni e frammenti dando vita a un quadro variopinto e non proprio immediato (da lì la fatica nel seguire certe scene). Il divorzio non le viene concesso e mentre il marito le suggerisce caldamente di andare in analisi per curarsi, il mondo intorno alla protagonista si sgretola.
Realtà e fantasia si mescolano: conosciamo così amanti (veri o presunti), parenti che si separano e assistiamo a un processo che sembra un matrimonio con tanto di stupro finale.
Le parti che ho amato di più sono quelle in cui Sophie analizza i comportamenti dei membri della famiglia dopo la sua morte:
A lui piaceva che si vestisse sempre di nero. Di nero era vestita quando le aveva chiesto la mano, e le stava benissimo, e stava benissimo con i gioielli che le comprava. Ezra era sempre pronto a comprarle un bell’abito nero. Un bell’abito nero dura tutta la vita. Sophie, quello che sognava sempre di avere era una camicia da notte bianca, lunga e soffice, del miglior cotone o della migliore flanella. Ma Ezra non capiva perché lei la volesse. Stava meglio nuda. A volte le chiedeva di venire a letto con la pelliccia. La camicia da notte? Un lusso.
Ezra non è un bel personaggio, schiaccia la moglie e vuole imprigionarla, ma il padre della protagonista non è certo migliore. Psicanalista freudiano non fa altro che inquadrare la figlia attraverso le massime di Freud generando in Sophie (e nel lettore) una frustrazione di proporzioni immani.
Parlando della vecchia psicologia, al complesso dell’ego, al fattore continuità, a tutta quella storia di essere una persona, è assurdo. Certo che credo alla scienza, un adesivo intorno ai neuroni. Garantito. Ma la soluzione chimica non ha niente di interessante, non è dignitosa. O sono una sentimentale senza speranza.
Mentre la madre, bella e insensibile la lascerà presto: i suo genitori divorzieranno con leggerezza e indifferenza.
Che cosa resta a Sophie? Una vita da vivere che non sente la sua, un romanzo da terminare che nessuno leggerà né capirà e un grosso conflitto da risolvere con i genitori e con le proprie origini ebraiche. La seconda parte è dedicata a questo. Divorzi è sicuramente un romanzo sperimentale, per coglierne la bellezza non basta stare molto concentrati. L’autrice desidera davvero confonderci, d’altra parte se si tratta di realtà o fantasia… è davvero così importante?
Ma è ovvio, separarsi è doloroso, che sia un vecchio straccio, perfino un tumore. Sta nella natura umana amare il proprio tumore.
Divorzi è…
Acuto. Ci sono tantissime riflessioni sui rapporti umani: da quelli genitoriali a quelli coniugali, passando per quelli sessuali. Mi dispiace non essere riuscita a dare più di tre stelle ma non sono entrata pianamente in sintonia con la struttura del libro. Alcune parti, come ho già scritto, le ho apprezzate tantissimo e ho amato l’ironia accompagnata dall’amarezza.
Divorzi è un romanzo audace e so che quando è uscito non è stato ben accolto dalla critica. Consigliato per chi è in cerca di una lettura impegnativa, straniante e dopotutto attuale.
Un libro non finiva come la vita, in modo repentino; neanche come un sogno, con un maldestro dibattersi e la sensazione di essere ingannati: ma con grazia e consapevolezza, preparandoci ad arrivare all’ultima riga. Tra la vita e il sogno non c’era in realtà molta differenza, malgrado i due si azzuffassero, lottassero, si giocassero brutti tiri l’un l’altra. Un libro era completamente diverso.
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