La vita bugiarda degli adulti
La trama
Crescere per diventare cosa, per assomigliare a chi?
Il nuovo romanzo di una scrittrice amata in tutto il mondo.
Il bel viso della bambina Giovanna si è trasformato, sta diventando quello di una brutta malvagia adolescente. Ma le cose stanno proprio così? E in quale specchio bisogna guardare per ritrovarsi e salvarsi? La ricerca di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli di sopra, che s’è attribuita una maschera fine, e quella di sotto, che si finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o giù, la città pare senza risposta e senza scampo.
– Feroce –
La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante (Edizioni E/O) è un libro che mi ha lasciato turbata, ho sempre avuto un rapporto strano con questa autrice. Da una parte sono affascinata dalla scrittura, dai modi bruschi, dalle parole feroci… dall’altra faccio fatica a capire i personaggi. Ho rimandato a lungo l’acquisto de La vita bugiarda degli adulti perché avevo paura che non fosse all’altezza dell’amica geniale e in effetti così è stato. A convincermi subito l’aria di Napoli, Giovanna e Vittoria che tanto mi ricordavano Elena e Lila, a lasciarmi basita il finale e la fretta con la quale la storia si chiude. Troppo in fretta per capire realmente i personaggi. Insomma, per me questo romanzo non è del tutto promosso. L’impressione è che la Ferrante dia il meglio di se con le storie lunghe, nelle quali personaggi possano svelarsi, cambiare e stupirci. Negli altri romanzi (e io li ho letti tutti) a rimetterci sono proprio i protagonisti che si perdono e… non mi rimangono impressi.
Ho aspettato un paio di settimane prima di scrivere questa recensione perché volevo essere il più obiettiva possibile. Accantonata la fame di sapere su Giovanna e Vittoria, posso dire serenamente che a questo romanzo manca qualcosa.
Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto – gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole – è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione.
Anche questa volta l’incipit è spiazzante e ci mostra uno strappo. Giovanna apprende di essere brutta, Giovanna smette di essere una bambina. Cresciuta in una famiglia borghese, Giovanna non parla il dialetto, non ha modi sguaiati e soprattutto non ha rapporti con i parenti del padre. E proprio questa mancanza di rapporti eserciterà sulla protagonista tredicenne un fascino irresistibile. Brutta, possibile che fosse brutta? Ad un certo punto non capiamo più se “Giannina” ha paura di essere brutta fuori, esteticamente, oppure umanamente. Davvero è uguale alla terribile zia Vittoria? L’unico modo per scoprirlo è incontrarla, dando vita a un rapporto dai contorni malati. Vittoria è una donna dura, rimasta sola e abituata a comandare. Ha conosciuto l’amore, quello vero, carnale e angelico allo stesso tempo, ma l’ha perduto. Di Enzo restano soltanto i ricordi d’amore e di sesso, le visite al cimitero e… la moglie Margherita. Due donne possono essere unite dall’amore per lo stesso uomo? Ma ora stiamo correndo troppo…
Ne La vita bugiarda degli adulti le protagoniste sono queste due figure femminili: nipote e zia divise da anni, educazione, carattere. Vittoria butta Giannì in un inferno chiamato vita adulta. La zia le mostrerà che nulla è come sembra: basta osservare un po’ più attentamente il mondo circostante e… Giannina si accorgerà che la propria famiglia non è quella che racconta di essere: dalla tirchieria del padre, all’atteggiamento ambiguo della madre. L’ingresso nella vita adulta è una vera e propria sofferenza per Giovanna che cerca disperatamente la propria dimensione. Prima il dialetto per far dispetto ai genitori, i brutti voti a scuola, i vestiti grandi e scuri per nascondersi, il trucco pesante, l’atteggiamento lascivo… Giovanna è una ragazza che vorrebbe tornare bambina ed è una pedina nelle mani della zia. O forse no… difficile dirlo, perché di Vittoria sappiamo poco nonostante tutto. Le piace tirare tiri mancini al fratello, è invidiosa, rozza, maleducata… ma è anche una donna in cerca di affetto e chissà forse anche dentro di lei si nasconde la bellezza.
La Napoli in cui si muovono i personaggi, e ce ne sono parecchi, è una città familiare. Qui come nell’amica geniale si respira un’aria di degrado impregnata da diversi umori che passano dalla voglia di riscatto all’arrendevolezza. Oltre alle amiche di Giovanna ci sono anche gli uomini: Roberto, Rosario… tutti diversi, tutti con una sola dimensione: o eccezionali o… santi. Ma al centro ci sono questi rapporti familiari, tutti corrotti, tutti sporcati da segreti e angherie.
I mesi passano e Giovanna non può fare a meno di crescere, i cambiamenti nella sua famiglia e in quella delle amiche sono sempre più grandi. L’unica costante? Un maledetto braccialetto che è sempre nelle mani sbagliate, invece di essere simbolo di amore, regala inquietudine e amarezza a chi lo indossa. Inutile dire che lo zampino è quello di zia Vittoria.
