In realtà questo articolo potrebbe tranquillamente chiamarsi “Il capitolo finale di Proust controcorrente”. Sì, siamo arrivate alla fine dopo un anno intero, forse di più. Sono mesi in cui ho letto poco, chi potrebbe mai competere con l’autore che ha cambiato la tua vita? Chi potrebbe competere con l’autore che per quindici anni hai cercato in ogni libro, in ogni classico, in ogni momento difficile? Non si può, nessuno potrebbe. Vi lascio le parole che ho scritto di getto appena terminata la lettura.
“Provavo un senso di stanchezza e di spavento a sentire che tutto quel tempo cosi lungo non solo era stato, senza una sola interruzione, vissuto, pensato, secreto da me, non solo era la mia vita, non solo era me stesso, ma anche che dovevo tenerlo ogni minuto attaccato a me, che mi faceva da sostegno, a me che, appollaiato sulla sua sommità vertiginosa, non potevo muovermi senza spostarlo come potevo invece fare con lui.”
E così, di nuovo, sono arrivata all’ultima parola de La Recherche: Tempo. E anche questa volta le lacrime sono uscite senza che potessi controllarle. Chissà se in questo anno, un anno intero, sono riuscita a spiegare che cos’è La Recherche per me. Spero tanto di sì. In attesa dell’ultimo incontro con le ragazze di Proust Controcorrente, faccio spazio al vuoto che ha creato la chiusura del libro.
La foto è la risposta perfetta per quando ti chiedono: “Perché leggi?”, perché questa, è la vita vera.
Io ho letto la traduzione di Nessi Somaini (Bur) e questa di Raboni nei Meridiani Mondadori (ACQUISTA QUI il libro).
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