Menzogna e sortilegio
La trama
La prima apparizione di Menzogna e sortilegio (Premio Viareggio 1948) fu una sorprendente smentita a quanti denunciavano una presunta crisi dell'arte del romanzo. Contro i pregiudizi contemporanei, questo si proponeva come un vero romanzo, secondo i modelli della grande tradizione, che da Stendhal, a Tolstoj, arriva a Proust: specchio di una intera società umana, dove le relazioni e i personaggi del dramma reale si riconoscono in tutta la loro pietà; e al giro conchiuso di ogni generazione e di ogni destino rispondono altre dimensioni senza termine, imitando il movimento della realtà stessa. Menzogna e sortilegio si serve di un linguaggio inventato e fantastico, in cui il pretesto dell'allusione e del gioco non è altro che una specie di pudore per difendere l'intimità troppo scoperta di una straordinaria confessione.
– Incantesimo –
Menzogna e sortilegio di Elsa Morante (Einaudi) è stata una lettura intensa, dolorosa e a tratti anche un po’ faticosa. Uscire dalle atmosfere di Morante comporta sempre una certa fatica, dopo – come era successo per La storia- ho potuto leggere solo poesia.
Si chiude oggi l’avventura del mio gruppo di lettura L’isola di Morante con questo tomone che siamo riuscite a divorare in meno di cinque settimane. E siamo già pronte per nuove letture.
Ma torniamo alla storia, Menzogna e Sortilegio è una sorta di saga familiare ammantata di tristezza. All’inizio mi sono ritrovata a detestare tutti i personaggi, dopo li avrei abbracciati. Sono tutti messi a dura prova dalla fame, dalla vergogna, dal bisogno di amore… persone che hanno sopportato enormi prove e non sempre le hanno superate, proprio come succede nella vita reale.
Quando Menzogna e Sortilegio si apre, a parlare in prima persona è Elisa, rimasta orfana della madre adottiva. Comincia così un racconto che ripercorre le vicende dei genitori biologici, dei nonni e dei legami che li soffocano, li condannano o li riscattano a seconda dei casi.
Son già due mesi che la mia madre adottiva, la mia sola amica e protettrice, è morta. Quando, rimasta orfana dei miei genitori, fui da lei raccolta e adottata, entravo appena nella fanciullezza; da allora (piú di quindici anni fa), avevamo sempre vissuto insieme.
La nuova luttuosa ormai s’è sparsa per l’intera cerchia delle sue conoscenze; e, cessate ormai da tempo le casuali visite di qualche ignaro che, durante i primi giorni, veniva ancora a cercar di lei, nessuno sale piú a questo vecchio appartamento, dove sono rimasta io sola. Non piú d’una settimana dopo i funerali, anche la nostra unica domestica, da poco assunta al nostro servizio, si licenziò con una scusa, mal sopportando, immagino, il deserto e il silenzio delle nostre mura, già use alla società e al frastuono. Ed io, sebbene l’eredità della mia protettrice mi consenta di vivere con qualche agio, non desidero provvedermi di nuova servitú. Da varie settimane, dunque, vivo rinchiusa qua dentro, senza vedere alcun viso umano, fuor di quello della portinaia, incaricata di recarmi le spese; e del mio, riflesso nei molti specchi della mia dimora.
Talora, mentre m’aggiro per le stanze, in ozio, il mio riflesso mi si fa incontro a tradimento; io sussulto, al vedere una forma muoversi in queste funebri acque solitarie, e poi, quando mi riconosco, resto immobile a fissar me stessa, come se mirassi una medusa. Guardo la gracile, nervosa persona infagottata nel solito abito rossigno (non mi curo di portare il lutto), le nere trecce torreggianti sul suo capo in una foggia antiquata e negligente, il suo volto patito, dalla pelle alquanto scura, e gli occhi grandi e accesi, che paion sempre aspettare incanti e apparizioni. E mi domando: «Chi è questa donna? Chi è questa Elisa?» Non di rado, come solevo già da bambina, torco la vista dal vetro, nella speranza di vedervi rispecchiata, appena lo riguardi, una tutt’altra me stessa; ché, scomparsa la mia seconda madre, la sola cui piacque di lodarmi, e perfino di giudicarmi bella, rinasce in me, e si rafforza ogni giorno, l’antica avversione per la mia propria figura.
Tuttavia, devo riconoscere che questa figura familiare, benché poco amabile, non ha un’apparenza scostumata o disonesta. Il fuoco dei suoi occhi, neri come quelli d’una mulatta, non ha nulla di mondano: esso ha talora la vivacità irrequieta che può ritrovarsi negli occhi d’un ragazzo selvatico, e talora la mistica fermezza dei contemplanti. Questa goffa creatura che ha nome Elisa può sembrare a momenti una vecchia fanciulla, a momenti una bambina cresciuta male; ma in ogni suo tratto, non si può negarlo, essa esprime la timidezza, la solitudine e l’altèra castità
Morante ci conduce nelle loro vite e riannoda i fili mentre le settecento (!) pagine scorrono alla velocità della luce. E a poco poco siamo costretti a cambiare idea su quei personaggi che parevano tanto arcigni: alla fine erano solo sofferenti.
Elisa, sola con il misterioso Alvaro, racconta la genesi della propria famiglia. Elisa parte raccontando le vicende della nonna Cesira, mamma di Anna. Anna fin da bambina cade vittima di un sortilegio: si innamora follemente del cugino Edoardo.