Il tempo della mia adolescenza è lento, fatto di grandi blocchi grigi e improvvise gibbosità di colore verde o rosso o viola. I blocchi non hanno ore, giorni, mesi, anni, e le stagioni sono incerte, fa caldo e freddo, piove e c’è il sole. Anche le protuberanze non hanno un tempo sicuro, il colore conta più di ogni datazione. La tinta stessa, del resto, che prendono certe emozioni è di durata irrilevante, chi sta scrivendo lo sa. Appena cerchi le parole, la lentezza si muta in vortice e i colori si confondo come quelli di frutta diversa in un frullatore. Non solo “passò il tempo” diventa una formula vacua, ma anche “un pomeriggio”, “una mattina”, “una sera” risultano indicazioni di comodo.
La vita bugiarda degli adulti è…
Un racconto feroce, sulla ricerca di un’identità che di fatto viene pilotata. Dalla genetica o dai rapporti?
Questa storia è uno strappo, uno schiaffo sulla faccia di Giannina che forse in un’altra vita avrebbe potuto essere la Elena dell’amica geniale. All’inizio il racconto è veloce, entriamo all’improvviso nelle vite dei personaggi e lo facciamo durante le riflessioni della protagonista, poi il ritmo cala e quasi si appiattisce. Siamo sempre nella testa di Giovanna, ci racconta il passare dei mesi e degli anni con un pizzico di rassegnazione, con l’arrendevolezza di chi non ha tredici anni, ma almeno trenta di più. Se questo fosse il primo volume di una saga credo che lo promuoverei con un voto decisamente più alto perché nel secondo mi aspetterei sicuramente l’approfondimento di Vittoria, che non può essere soltanto una povera donna bipolare, come appare qui.
La lingua della Ferrante è magnetica, ruvida, anche fastidiosa, ma è impossibile staccarsene. Lo promuovo con tre stelle stiracchiate, sperando di incrociare ancora il cammino di queste famiglie.
Consigliato per chi ha bisogno di una storia particolare, narrata con una lingua che non lascia tregua. Qui nulla è taciuto, specialmente la pochezza umana.
4 COMMENTI
Grazia
4 anni faHo letto in poche settimane tutta la saga di L’amica geniale perché un’alunna voleva farci su la tesina. Mi ha catturato, non c’è dubbio. La cosa piu interessante forse è l’incessante svelamento delle motivazioni nascoste dietro l’agire dei personaggi. La Ferrante è una psicologa molto esperta, ma tralasciando alcune cadute di stile, fili non riannodati, lasciati cadere senza in perché, ciò che mi è piaciuto di meno è il gusto di abbassare e immeschinire tutto, non lasciando speranza né senso.
Rimasta orfana, ho acquistato “La vita bugiarda degli adulti” ed è stato come ritrovare gli amici. La voce voce narrante sempre quella di Elena, Lila/Vittoria, Antonio/Corrado, Enzo/Tonino, Michele Solara-/Rosario, Nino Sarratore distribuito fra Andrea/Mariano/Roberto. Sul finale, orrendo, mi associo al giudizio della blogger (troppo comodo chiudere così!). È un libro fatto di avanzi, che fin dal titolo ammicca alle ragazzine, ma è una lettura deprimente che sconsiglierei soprattutto alle più giovani.
Martina
4 anni faHo appena finito di leggere il libro e sono corsa a cercare recensioni per capire se qualcuno la pensasse come me… Ho trovato la storia una “brutta copia” (passatemi il termine) dell’Amica Geniale, serie di libri che ho amato con tutto il cuore, forse a causa dell’ambiente molto simile, sicuramente la Napoli di cui parlano, divisa fra la smania di scalare la scala gerarchica e la povertà radicata è la stessa, ho trovato il rapporto fra Giovanna e Vittoria molto simile, seppur diverso, a quello fra Lenù e Lila. Allo stesso tempo la Ferrante ha un modo di scrivere che mi tiene attaccata al libro in una maniera che nessun altro scrittore riesce a fare.
Recensione ben fatta, comunque, seguirò con piacere il blog.
Francesco
4 anni faLibro ben scritto, ma grattando grattando mi è sembrato la solita solfa della napoletanità di sotto, feroce, sguaiata ma vera, e di quella di sopra, colta, educata ma fasulla, tutta tesa a far dimenticare che pure il sopra in fondo viene dal sotto…. Anche l’Amica geniale, malgrado fosse incentrata tutta su personaggi e situazioni della Napoli plebea, alla fine era una tenzone tra genuinità povera e incolta e aspirazioni a raffinatezze borghesi benestanti , acculturate e ipocrite. Quello che l’Amica geniale aveva e la Vita bugiarda non ha casomai è la complessità e coralità della trama. Quella della Vita bugiarda mi è parsa parecchio fragile e anche francamente noiosa..
Sabrina
5 anni faSono d’accordo con te su questa recensione, vorrei tanto che fosse il primo di una saga.
La Ferrante comunque rimane una grande scrittrice i suoi personaggi ti catturano sempre riesci a vederli a sentirli in casa mentre leggi.
Complimenti per il blog sempre spunti interessanti.
Sabrina