Non piangere
La trama
Spagna 1936. La guerra civile sta per scoppiare. Montse ha quindici anni e, insieme al fratello José, decide di partire per la grande città, dove assiste agli albori della rivoluzione libertaria. Settantacinque anni dopo, davanti a un bicchiere di anisetta, racconta alla figlia gli eventi di quel periodo. Soffre di disturbi della memoria, ma conserva intatto il ricordo splendido di quell’estate del ’36, in cui visse l’unica avventura della sua vita. Alle parole intime e delicate di Montse si intrecciano quelle granitiche di Bernanos che, nei Grandi cimiteri sotto la luna, ebbe il coraggio di scagliarsi contro le atrocità dell’esercito nazionalista, denunciando anche l’infame connivenza tra Chiesa e militari durante la guerra spagnola.
– Potente –
Sta per tornare in libreria Non piangere di Lydie Salvayre (Prehistorica editore). Un romanzo che è un vero e proprio manifesto antifascista, è un libro che non scorderete, un’autrice di cui vorrete poi leggere tutto.
Ho letto Non piangere quando ancora non era stato stampato da Prehistorica e ho aspettato la copia cartacea come si aspetta Babbo Natale la notte più bella dell’anno. Dopo aver amato La conferenza (LEGGI QUI la mia recensione) mi era rimasta addosso molta curiosità per Lydie. Immaginavo la sua versatilità, si percepisce nettamente ne La conferenza, ed ero curiosa di leggere qualcosa di più vicino ai miei gusti. Meno ironico e più… sofferente.
Non piangere ha tutti gli ingredienti al posto giusto: la guerra, il dolore, la storia di una famiglia e poi la potenza di uno stile che non è imitabile. Ho letto qualcosa di Annie Eranux, abbastanza per farmene un’idea come scrittrice, e non mi stupisce sapere il fatto che Salvayre e Ernaux siano messe in contrapposizione. La lingua di Salvayre è ricca, colorata, potente e commovente. Ma anche ironica e tagliente.
Non piangere è la storia di Montse che ha quindici anni ma anche novanta. Il 1936 è stata l’estate più bella della sua vita ed è pronta a rievocarla di fronte a un bicchiere di ansietta. Montse sta perdendo inesorabilmente la memoria eppure il ricordo di quell’estate è così nitido che persino la figlia ha l’impressione di trovarsi lì con lei.
Montse e Josè partono per la città ed è così che si troveranno ad assistere alla rivoluzione tra atrocità, sangue e voglia di libertà. Quando Non piangere si apre Montse viene portata dalla madre a casa della famiglia Burgos che la apostrofano così: “ha un’aria molto umile”. Montse si incendia, non vuole prendere servizio in quella casa dove l’hanno umiliata non facendola nemmeno sedere. Lo scoppio della guerra in Spagna per lei è un sollievo: non dovrà andare a lavorare lì.
Spagna, 1936. La guerra civile sta per scoppiare, e mia madre è una povera cattiva. Una povera cattiva è una povera che non tiene la bocca chiusa. Il 18 luglio 1936 mia madre apre bocca per la prima volta. Ha quindici anni. Abita in un paesino sperduto in cui, da secoli, un pugno di latifondisti costringe tante famiglie come la sua a vivere nella miseria più nera.
Comincia così la storia di Montse che sarà anche quella di Lydie. Non piangere alterna due punti di vista, quello di due ragazzini in festa e quello dello scrittore Bernanos che ne I cimiteri sotto la luna fotografa una realtà violenta e a tratti insostenibile. Le atrocità dell’esercito nazionalista sono appunto atrocità. Benanos è feroce, esasperato dalla violenza prova a indagarne le ragioni senza trovare pace. I capitoli si alternano tra i colori della libertà: i due fratelli toccano con mano il mondo che sognavano. José scopre le proprietà collettive e un’altra idea di società che non credeva possibile. Gli ideali di uguaglianza e fraternità però si scontrano presto con l’incertezza delle persone e con la paura, la delusione… la disillusione di José fa stringere il cuore:
La sua criminale idiozia, diceva, gli aveva fatto credere di essere in paradiso, ma era un paradiso per pecore. Come aveva potuto essere così ridicolmente puerile? Quanto alla Purezza, all’Eterna infanzia, al latte e al miele, alle dolci praterie, alle aspirazioni sublimi dell’anima: Tutte sciocchezze! Buone per accalappiare gli stupidi! Magra consolazione inventata da disperati come lui, feriti dalla vita, che cercavano di nascondersi dietro vane chimere. Bisognava liberarsene. In fretta. E senza lacrime.
Nel frattempo Montse scopre l’amore che la travolge, ancora non lo sa ma la sua vita cambierà per sempre, proprio come le sorti della Spagna.
Le vicende personali si intrecciano a quelle storiche, ricordi e fatti si sovrappongono proprio come le parole in spagnolo e francese dando vita a una lingua diversa, resa magnificamente dalle due traduttrici.
Non piangere è…
Potente. In questo romanzo Salvayre mostra tutti i colori a disposizione sulla sua tavolozza e sembra farlo senza sforzo. Ci sono quelli accesi che compongono la gioia e la forza di due ragazzi che scoprono la vita che sognavano.Il primo amore, la maternità, il calore… dall’altra parte la lettura di resoconti cupi, atroci e insopportabili. La forza di opporsi ai regimi e la delicatezza nel raccontare la sofferenza e l’amore. Non piangere vi sorprenderà e no, non lo dimenticherete. Soprattutto non dimenticherete la forza e la dolcezza della mamma di Lydie.
Mia madre era bella. Dicono che un tempo aveva quel particolarissimo portamento che le donne spagnole acquisivano a forza di reggere il cántaro in equilibrio sulla testa, un portamento che oggi hanno solo le ballerine. Dicono che incedeva diritta come una nave e flessuosa come una vela.
Dicono che aveva un corpo da diva del cinema e che nello sguardo le si leggeva la bontà del cuore.
Adesso è vecchia, ha il viso segnato dalle rughe, il corpo decrepito, l’andatura insicura e vacillante, eppure i suoi occhi sprizzano giovinezza, e al ricordo della Spagna del ’36 sono attraversati da un lampo di luce che non avevo mai visto prima. Soffre di disturbi della memoria e ha perso per sempre le tracce di tutti gli eventi che ha vissuto dalla guerra a oggi. Ma conserva assolutamente intatto il ricordo di quell’estate del 36 in cui accadde l’impensabile, di quell’estate durante la quale, dice, capì cosa significava vivere, e che fu senza dubbio l’unica avventura di tutta la sua esistenza. A volte mi capita di pensare che, in fondo, è come se per mia madre niente di quello che lei stessa, negli ultimi settantacinque anni, ha considerato reale sia realmente esistito.
Consigliato per chi è in cerca di una storia commovente, vera e nonostante tutto piena di speranza.
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