Comincia così una travagliata storia d’amore fatta di ingiustizie, soprusi, umiliazioni… Anna è completamente sottomessa: per Edoardo farebbe qualunque cosa, compreso sfregiarsi il volto, ingrassare, imbruttire per far sì che nessun uomo la possieda mai più come l’ha posseduta lui.
Ma di mezzo ci sono classi sociali diverse, odi familiari, mancanza di denaro, malattia…la storia di Anna ed Edoardo è costretta a interrompersi. L’infelicità di Anna genererà a catena una serie di ingiustizie che si ripercuoteranno su Elisa. Questa Elisa così simile ad Elsa, bisognosa di attenzione, amore e approvazione. Invisibile e sostituibile Elisa farà di tutto per attirare l’attenzione di sua madre e le scene finali vi spezzeranno il cuore… ma sto correndo troppo.
Le vicende ambientate nel sud d’Italia dovrebbero essere a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Lo sfondo è fatto di superstizioni, cattiverie, credenze, malignità e la nostra narratrice non nasconde nulla: né le sue preferenze né le mancate qualità dei suoi personaggi.
O impareggiabile prosapia! Mia madre fu una Santa, mio padre un granduca in incognito, mio cugino Edoardo un ras dei deserti d’oltretomba e mia zia Concetta una profetessa regina. Si fissarono così, in solenni aspetti a me familiari, le maschere delle mie futili tragedie…”. Così assediata da tali “magnifiche” ombre, l’io narrante di Menzogna e sortilegio s’incammina verso la necropoli del proprio mito familiare: pari a un archeologo che parte verso una città leggendaria.
Elisa racconta le storie di Edoardo, di Francesco e di Anna condannandosi quasi per l’ingenuità di allora. Tutto quello che le sembrava magico, misterioso, incomprensibile, si trasformerà in qualcosa di meno poetico. La menzogna, il vero motore delle vicende, viene smascherata e rimane soltanto lo sguardo deluso di una ragazza diventata adulta troppo presto.
I miei lettori mi perdoneranno se li intrattengo su simili fanciullaggini: essi devono comprendere che una storia come una pianta, avanti d’essere un albero frondoso, e carico di frutti è uno stelo acerbo la cui natura si può riconoscere appena appena dalla forma delle foglioline insapori ed esigue. Perciò avanti che la mia storia maturi, vogliano essi adattarsi al sapore insipido, comune e amarognolo della sua età acerba.
La follia che divora Anna è difficile da raccontare per la stessa Elisa ed è lì che intuiamo che forse la narratrice non è così affidabile come potremmo pensare.
Il male velenoso della menzogna serpeggia per i rami della mia famiglia, sia paterna che materna. Esso vi apparirà sotto molti aspetti, evidenti o larvati, in diversi personaggi della presente storia, e voi non dovrete addebitarlo a vizio della medesima, essendo questa appunto intesa a raccogliere le testimonianze veritiere della nostra antica follia.
Menzogna e sortilegio è…
Un incantesimo. Fin dalle prime righe si è completamente catturati dalla voce di Elisa. Quale storia avrà mai da raccontare una ragazza che viveva con una “donnaccia”? Menzogna e sortilegio ha il sapore di un romanzo Ottocentesco ma ha la crudeltà che non ti aspetti. Morante smaschera i suoi personaggi senza pietà:mentono e ingannano pur di conquistare soldi e posizioni.
Difficilissimo raccontare un romanzo così ricco di colpi di scena e di significati. Non vi ho svelato quasi nulla perché io l’ho letto così, senza sapere nulla e mi sono goduta ogni pagina, straziata dalle mancanze di Elisa e arrabbiata per i comportamenti di Edoardo. Diciamolo, anche un po’ inquieta per gli atteggiamenti di Concetta, madre di Edoardo.
Quando sono arrivata alla parte finale ho pianto. Non tanto per la sorpresa di un finale già annunciato nelle prime righe ma per il dispiacere di veder andar via Elisa, o meglio, Elsa. Non mi capita spesso ma mentre leggevo pensavo: “Voglio rileggerlo”. Sono arrivata a trent’anni senza mai aver letto Morante, quanto tempo perso.
Non ho dato cinque stelle solo perché cinque stelle le ha La storia.
(…)Il significato dell’intera scena penetrò, allora, nella mia mente tarda. Io presi a battere i denti cosí forte che rovinai, assordata dal loro rumore fantastico; un vento invernale mi aggirò, fui succhiata da una gelida acqua
senza lumi. E l’amata camera materna, accesa dal mezzogiorno d’agosto, fuggí per sempre dai miei sguardi,come una nave straniera.
Consigliato per chi vuole perdersi in una storia familiare dolorosa, avvincente e scritta magnificamente.
4 COMMENTI
Adele
1 anno faHo letto queste 700 e passa pagine senza mai annoiarmi, avvinta dalla splendida scrittura della Morante scrittrice di cui curiosamente non avevo ancora letto nulla; proseguirò col leggere le altre sue opere.
Norma
1 anno faSto per avventurarmi…
Adele
1 anno faLettura fantastica…settecento pagine che non mi hanno mai annoiata ma anzi avvinta e che mi hanno lasciata ammirata dalla meravigliosa scrittura della Morante…e dire che non avevo mai letto nulla di questa scrittrice! Sicuramente continuerò nella lettura delle sue opere.
Ape alina
2 anni faHo appena finito la lettura di questo libro, mi trovavo confusa e disorientata di fronte ad un tale carico emotivo. Ho apprezzato la tuarecensione ha messo un po di ordine