L'isola dei senza memoria
La trama
In un tempo non precisato, su un’isola senza nome l’intera popolazione progressivamente smette di ricordare. Come per un’inspiegabile epidemia della memoria, sparisce l’idea di qualcosa, quindi sparisce la cosa stessa. Un giorno dopo l’altro, l’epidemia colpisce tutto e tutti. Nottetempo un guizzo inatteso, e gli uccelli è come se non esistessero più: cancellati dalla mente, vibrano nell’aria come meteore senza senso. Che cos’erano le fotografie e i francobolli, cosa i frutti del bosco e le caramelle? Che cos’era il suono del carillon, cosa il profumo delle rose? Dimenticati, i fiori vengono gettati nel fiume, per sbarazzarsi di ciò che è inutile oramai. Gli abitanti dell’isola non ricordano più i traghetti, non sanno più andarsene. Gli abitanti dell’isola non ricordano più la funzione di gambe e braccia, non sanno più muoversi. Gli abitanti dell’isola bruciano i libri su un rogo per disfarsi di quegli oggetti di carta che nessuno è in grado di usare. La Polizia Segreta vigila sull’oblio collettivo, perseguitando chi, per cause misteriose, non riesce a dimenticare. Vigila e perseguita chi dei libri vorrebbe ancora servirsi, come un’autrice e il suo editore, impegnati a difendere la memoria attraverso la narrazione scritta, ultimo baluardo contro la cancellazione della coscienza. Nell’Isola dei senza memoria di Yoko Ogawa la dimenticanza si fa regime totalitario, sistema di sorveglianza, come nelle migliori distopie e nelle peggiori deviazioni del reale. Una fiaba allegorica e oscura, terribilmente vera, sul potere della memoria e la devastazione generata dalla sua perdita, che equivale alla perdita dell’umanità; sulla speranza della letteratura come ultima traccia del nostro labile passaggio sulla Terra. Yoko Ogawa scrive così il surreale libro nero di un mondo in cui il divenire è svuotamento e la vita persecuzione; in cui alienazione e separazione dal senso sono le uniche costanti nel buio grottesco della natura umana.
– Perdita –
L’isola dei senza memoria di Yoko Ogawa (Il Saggiatore) è stato un viaggio dell’orrore, un libro che mi ha spaventato tantissimo perché ho sempre avuto l’ossessione dei ricordi. Sono un’accumulatrice, cerco di non buttare mai via nulla. Nella mia famiglia è sempre stato così, ogni oggetto della casa non era mai soltanto una cosa, perché aveva una storia. Per questo è stato bello e spaventoso misurarsi con L’isola dei senza memoria perché rappresenta tutto quello che non vorrei mai perdere: ricordo dunque sono, parafrasando Cartesio. Sì, perché cosa o chi saremmo senza i nostri ricordi?
Questa è anche la prima volta in cui ho trovato affinità con una scrittrice giapponese. L’isola dei senza memoria potrebbe essere definito un romanzo distopico ma forse non nel senso tradizionale del termine. Qui non ci sono grossi avvenimenti o catastrofi imminenti, l’inquietudine è dettata dal lento scomparire di oggetti e dalla voce calma, quasi rassicurante dell’autrice.
Ci troviamo su un’isola, non sappiamo né dove né quando. Sappiamo soltanto che gli abitanti smettono di ricordare. Senza quasi preavviso, a poco a poco, scompaiono oggetti, stagioni… animali. Riuscite davvero a immaginare un cielo senza uccelli?
Di questo passo, quando non saremo più in grado di compensare le cose scomparse, l’isola si riempirà di vuoti. Mi angoscia l’idea che diventi vuota, inconsistente e che all’improvviso scompaia senza lasciare traccia. Non ci hai mai pensato, nonno?
La nostra protagonista è una scrittrice di romanzi. Non si può certo dire che sia un’autrice di successo perché all’isola (un po’ come nella società contemporane) i libri non vengono considerati come beni di valore e chissà perché sospettiamo possano sparire da un momento all’altro.
