Ultimi versi. 1938-1941
La trama
Negli anni dell'emigrazione parigina, la produzione poetica di Marina Cvetaeva si assottiglia progressivamente. Le incombenze giornaliere, la miseria, i trasferimenti, l'isolamento, le tensioni familiari, l'impossibilità di pubblicare: tutto questo la spinge a dedicarsi alle traduzioni, unica possibile fonte di sostentamento. La situazione precipita con il rientro in patria nel giugno 1939 fino al suicidio nel 1941. Il volume raccoglie, a ottant'anni dalla morte, le poesie dei mesi conclusivi dell'emigrazione francese e quelli dei due anni trascorsi in Unione Sovietica, con testo russo a fronte. I versi emergono come iceberg dal grigiore della quotidianità, risvegliati da eventi storici o da ultimi amori, cui si accompagna il senso di una fine imminente. Un apparato di note ricostruisce attraverso le voci dei contemporanei e di Cvetaeva stessa le vicende che fanno da sfondo al tragico epilogo della produzione della poetessa.
– Folgorante –
Ultimi versi 1938-1941 di Marina Cvetaeva (Voland) è una raccolta di poesia molto breve, ma non per questo meno potente. Lo ammetto, non avevo mai letto nulla della famosissima poetessa russa e sono contenta di aver avuto un assaggio con Ultimi versi 1938-1941, volume curato e tradotto da Pina Napolitano. Ancora una volta mi sento di elogiare l’apparato critico di un volume Voland, fondamentale per inserire la poetessa in un contesto storico e letterario.
In questa raccolta alcune poesie non sono terminate: l’autrice non ha fatto in tempo ad inserire le parole che aveva in mente e così è la nostra fantasia, il nostro orecchio, a colmare la mancanza.
Cvetaeva lasciò la Russia nel 1922 e nel 1941 si tolse la vita. Non è una storia facile quella della poetessa, tormentata e sofferente. I suoi versi sono potenti, intensi, musicali (grazie alla ricerca maniacale come spiegato nell’introduzione) e carichi di sofferenza.
Nei villaggi – felcità tessuta
di rosso, di blu, di ogni colore.
Cosa ti è accaduto,
leone ceco bicaudato?Le volpi hanno vinto
il voivoda del bosco!
Trecento anni di schiavitù,
venti di libertà!Come ogni albero ascolta,
bosco, e ascolta, Vltava!
Leone fa rima con ira.
Vltava – con gloria.Solo un’ora – non di più –
dura in tutto la tua disgrazia!
Oltre la notte della schiavitù –
il pieno giorno della libertà!
I versi, sempre nati da accadimenti politici, nascondono rabbia, amore, resistenza. Scrivere poesie significa resistere: “Non bisogna concedere alla vita questo trionfo; costringere il poeta a fare a meno dei versi, fare del poeta – un prosatore, del prosatore – un defunto”.
Quando nel 1938 comincia a scrivere questi versi, che sono pochi rispetto alla sua produzione precedente, la poetessa vive a Parigi con il figlio mentre il resto della famiglia è tornato a Mosca. Cvetaeva è un’esule senza soldi e fama che celebra la resistenza della Boemia in una terra straniera. Un quadro di profonda difficoltà illuminato soltanto dalla creatività.
Preziosissime le note che ricostruiscono questi ultimi anni di vita di Cvetaeva. Mentre i testi diventano sempre più cupi, i riferimenti alla fine imminente aumentano:
Oh lacrime agli occhi!
Pianto d’ira e d’amore!
Oh Boemia in lacrime!
Spagna nel sangue!
Oh nera montagna
che hai offuscato – ogni luce!
È ora – è ora – è ora
di restituire il biglietto al creatore.
Mi rifiuto – di esistere.
Nel bailamme degli inumani
mi rifiuto – di vivere.
Coi lupi delle piazze
mi rifiuto – di ululare.
Con gli squali delle piane
mi rifiuto – di nuotare – giù
per la corrente delle sviene.
Non mi servono orecchie,
né presaghi occhi.
Al tuo mondo insensato
è il rifiuto – la sola risposta.
Ultimi versi 1938-1941 è…
Folgorante. Mi sono innamorata subito della manciata di versi che ho letto e ora voglio recuperare altro di questa poetessa. Come ho fatto a non leggerla prima? So di non aver raccontato molto ma Pina Napolitano colmerà ogni lacuna.
Perché ha scritto così poco negli ultimi anni? La risposta è ancora una volta folgorante:
Quando mi chiedono: perché non scrivete poesie? come potete non scriverne? – io soffoco di indignazione per l’insensibilità, anzi la mancanza di cuore di questa domanda. […] Quali versi? Per tutta la vita ho scritto – per eccesso di sentimenti. Ora provo in eccesso – quali sentimenti? Offesa. Dolore. Solitudine. Paura. In quale quaderno si possono scrivere versi così??
Cvetaeva racconta l’orrore di una Guerra infinita e la crudeltà di Hitler. La forza della poesia però non l’ha salvata da una fine così ingiusta.
Ultimi versi 1938-1941 è adatto per chi è in cerca di una raccolta potente, che non fa sconti a nessuno e che lascia un velo di amarezza sul cuore difficile da mandare via. Se come me non avevate mai letto Cvetaeva questa potrebbe essere l’occasione giusta!
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