Felice come la coda di un cane
La trama
“Ciò che più colpisce nella poesia di Anna Świrszczyńska (1909-1984), segnatamente in quella della maturità, è la potenza della parola, l’energia poetica che si sprigiona da questi componimenti brevi, volutamente spogli, tutti tesi a riflettere l’essenza di un’emozione, di un’immagine, di un avvenimento. Un ascetismo stilistico singolare, frutto di una maturazione sorprendente non solo nei modi ma anche nei tempi in cui è avvenuta: le due raccolte più importanti, Sono una donna e Ho costruito una barricata, sono rispettivamente del 1972 e del 1974, anticipate da Vento (1970), dove il nuovo stile e i nuovi temi si affermano con risultati già rimarchevoli, e seguite da Felice come la coda di un cane (1978) e, postuma, La sofferenza e la gioia (1985), nelle quali la strada intrapresa si arricchisce di nuovi splendidi componimenti. Una produzione maggiore – quella che abbiamo scelto di rappresentare nella presente antologia – che si concentra nell’ultimo quindicennio di vita, tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta. Una straordinaria esplosione artistica a sessant’anni passati.”
– Gioia –
I giorni di reclusione mi hanno permesso di sperimentare, di buttarmi senza troppe domande. Leggere Felice come la coda di un cane di Anna Świrszczyńska (La Parlesia) è stata un’esperienza che non dimenticherò e soprattutto che sarò destinata a ripetere. Perché Felice come la coda di un cane è un libro da comodino, una di quelle raccolta che deve sempre essere a portata di mano.
Cosa conosco io della poesia? Nulla, per questo all’inizio ero molto spaventata. Ho scoperto questo libro perché su Instagram ne ha parlato Francesca, alias Nuvole di inchiostro. Avevo bisogno di serenità, di cambiare aria, di fuggire dalla prigione di giorni pesanti, passati a lavorare parlando e scrivendo di coronavirus. Quindi ho pensato: “Poesia polacca? Sì, buttiamoci!”.
La lettura di Felice come la coda di un cane è stata una boccata di ossigeno e così mi sono districata tra poemi diversi ma tutti potenti.
Dalla condizione della donna infelice che viene ignorata e poi picchiata dal marito (Ha lavato il pavimento) passando per la malinconica solitudine di Ofelia Canuta.
Tormentata dal desiderio e dalla pazzia
La vecchia Ofelia vaga per i giardini.
Ha sciolto i capelli canuti,
chi mai vorrà amare la vecchia Ofewlia.Vaga e canta,
intreccia ghirlande di denti di leone,
guarda negli occhi i ragazzi,
rattoppa con l’erba i buschi nel vestito.
I ragazzi ridono e se ne vanno,
chi mai vorrà amare la vecchia Ofelia.Sul fare del giorno,
quando dalle bettole escono gli ultimi clienti,
un idiotqa ubriacvo ama Ofelia tragli alberi,
Lei ride e piange,
e se ne va ancora più infelice.
Ma le poesie di Świrszczyńska non si riferiscono soltanto a categorie di donne particolari, ma all’universo femminile. Oltre alle madri con la pancia sformata, simbolo di amore e mai di vergogna, vengono accostate le donne di ogni epoca:
Contro di me
è il mio stesso cuore.
Addestrato da millenni
alla crudele virtù del sacrificio.
L’arte di Anna, concedetemi di chiamarla per nome come una vecchia amica, passa dall’amore per il corpo, il suo controllo e la sua espressione a volte dolorosa (Un parto come tanti), a volte gioiosa (Una donna che parla con la sua coscia).
La semplicità delle sue parole mi ha permesso di cucirmi addosso le parole, di provare sulla pelle anche la felicità, quella che si può associare alla coda di un cane. Espressioni usate nella poesia per bambini alla quale lei si è dedicata per molti anni. E questo ha reso – almeno per me- molto accessibili le sue opere.
Felice come ciò che è senza importanza
e libera come una cosa senza importanza.
Come ciò che nessuno apprezza
e che non si apprezza
Come ciò di cui tutti si beffano
e ciò che si beffa di quella beffa.
Come una risata senza un motivo serio.
Come un grido che riesce a sfogarsi.
Felice come una cosa qualunque.
Come una qualunque cosa qualunque.Felice
come la coda di un cane.
Ma in questa raccolta non c’è soltanto autoironia e leggerezza condite dalla malinconia. No, perché c’è anche la Storia, quella con cui nonostante tutto bisogna fare i conti. “Solo ora, dopo trent’anni ho osato scrivere una raccolta di poesie sull’insurrezione di Varsavia”, si legge nella prefazione di Felice come la coda di un cane.
Che contino i cadaveri
Coloro che per primi ordinarono la battaglia
contino adesso i nostri cadaveri.Vadano per le strade
che non ci sono più,
per la città
che non c’è più,
contino per settimane per mesi
contino fino alla morte
i nostri cadaveri.
Felice come la coda di un cane è…
Gioia. Non esiste un’altra parola per descrivere quello che le poesie mi hanno trasmesso. In Felice come la coda di un cane c’è la gioia di avere un corpo, la gioia di aver conosciuto l’amore…. la gioia che si affaccia dopo aver visto le brutture del mondo.
Non pensavo che mi sarebbe piaciuto così tanto questo libro. Per anni sono scappata dalla poesia con il timore di non riuscire a capirla, non pensando che invece avrei dovuto soltanto abbandonarmi di fronte alle parole, lasciarmi trasportare… il dove era un problema secondario. Non ho avuto paura di leggere e rileggere finché non mi è stato tutto chiaro, l’ho fatto per comprendere ogni componimento. Qualche volta ho sorriso, pensando all’inno di amore per la propria coscia, talvolta mi sono rabbuiata, come nel caso della poesia Mia figlia.
Mi sono fatta una casa,
mi sono scelta un uomo,
porto avanti il mio lavoro.
Poi me ne andrò e toccherà a mia figlia.Si farà una casa,
si sceglierà un uomo,
svolgerà un lavoro.Poi se ne andrà.
Generandola l’ho condannata.
Ma non c’è stata nemmeno una frase che mi abbia lasciato indifferente. Chi lo sa, questo potrebbe anche essere l’inizio di una lunga storia d’amore. Sicuramente da oggi in poi mi farò meno domande e leggerò più poesie.
Utilissima per me, che non conoscevo Anna Swir, la prefazione a cura di Andrea Ceccherelli che, brevemente, ci guida alla scoperta di questa particolarissima poetessa.
Consigliato per chi ha voglia di sperimentare. Se siete vittime del pregiudizio come lo ero io, troverete una leggerezza inaspettata. Una voglia di divorare una poesia dopo l’altra fino alla fine. Ricomincerete e troverete nuovi significati.
1 COMMENTO
Paolo
11 mesi faRecensione bella e appassionata di una poetessa quasi sconosciuta ai più, peccato che il libro sia introvabile e la casa editrice ormai sparita…