Piccole morti
La trama
Un uomo viaggia in treno da una località sulla costa meridionale dell’Europa a Berlino. È uno scrittore fallito, un giornalista saltuario che dopo la fine di una relazione decide di partire e tornare nella città che ha segnato l’immaginario della sua infanzia. I suoi pensieri incedono al ritmo delle ruote sui binari mentre gli appunti che riempiono il taccuino intrecciano ricordi personali e riflessioni sull’odierna situazione europea, sulle disuguaglianze sociali, sulla violenza e le pratiche disumanizzanti a cui devono sottostare i migranti… Un testo magnetico e dallo stile superbo, un romanzo fortemente ancorato all’attualità che smaschera l’idea illusoria che esista un posto migliore verso cui fuggire.
– Violento –
Piccole morti di Ivana Sajko (Voland edizioni) è stata una bellissima scoperta. Cominciato alla cieca, senza sapere nulla, mi ha conquistato fin dalle prime righe. Un flusso di coscienza doloroso e travolgente mi ha trascinato nella storia di un amore finito e nella storia di una nazione, o forse nella storia di tutti noi.
Uno scrittore che non riesce più a scrivere, dolori di coppia e famigliari, traumi, guerre… come si fa a circoscrivere gli argomenti di Piccole morti? Forse non si può ed è per questo che mi è piaciuto così tanto.
Cosa sono le piccole morti? Un insieme di fallimenti e di dispiaceri personali e universali. Solo all’apparenza Piccole morti è la storia di un amore finito. Il protagonista ripercorre la storia con la sua ex fidanzata e il dolore della separazione ma questa è solo la punta dell’iceberg e per scoprire il resto non servirà grattare ma spingersi avanti nel racconto. La meta è Berlino, il punto di partenza un paese nella costa meridionale dell’Europa, a farci compagnia un blocco sul quale annotare fallimenti, impressioni e traumi di una vita.
Prenderò la coincidenza per Berlino, dove sono diretto rifiutandomi di dare a questa cosa un obiettivo, se non quello di andarmene finalmente, di riempire il mio taccuino, di scrivere senza ripensamenti come si scrivono le lettere agli amici fidati e di trovare la voce che sarà il riflesso nello specchio nel quale ora sono completamente solo.
Non c’è modo di sfuggire a Piccole morti, una volta cominciata una frase il lettore deve arrivare fino alla fine trovandosi davanti uno scenario solo all’apparenza lontano.
Sì perché fuori dal treno c’è un mondo violento e spietato come la scrittura di Ivana Sajko:
La disuguaglianza nella quale l’Europa sprofonderà indifferente, così come sprofonderà nella sua ipocrisia, nei suoi interessi locali, nella sua cosiddetta democraticità, di cui si serviranno i diversi fascismi in una lotta unitaria contro la ragione, mentre noi finiremo in qualche territorio di confine che funge da zona cuscinetto contro migranti e virus, e dove la miseria di chi si trova già là lavora strategicamente contro la miseria di chi sta arrivando, perché la miseria odia la vista della miseria.
In questa danza tra vicende personali e nazionali, l’autrice ci costringe a guardare con altri occhi la questione balcanica e anche le nostre vite.
Cosa sono le piccole morti? Sono tutti gli episodi in cui ci arrendiamo, giorno dopo giorno moriamo un po’ senza accorgercene. Ci arrendiamo al rancore, alla violenza, all’apatia e alle disuguaglianze. E questo Sajko non ce lo perdona. La morte dell’amore, la morte della creatività e dell’ambizione del protagonista serviranno solo a sottolineare qualcosa d’altro; la morte dell’umanità.
Piccole morti è…
Violento. La scrittura di Sajko è ammaliante ma non fa sconti a nessuno, né ai suoi personaggi né ai lettori. L’Europa si volta dall’altra parte quando scoppia la guerra e lascia che la violenza imperversi regalando disuguaglianze e dolore.
Leggendo piccole morti mi sono sentita come il soldato di Samacarnda che fugge dalla morte. Impossibile scappare, ovunque mi girassi lo spettro della fine era lì con me. Proprio quando il protagonista alza lo sguardo dalla propria (misera) vita per far entrare un po’ di luce, entra l’ombra spietata della morte.
So di non aver reso giustizia a questo testo ma sono sincera, sono molto stanca in questo periodo e ho preferito fissare subito le mie impressioni per non perderle e sperare che questo basti a incuriosirvi. Io l’ho letto in pochissimo tempo (e non mi capitava da una vita) ma mi ha lasciato addosso un senso di angoscia difficile da scacciare.
Consigliato per chi è in cerca di una storia cupa e dura, raccontata da una penna seducente e spietata come la vita.
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2 COMMENTI
Matilde
2 settimane faGrazie per la recensione appassionata! Mi hai incuriosito. Una domanda: pensi che la scrittura di Sajko potrebbe evocare lo stesso impatto se ambientata in un contesto diverso rispetto all’Europa?
Alessandra - La lettrice controcorrente
2 settimane fa AUTHORGrazie a te! Secondo me sì, è uno stile potente indipendentemente dal tema. Al centro resta comunque (secondo me) la morte dell’umanità.