L'ultimo atto del signor Beckett
La trama
A Parigi, nel XIV arrondissement, in rue Rémy-Dumoncel, c’è un palazzo bianco, la casa di riposo Le Tiers-Temps. Tra gli ospiti, un signore dal volto cupo e gli occhi penetranti che gioca con i ricordi, mescolando due lingue, l’inglese della sua Irlanda e il francese dell’esilio letterario. Si tratta di Samuel Beckett, Premio Nobel per la letteratura nel 1969. Il racconto alterna in maniera suggestiva fatti realmente accaduti e immaginazione, flashback e monologhi interiori: circondato dai suoi fantasmi, afflitto dal dolore per la perdita dell’amata moglie Suzanne, l’ottantenne Beckett rievoca la vitalità del passato mentre assiste all’inesorabile cedimento delle proprie forze. Con una massiccia dose di humour e di tenerezza, Maylis Besserie ci rivela uno stupefacente Beckett in attesa del suo finale di partita. Un’emozione sempre più forte si impadronisce del lettore, man mano che il romanzo accompagna il grande irlandese verso l’ultimo dei suoi silenzi.
– Commovente –
L’ultimo atto del signor Beckett di Maylis Besserie (Voland edizioni) ha atteso pazientemente il suo turno in libreria per anni. Poi un giorno è arrivata la chiamata e no, non mi ha deluso. L’ultimo atto del signor Beckett è una storia dalle tinte malinconiche. Sono rimasta subito colpita dalla voce del protagonista e dal luogo in cui si trova.
Beckett è ormai anziano e viene accudito da infermiere e dottori. Lucio, lucidissimo, fa sfilare davanti agli occhi dei lettori i fantasmi della sua vita, dando vita a un racconto pieno di umorismo e tristezza.
Raduno gli ultimi neuroni validi della mia mente striminzita. Un lavoraccio: due righe al massimo, nei giorni di grande afflato. Del resto, secondo le leggi della fisica, a forza di rallentare è ben probabile che mi fermi. Facendola finita con le parole, e loro con me.
L’autrice ha immaginato, ma si è chiaramente documentata, gli ultimi mesi di vita del Premio Nobel Samuel Beckett. Rinchiuso in una casa di riposo Beckett rievoca la sua giovinezza, gli episodi della sua vita e i fantasmi che lo tormentato. Rigidissimo nelle sue abitudini di scrittura e lettura, trascorre le giornate in compagnia delle parole, comprese quelle che non riesce più a dire.
È morta. Devo continuamente ricordarmelo: Suzanne non c’è, né in camera, né con me, né da nessuna parte. È… scomparsa. Stamattina però, sotto questa vecchia coperta, è come fosse – non scomparsa, e nemmeno morta – ma qui, sotto la mia coperta, accoccolata addosso al vecchio Sam. Del resto è solo perché è qui, a pesarmi sulle ossa decrepite, stesa sul mio povero scheletro, che so di non essere scomparso anch’io.
Comunque, sento lo stesso un po’ di freddo. Sono troppo magro. Mia madre me lo ripeteva sempre. Quando ero piccolo correvo senza posa, per le strade, per i campi correvo per vincere il freddo, ero troppo magro.
E anche ora che è arrivato alla fine, Beckett è troppo magro ma mai troppo stanco per scrivere e ricordare. Le parole sono il punto centrale de L’ultimo atto del signor Beckett, anche e soprattutto quando inglese e francese si mescoleranno nella testa dello scrittore. Al punto di vista di Beckett si alterna quello dei rapporti redatti dal personale della casa di riposo che registra progressi e regressioni di Beckett. Mangia poco, dorme meno, rimane alzato fino a tardi per leggere e scrivere. La rievocazione degli anni ruggenti con Joyce incantano e stupiscono chi, come me, non conosce quasi nulla di Beckett.
Besserie non scrive una biografia, fa qualcosa di diverso: tratta Beckett come un personaggio, come un personaggio di Beckett. E immagina così questo finale in cui, come tutti, è costretto a misurarsi con quello che è stato: la gloria, l’amore, il dolore.
L’ultimo atto del signor Beckett è…
Commovente. Sono consapevole di non aver fatto una recensione all’altezza dell’opera che ha vinto il Goncourt Opera Prima ma non voglio anticipare altro per non rischiare di rovinare la lettura. Non mi aspettavo una lettura con così tanti strati: c’è la la lingua di Beckett tagliente e spietata, quella del personale medico asettica e asciutta e poi quella di Besserie, malinconica e tenera.
Stai riscrivendo il finale. È più forte di te. Nessuno sa. Nessuno conosce il finale.
E proprio per questo è meraviglioso dare vita a un finale possibile. Consigliato per chi è in cerca di una lettura breve e folgorante, malinconica e accattivante. La compagnia di Beckett è decisamente piacevole.
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