Vinpeel degli orizzonti
La trama
Un cartello sbiadito con su scritto "Benvenuti a Dinterbild". Un pugno di case gettate alla rinfusa intorno a una locanda. Una comunità che pare sospesa nel tempo. Una strada da cui non arriva più nessuno, e nessuno ricorda più dove porti. E gli occhi di Vinpeel, l'unico ragazzino di questa bizzarra comunità, che una notte, scrutando l'orizzonte, si convince che al di là di questo mondo esitante ci sia qualcos'altro.
– Favola –
Ho comprato Vinpeel degli orizzonti di Peppe Millanta (Neo edizioni) al Salone del Libro di Torino. L’ho fatto sull’onda dell’impulso, la copertina mi ha conquistato e subito dopo averlo aperto è arrivato l’autore allo stand. “Un segno del destino”. Poi sono passate le settimane e non mi decidevo a cominciarlo. Perché? Mi sembrava distante dal mio genere…ma quanto mi sbagliavo. Un giorno, un pomeriggio qualunque, il libro di Millanta mi ha chiamato e quello era davvero il momento giusto.
Vinpeel degli orizzonti è un racconto che fa bene all’anima. Ho fatto fatica all’inizio perché… continuavo a chiedermi: Dove vuole andare a parare? Poi l’ho capito.
La storia è quella di Vinpeel e del suo amico (invisibile?) Doan che vivono in una città… che non esiste, Dinterbild. Un posto in cui non si può sognare, nè avere incubi. Un posto che si può raggiungere solo se si smarrisce la strada e in qualche modo, almeno una volta nella vita, per un certo periodo, tutti siamo stati a Dinterbild.
Il padre di Vinpeel, Ned Bundy è il personaggio che da subito mi ha colpito di più. Se Vinpeel e Doan passano il loro tempo a cancellare parole dal vocabolario, catalogando ogni nuvola che vedono, Ned è un uomo solitario costantemente indaffarato, distante e impenetrabile.
Tutti i personaggi ruotano attorno al mare che rappresenta possibilità, malinconia, via di fuga e in poche parole la vita.
La spiaggia è disseminata di conchiglie. Doan cerca ossessivamente l’attimo di felicità che ha perduto, mentre Vinpeel raccoglie conchiglie nella speranza di riuscire ad instaurare un rapporto con il papà: come? Affidando ad esse i racconti delle sue giornate.
Suo padre diceva che ogni conchiglia, quando viene tirata fuori dall’acqua, trascina con sé anche il rumore del mare che sta lasciando. Basta una piccola goccia al suo interno e la conchiglia continuerà a raccontare di quel mare per sempre. Nella sua collezione c’erano conchiglie con dentro il rumore della battaglia di Trafalgar, o il mare calmo di quando Colombo arrivò in America, o ancora i flutti battuti dalla pioggia del Diluvio Universale. Ogni giorno del mondo aveva il suo mare, e ogni giorno del mare la sua conchiglia, e ogni conchiglia, dentro, aveva la sua storia.
I personaggi si incontrano alla Locabda Biton (sì non è un refuso e leggendo il libro capirete il perché di questo nome) mangiano zuppa, bevono vino e… salutano il maiale Dorothy. Ma è sempre il mare il centro di tutto. Ned affida messaggi nelle bottiglie, il pazzo del paese aspetta la sua gamba (Ciò che il mare prende, il mare rende) mentre Vinpeel e Doan provano a svuotarlo con i secchi.
Un giorno a sconvolgere la tranquillità del nostro protagonista, arriva Mune, bambina silenziosa dagli occhi azzurri e i capelli biondi. Vinpeel capisce che è arrivato il momento di fare sul serio, progettare di partire e di lasciare il paese è sempre stato l’obiettivo dei due amici, ora diventa una necessità.
Che ci fa lì Mune? E perchè non pronuncia una sola parola?
«Dicono che non so riconoscere le emozioni. E quando succede, mi paralizzo».
«Che significa?»
«Che quando le farfalle si svegliano e iniziano a sbattere le ali, io non riesco a capire il perché e allora mi blocco, per farle riaddormentare».
«E ieri eri muta per questo?»
«Sì».
Vinpeel rimase per un po’ a pensare alle parole di Mune. Poi sorrise.
«Mune…»
«Sì?»
«Se vuoi posso insegnarti io».
«A fare che?»
«A riconoscere le emozioni».
Vinpeel (Millanta) ci regala una vera e propria guida alle emozioni. Definizioni semplici, come se scaturissero davvero dalla bocca di un bambino e una secondo me, vince su tutte.
Stupore è quando inciampi su una cosa che non ti aspettavi e che ti fa perdere l’equilibrio. Ma che poi ti fa tornare sui tuoi passi altre cento volte per inciampare di nuovo.
La vita di Vinpeel (e non solo) viene sconvolta da una rivelazione. Ad un certo punto, il ragazzino riesce a capire il motivo per cui tutte le persone che conosce, compreso se stesso, si trovino lì. Ma non sarà certo l’amarezza a fermarlo, lui e i suoi amici possono e devono partire. E così progettano un nuovo piano, questa volta con l’aiuto di Krisheb, ribattezzato come matto, ma che in realtà sembra essere il vero saggio della storia.
Riusciranno a partire?
Vinpeel degli orizzonti è…
Un dono di serenità. Non sono entrata nel dettaglio della trama, che assomiglia a una favola, perché non voglio togliere il gusto della scoperta ai lettori. Non vi dirò che ne sarà del rapporto tra Vinpeel e Ned, non vi svelerò il futuro di Mune, di Doan o del gestore della Locanba.
Vi voglio parlare del passo leggero di Vinpeel, di come è entrato nel mio cuore, di come è riuscito a mostrarmi che la ricerca della felicità non è un’attività passiva, ma un vero e proprio impegno. Anche per sognare ci vuole dedizione, coraggio e incoscienza. Ad insegnarcelo sono Vinpeel e Doan che provano a dare un nome a quell’occasione di felicità persa e non si arrendono. Non importa quante nuvole dovranno guardare ancora prima di trovare quella giusta.
Voglio parlarvi dell’importanza di ascoltare la propria storia, tutti ne abbiamo una e tutti abbiamo delle parti così dolorose che abbiamo provato a metterle a tacere. Sì ma a che prezzo?
Si può andare avanti dimenticando ciò che siamo? La speranza di ricominciare, si può trovare solo affrontando ciò che abbiamo voluto soffocare. Senza la speranza non si può cercare la felicità.
Millanta è un cantastorie, gli invidio gli occhi da bambino con cui guarda e ci mostra il mondo. Mi è piaciuta la semplicità con cui ha snocciolato le emozioni, la delicatezza usata nel mostrarci che a Dinterbild ci siamo stati tutti e lo ringrazio per avermi mostrato la via del ritorno.
2 COMMENTI
Carlo
5 anni faNon mi è piaciuto, l’ho presto abbandonato. La sensazione costantemente provata è di un qualcosa scritto giusto per stupire e per far pensare al lettore <> E poi il nome dell’autore mi sembra già programmatico: millant-are.
Carlo
5 anni faÈ saltato il contenuto tra virgolette…