Il diritto di opporsi
La trama
Il libro da cui è tratto il film omonimo con Michael B. Jordan, Jamie Foxx e Brie Larson.
Bryan Stevenson era un giovane avvocato da poco laureatosi a Harvard quando decise di trasferirsi a Montgomery, in Alabama, e fondare la dEqual Justice Initiative, un’organizzazione senza scopo di lucro impegnata a porre fine all’incarcerazione i massa e alle pene estreme, a sfidare l’ingiustizia razziale ed economica e a proteggere i diritti umani fondamentali delle persone più deboli e vulnerabili. Al resoconto della sua formazione Stevenson intreccia le storie delle persone che ha difeso e che lo hanno condotto in un groviglio di cospirazioni, macchinazioni politiche, inganni legali e razzismo diffuso, modificando profondamente la sua concezione della giustizia. Tra i vari casi spicca quello di Walter McMillian, un afroamericano condannato a morte per l’omicidio di una ragazza bianca, nonostante innumerevoli prove dimostrassero la sua innocenza.Il diritto di opporsi è un’indimenticabile testimonianza del coraggio, della perseveranza e dell’umanità necessarie a perseguire una giustizia più equa, ma anche una struggente denuncia contro la pena di morte.Da questo libro, un bestseller da un milione e mezzo di copie vendute che da duecento settimane è ai vertici delle classifiche americane, è stato tratto il film con Michael B. Jordan, Jamie Foxx e Brie Larson.
«Nessun avvocato, dopo Atticus Finch, ha fatto una tale differenza nel Sud degli Stati Uniti... Il diritto di opporsi è la sua potente storia».John Grisham
«Bryan Stevenson è il Nelson Mandela americano, un brillante avvocato che combatte con coraggio per garantire giustizia per tutti. Il diritto di opporsi dovrebbe essere letto in ogni paese civile del mondo per scoprire cosa succede quando vendetta e punizione sostituiscono giustizia e misericordia».Desmond Tutu, premio Nobel per la pace
«Il libro più toccante e potente mai scritto sulla pena di morte».«Financial Times»
«Commovente come Il buio oltre la siepe».«The New York Review of Books»
– Necessario –
Il diritto di opporsi Bryan Stevenson non è un romanzo, non è frutto della fantasia sfrenata di un autore. Questo libro è qualcosa di sconvolgente proprio perché è vero. Bryan Stevenson è uno degli avvocati più famosi del mondo e quando cominciamo a leggere la sua storia, che inevitabilmente è fatta di volti, lacrime e sofferenza, ci ritroviamo spiazzati di fronte a una verità che non vorremmo ascoltare.
Sono rimasta catturata subito dalle prime righe ed è stato così fino alla fine. Soltanto ogni tanto ho avuto il bisogno di interrompere, rifiatare, stavo scoprendo troppa ingiustizia tutta insieme.
Quando si apre Il diritto di opporsi Bryan è uno studente in cerca della propria strada, apre il suo cuore e ci mostra i suoi pensieri.
La distanza che avevo sperimentato il primo anno alla facoltà di Legge mi aveva fatto sentire perso. La vicinanza ai condannati, invece, alle persone giudicate ingiustamente, fu ciò che mi ricondusse a qualcosa che per me era familiare.
Questo libro esamina più da vicino le incarcerazioni di massa e le pene estreme in America. Tratta della facilità con cui le persone vengono giudicate in questo paese e dell’ingiustizia che commettiamo quando consentiamo che siano la paura, la rabbia e il distacco a dare forma al modo in cui trattiamo i più vulnerabili tra noi.
Non è sempre facile accompagnare Bryan durante la sua crescita professionale e umana. L’avvocato ha deciso, insieme al altri colleghi, di fondare l’Equal Justice Initiative, un’organizzazione senza scopo di lucro impegnata a porre fine all’incarcerazione di massa e alle pene estreme. Sul suo cammino, che diventa concedetemelo anche il nostro, sono tanti i volti e la sofferenza di cui si fa carico.
Non ero pronto a incontrare un condannato. Nel 1983 ero uno studente di ventitré anni alla facoltà di Harvard alla prese con un tirocinio in Georgia: ansioso, privo di esperienza e con il timore di non essere in grado di gestire la situazione. Non avevo mai visto un carcere di massima sicurezza dall’interno. Avevo appena iniziato ad ambientarmi nella mia routine d’ufficio quando Steve mi chiese di andare nel braccio della morte per far visita a un condannato che nessuno degli altri aveva tempo di incontrare. Mi spiegò che l’uomo era lì da più di due anni e loro non disponevano di un avvocato che si occupasse del suo caso: il mio compito era quello di trasmettere a quell’uomo un solo, semplice messaggio: – L’anno prossimo non verrai ucciso-
Siamo in Alabama e la vita per le persone di colore è tutt’altro che semplice. Povertà e razzismo portano vittime innocenti alla prigione, o peggio ancora in quel maledetto braccio della morte in cui i detenuti passato interminabili minuti a picchiare le sbarre quando sentono l’odore di carne bruciata che si diffonde nelle celle. Un’altra esecuzione, l’ennesima si è consumata. Colpevole o innocente non fa differenza: il sistema ha bisogno di vittime per sfamarsi.
