La settimana bianca
La trama
«Ero solo, in una casetta in Bretagna, davanti al computer,» ha raccontato una volta Emmanuel Carrère «e a mano a mano che procedevo nella storia ero sempre più terrorizzato». All'inizio, infatti, il piccolo Nicolas ha tutta l'aria di un bambino normale. Anche se allo chalet in cui trascorrerà la settimana bianca ci arriva in macchina, portato dal padre, e non in pullman insieme ai compagni. E anche se, rispetto a loro, appare più chiuso, più fragile, più bisognoso di protezione. Ben presto, poi, scopriamo che le sue notti sono abitate da incubi, che di nascosto dai genitori legge un libro, dal quale è morbosamente attratto, intitolato Storie spaventose, e che, con una sorta di torbido compiacimento, insegue altre storie, partorite dalla sua fosca immaginazione: storie di assassini, di rapimenti, di orfanità. E sentiamo, con vaga ma crescente angoscia, che su di lui incombe un’oscura minaccia – quella che i suoi incubi possano, da un momento all'altro, assumere una forma reale, travolgendo ogni possibile difesa, condannandolo a vivere per sempre nell'inferno di quei mostri infantili. Questo perturbante, stringatissimo noir è da molti considerato il romanzo più perfetto di Emmanuel Carrère – l’ultimo da lui scritto prima di scegliere una strada diversa dalla narrativa di invenzione.
– Disturbante –
La settimana bianca di Emmanuel Carrère (Adelphi) è un libricino che ho adorato. Sapevo che questo libro era in un certo senso legato a L’avversario (trovate QUI la mia recensione) e mi è sembrato d’obbligo leggerlo.
Pensavo al mio romanzo, La settimana bianca. Romand mi aveva detto che quel libro raccontava esattamente la sua infanzia. Pensavo al grande vuoto bianco che si era scavato a poco a poco dentro di lui fino a lasciare soltanto un simulacro di uomo vestito di nero, un baratro da cui proveniva la corrente d’aria gelida che faceva rabbrividire il disegnatore
Ormai avete imparato a conoscermi e sono sempre un po’ severa con Carrère perché so che è considerato uno dei più grandi scrittori contemporanei e quindi sì, vado spesso a cercare il pelo nell’uovo. Ne La settimana bianca non ho trovato difetti: è stato amore alla prima riga.
La settimana bianca è un romanzo di finzione, qui Carrère non mescola elementi autobiografici con la trama, almeno non palesemente, e la storia è all’apparenza semplicissima.
Protagonista un ragazzino un po’ impacciato che parte alla volta della settimana bianca con la classe: o meglio, viene accompagnato dal padre in auto perché appena qualche giorno prima si è consumato un dramma: un pullman di ragazzini è andato fuori strada e il padre non vuole che il figlio corra nessun rischio.
L’angoscia di Nicolas è palpabile: fa ancora la pipì a letto, ha pochi amici, ed è ossessionato dalle storie del terrore. Insomma, Nicolas è un emarginato: non ha amici, non vuole trascorrere la settimana bianca lontano da casa, non vuole che gli altri si accorgano di quanto è diverso.
E così in un crescendo di inquietudine Carrère è bravissimo a portarci fuori strada, ancora e ancora.
Le notti di Nicolas sono popolate dagli incubi più feroci che vengono ammansiti da una febbre improvvisa. Il nostro protagonista potrà così godersi in tranquillità qualche giorno rintanato nello studio dello chalet ed è lì che anche noi ci rilassiamo. illudendoci di poter lasciare l’orrore fuori di casa.
La neve ricopriva ogni cosa. I fiocchi continuavano a cadere, volteggiando dolcemente nel vento.
Era la prima volta che Nicolas vedeva tanta neve, e dal fondo del suo sconforto provò un senso di meraviglia.
Rimase un istante sulla soglia, immobile, poi allungò una mano e un fiocco vi si posò delicatamente. Uscì.
Ed è in una notte gelida e solitaria che Nicolas si sente perduto, spaesato e ha paura di essere assassinato.
Carrère con delicatezza e inquietudine ci conduce verso un finale aperto, apertissimo:
Nicolas trascorse il resto del viaggio a chiedersi quali fossero state le sue ultime parole. Una breve risposta a Patrick in macchina, probabilmente. Aveva deciso di non parlare più, mai più. Ormai era l’unica forma di protezione che riuscisse a immaginare. Neanche una parola, da lui non avrebbe cavato più niente. Sarebbe diventato un blocco compatto di silenzio, una superficie liscia e scivolosa contro cui la sventura sarebbe rimbalzata senza trovare un accesso. Se avesse voluto, se avessero osato, gli altri gli avrebbero parlato ma lui non avrebbe risposto. Non li avrebbe neanche sentiti. Non avrebbe sentito quello che gli avrebbe detto sua madre, verità o menzogna, senz’altro menzogna. Gli avrebbe raccontato che suo padre avrebbe avuto un incidente durante una trasferta, e che per una ragione o per l’altra non potevano andarlo a trovare all’ospedale. Oppure che era morto, e non sarebbero andati neanche al suo funerale, né a raccogliersi sulla sua tomba. Avrebbero di nuovo cambiato città, forse anche nome, nella speranza di lasciarsi alle spalle quel silenzio e quella vergogna che li avrebbero ormai accompagnati ovunque, ma la cosa non l’avrebbe più riguardato, lui avrebbe taciuto, taciuto per sempre.
La settimana bianca è…
Disturbante. Carrère mette in scena l’orrore e noi non possiamo fare a meno di leggere e trarne anche un perverso piacere. Non sono un’amante dei noir eppure non ho avuto pace finché non ho terminato la lettura de La settimana bianca: breve, essenziale e magnetico.
Ho amato tantissimo anche I baffi (LEGGI QUI la mia recensione) e forse ad oggi, preferisco il Carrère che racconta la finzione piuttosto che la realtà.
Non mi sono dilungata troppo sulla trama, il rischio di dire troppo è altissimo e spero possiate godervi questa penna tagliente e avvolgente.
Consigliato per gli amanti delle storie noir, per chi vuole leggere qualcosa di originale , per chi non ha paura di perdersi negli incubi di un bambino.
Lascia un commento