Il mondo deve sapere
La trama
Nel 2006 Michela Murgia viene assunta nel call center della multinazionale americana Kirby, produttrice del «mostro», l'oggetto di culto e devozione di una squadra di centinaia di telefoniste e venditori: un aspirapolvere da tremila euro. Mentre per trenta interminabili giorni si specializza nelle tecniche della persuasione occulta, l'autrice apre un blog, dove riporta in presa diretta l'inferno del telemarketing con le sue tecniche di condizionamento, le riunioni motivazionali, le premiazioni e i raggiri psicologici, i salari e i castighi aziendali. Divertente come una sitcom e vero come una profezia, Il mondo deve sapere riesce nel miracolo di indignare e far ridere. Perché a dieci anni di distanza dalla sua prima pubblicazione tutti devono sapere che, nel tritacarne del mondo del lavoro, poco o niente è cambiato.
Con una nuova prefazione dell'autrice.
– Realtà –
Il mondo deve sapere di Michela Murgia (Einaudi) è il primo libro che leggo di questa autrice che ho imparato a conoscere ad amare grazie ai podcast Morgana (ve ne parlo qui). Avevo aspettative molto alte e sono rimasta un pochino delusa.
Il mondo deve sapere è una sorta di diario: Murgia va a lavorare in un call center in cui le telefoniste vengono sfruttate e i clienti presi in giro.
Lo so, il tono è ironico e questo libro non ha la pretesa di essere un capolavoro. Mi ha fatto compagnia durante la pausa pranzo ed è stata una compagnia piacevole ma ho come avuto l’impressione che la storia non sia mai decollata.
Murgia scrive Il mondo deve sapere in prima persona: per un mese lavorerà in questo call center fatto di personaggi stereotipati che fanno sorridere, amaramente.
Quel blog del 2006, che poi è divenuto questo libro, ha rappresentato la prima circostanza in cui ho usato la scrittura, come mezzo per reagire a qualcosa contro il quale nessun’altra reazione sembrava possibile.
Il mondo deve sapere infatti non è un romanzo ma l’insieme di articoli del blog di Murgia. E proprio perché gli ingredienti ci sono tutti: stereotipi, ironia, grottesco e via dicendo, mi sarei aspettata un riso amaro e invece alcuni parti le ho trovate un pochino noiose.
La nostra protagonista non è come le altre colleghe: lei è ben consapevole del fatto che viene sfruttata (e già questo mi ha un pochino irritato) e soprattutto sembra l’unica in grado di svelare il meccanismo malato che si nasconde – e neanche tanto – in questo mondo malato.
Le ragazze, costrette a sbarcare il lunario, importunano casalinghe vittime di sessismo e pregiudizi per vedere un prodotto in cui non credono. Il loro scopo, oltre a portare a casa una paga da fame con un co.co.pro, è quello di fissare un appuntamento. Murgia svela tutte le inquietanti tecniche volte a quello scopo: una volta che Shark, il venditore di turno, entrerà in casa delle malcapitate per la dimostrazione, le vittime saranno in trappola.
Perché alla fine ha ragione Stephen King, l’orrore è nel quotidiano, non è nel mostro che viene dallo spazio, è nella tazzina di caffè che non hai bevuto perché ha squillato il telefono.
Murgia smaschera questo orrore quando ancora la parola “flessibilità” veniva usata al posto di “precarietà”, gli scritti infatti risalgono al 2006.
Camilla è una neolaureata e come tante altre colleghe è costretta a scendere a compromessi lavorando in un posto in cui “euro lordi” è un’espressione chiave e in cui il mobbing, i ricatti morali e i finti premi compongono un quadro da horror. E il punto è solo uno: Murgia non inventa, descrive.
Divertenti le parti in cui descrive il Kirby, questo fantomatico aspirapolvere che svolge le funzioni di quattordici elettrodomestici:
Ho aperto la porta del piano terra e mi ha assalito, dal secondo piano, un suono assimilabile a un martello pneumatico dentro una scatola di latta. Deh, oggi non si telefona, ho pensato. Perché con i muratori di fianco, chi mai mi sentirà? Non erano i muratori. Era il Kirby.
Come reagisce la gente alla chiamata standard? Nei modi più disparati e, spesso, disperati. Tutto si gioca nei primi dieci secondi della telefonata. è in quel brevissimo lasso di tempo che la casalinga decide se puoi continuare a turlupinarla o no.
Il mondo deve sapere è…
Un libro in grado di descrivere una realtà spiacevole e degradante. Il mondo del lavoro può trasformarsi in un vero e proprio incubo. Potranno anche farci sorridere le frasi motivazionali sulle pareti, i viaggi premio che assomigliano a punizioni perché si svolgono con un superiore ma la verità è che queste dinamiche di potere e di mobbing esistono e in molti casi devono essere smascherate.
Vali se produci. Altrimenti sei deludente, non sei una persona di successo. In questo ufficio prendere pochi appuntamenti per due giorni consecutivi è un dramma emotivo per molte di loro. E capisco anche perché, visto che la naturale sana competizione professionale viene spinta fino al distorto agonismo che ho visto oggi su quel palchetto. Se vinci non è solo perché sei il migliore, ma perché gli altri sono peggiori. Così c’è il doppio messaggio: gratificandone uno, azzeri mentalmente tutti gli altri
Il mondo deve sapere è un libro piacevole sono io che avevo aspettative decisamente più alte. Consigliato per chi ha voglia di trascorrere qualche ora in compagnia di una storia che fa sorridere, ma soprattutto riflettere.
4 COMMENTI
Sonia
1 anno faUna casalinga e addirittura vittima di questo mostro di aspirapolvere ,secondo voi, come si deve sentire dopo aver letto questo libro? Non metto in dubbio tutti gli ostacoli che si trova una persona in cerca di lavoro e che si accontenta di questo sfruttamento. Ma che ruolo ha dato questa scrittrice ad una casalinga! C era un modo meno insultante da spiegare la sua disavventura
giuseppe
1 anno faMichela Murgia con il suo romanzo (‘?) d’esordio, in realtà raccolta di articoli del suo blog, si affida ad una comicità di grana grossa, assai ridondante e un po’ cameratesca, per smascherare logiche di potere e manovre persuasive presenti in un call center nel quale lei abbe occasione di lavorare per un mese. Da neolaureata, si dice. Ma in realtà la Murgia non è laureata in teologia, come per molti anni si è ripetuto. Lettura faticosa, noiosissima. Molto meglio avendo del tempo da perdere, guardare direttamente il film di Virzì che al libro si è ispirato, anch’esso peraltro non particolarmente riuscito.
Naomi
4 anni faNon conoscevo questo titolo, ma l’autrice mi attira. O meglio, mi attira e mi respinge allo stesso tempo, sembra utilizzare un modo di scrivere molto “crudo”, se così si può dire, ma dovrò tentare la lettura. Bell’articolo. 🙂
https://shadowseaofbooks.altervista.org/
Donag
4 anni faDavvero non hai mai letto niente di suo?
Leggi Accabadora, non ti deluderà!!