Mesi e anni passano mentre Bryan fa avanti indietro dallo studio al braccio della morte. Non basterebbe un altro libro per approfondire tutti i casi affrontati dall’avvocato ( Il diritto di opporsi è ricchissimo di note e rimandi, così il lettore può rendersi conto che l’orrore non ha bisogno di invenzioni). E le pagine scorrono velocissime mentre stringiamo mani, asciughiamo lacrime e prepariamo appelli.
La vicinanza mi ha insegnato alcune verità essenziali e che rendono umili, compresa questa lezione fondamentale: Ognuno di noi è ben di più dell’atto peggiore che possiamo aver commesso.
Il caso che seguiamo più da vicino è quello di Walter McMillian. Siamo nel 1987 e Walter è stato accusato di aver ucciso una ragazza bianca. Il punto è esattamente questo: contro di lui solo accuse ma nessuna prova, eppure la condanna arriva e non può che essere la pena capitale. Mentre leggevo la storia di Walter, che poi è quella principale, non riuscivo a credere che fosse reale. L’attesa della sentenza già nel braccio della morte, le false testimonianze, il negato accesso ai neri… come può Stevenson raccontare una storia così terribile? Non può e non deve essere reale.
Come se non bastasse, mentre Stevenson lavora alacremente al caso McMillian, veniamo a conoscenza – con tanto di note approfondite – di altri casi che forse ci spaventano ancora di più.
Problemi di natura sanitaria come la tossicodipendenza, la povertà che poteva spingere qualcuno a staccare un assegno scoperto, i disturbi infantili del comportamento, la gestione degli indigenti disabili mentalmente e persino le questioni legate all’immigrazione: a tutte queste questioni il legislatore rispondeva mandando la gente in prigione.
Semplice e indolore: rinchiudere le persone anche per cinquant’anni in galera è la soluzione a tutto. Le parti che forse mi hanno impressionato di più riguardano proprio i ragazzini. Se è facile provare empatia per Walter che non ha commesso nessun crimine (se non quello di innamorarsi di una ragazza di razza diversa) non è così scontato farlo per i veri (?) colpevoli delle altre storie seguite da Stevenson. Penso al veterano di guerra che ha ucciso una bambina involontariamente e che avrebbe bisogno non tanto di un riconoscimento da parte dello Stato ma di un aiuto. Mi riferisco alle persone con ritardi mentali o disabilità mentali e fisiche – spesso spuntate a seguito dei traumi subiti – costrette a vivere stupri e violenze nelle celle. Il mio pensiero va ai ragazzini cresciuti in povertà e violenza che sbagliano, uccidono e vengono processati come adulti, ammazzati come bestie.
Stevenson racconta tutte queste storie e non le divide tra imputati colpevoli o innocenti perché sono tutte vittime di un sistema fallato e inefficace. Cerchiamo disperatamente un lieto fine per tutti, anche per chi ha davvero commesso il crimine. Chiudiamo gli occhi e il senso di impotenza ci imprigiona quando sentiamo che il brillante avvocato ha fallito. Un’altra sedia da riempire, un’altra ingiustizia da compiere.
Tutti veniamo distrutti da qualcosa. Tutti abbiamo ferito qualcuno e siamo stati feriti. Siamo tutti in uno stato di distruzione, anche se le nostre distruzioni non si equivalgono.
Il diritto di opporsi è…
Un libro necessario. Bisogna leggerlo per comprendere, per aiutare Stevenson in una battaglia fondamentale. Ogni persona deve avere la possibilità di difendersi. Il diritto di opporsi è proprio come una di quelle famose serie tv americane. Ogni episodio è appassionante, commovente. In ogni caso hai una percentuale bassissima di vittoria e quando arriva, insperata, non si può che festeggiare, quando non si ottiene… beh, l’amarezza pervade il lettore. Mi aspettavo un libro più romanzato, invece Stevenson è molto preciso e snocciola dati sconvolgenti, fatti che farebbero rabbrividire chiunque ma lo fa non dimenticandosi di mostrare il lato umano. Il suo, quello delle vittime, dei parenti. La voglia di riscatto, di giustizia può essere messa a dura prova, la stanchezza può far vacillare il nostro protagonista, ma sono sentimenti troppo profondi per essere messi a tacere.
Non vi ho raccontato nulla dei personaggi che occupano queste quattrocento pagine e non voglio farlo. Non vi toglierò il piacere di scoprirli poco alla volta. Si soffre leggendo Il diritto di opporsi perché la verità ferisce.
Consigliato per gli amanti delle storie vere, per chi ama i racconti con gli avvocati protagonisti e per chi non nasconde la testa sotto il tappeto. Saranno tante le domande che affioreranno durante la lettura e le risposte potrebbero stupirci, lontane da quello in cui credevamo.
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