Impossibile scoprire cosa sparirà, quello che sappiamo è che ogni volta in cui avviene una sparizione, l’isola rimane in subbuglio per qualche giorno ma non è questa la parte peggiore. Subito dopo le sparizione di solito interviene la polizia segreta che elimina anche le tracce più flebili che potrebbero ricondurre a quel ricordo. La protagonista lo prova sulla pelle: gli uccelli sono scomparsi e gli agenti mettono a soqquadro lo studio del padre che, per mestiere, si occupava proprio di volatili.
In un’ora soltanto, l’aspetto della camera era cambiato: i segni della presenza di mio padre, che vi avevo gelosamente custodito, erano del tutto scomparsi, sostiuiti da un vuoto incolmabile. Rimasi in piedi al centro della stanza: mi sembrava ora una cavità abissale che stava per essere risucchiata da un punto sul fondo.
La giovane donna che racconta questa storia non lo fa da sola ma con il nonno. Un simpatico signore che anni prima si occupava di motori delle barche, sapeva tutto di imbarcazioni. Scomparse anche quelle. Le carcasse rimangono lì prive di significato e scopo agli occhi degli isolani. Da sempre legato alla famiglia della protagonista anche lui è condannato a dimenticare, non è come la mamma della scrittrice che custodiva gelosamente gli oggetti nei cassetti. Un bel giorno la polizia è andata a prenderla a casa e nessuno l’hai mai più vista.
Nastro, campanella, smeraldo, francobollo… Le parole pronunciate da mamma mi eccitavano, come se fossero i nomi di bambine straniere o di nuove varietà di piante. Era divertente fantasticare sul tempo in cui quelle cose esistevano normalmente sull’isola.
Però era anche difficile immaginarselo. Gli oggetti restavano immobili raggomitolati come animaletti in letargo, senza darmi nessun tipo di segnale. Spesso provavo una sensazione di incosistenza, come se avessi afferrato una nuvola fluttuante nel cielo e ne stessi facendo statuite d’argilla. Di fronte ai cassetti segreti, dovevo contrare tutto il mio spirito su ciascuna delle parole di mamma.
La popolazione infatti si divide tra chi ricorda tutto e quindi veniva e viene arrestato (e ucciso), e chi invece subisce le scomparse rimanendo impotente.
L’isola dei senza memoria si fa sempre più inquietante quando scopriamo insieme alla protagonista l’infallibile sistema: le cose scompaiono a una velocità e in un numero radicalmente diverso rispetto alle “cose” inventate. E la maggioranza della popolazione non se ne accorge perché a poco a poco si svuota. A tenerci con il fiato sospeso non è la caccia della polizia, la scoperta degli alloggi segreti ma l’atrofia che si impadronisce di tutti i membri dell’isola che a poco poco si spengono… scomparendo.
Io non lo so se L’isola dei senza memoria è un romanzo metafora della società odierna ma sicuramente mi ha fatto riflettere sulle cose che lasciamo indietro e su quelle che creiamo.
Questo libro dimostra l’importanza del “bagaglio del passato”. I ricordi, comrpesi quelli brutti, sono quelli che ci hanno permesso di essere chi siamo, la nostra eredità. A furia di perdere pezzi non saremo più in grado di lasciare nulla ai nostri figli, nemmeno il potere della parola.
L’isola dei senza memoria è…
Un libro sulla perdita. Che si tratti di lutto, trauma, imposizione, la perdita qui è scandagliata in ogni sfumatura. Quando la protagonista scopre, grazie ad R., che a furia di sparizioni potrebbe cessare di esistere, rimaniamo con lei a bocca aperta perché in un certo senso anche noi ci siamo abituati all’idea del “lasciare andare” senza pensarci troppo. Dimenticando che ogni perdita ha bisogno di elaborazione.
Durante tutta la lettura ci aspettiamo che accada qualcosa, l’irrequietezza non ci abbandona mai perché non sappiamo mai cosa sparirà, fino alla fine, quando ci ritroveremo in uno stanzino a sperare, nonostante tutto.
Consigliato per chi ha bisogno di riflettere e ha il tempo e la voglia di abbandonarsi a una lettura insolita, confortante e inquietante allo stesso tempo.
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